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Numenio interprete del Timeo . Note sull’ esegesi del verbo βλέπω (frr. 11, 12, 18 des Places)

Numenius interpreter of the Timaeus . Notes on the exegesis of the verb βλέπω (frr. 11, 12, 18 des Places)

Riassunto:

Numenio appartiene all’ambito degli interpreti medioplatonici dei dialoghi di Platone. Nel Medioplatonismo, infatti, si diffuse la tendenza a interpretare la filosofia di Platone come in chiave sistematica. Il dialogo più rilevante per questa operazione esegetica nel Medioplatonismo fu certamente il Timeo. In questo contributo intendo concentrarmi sull’interpretazione delle pagine 28a-29a del Timeo da parte di Numenio di Apamea ed esaminarne l’esegesi alla luce della sua prospettiva onto-teologica. Nel Timeo, l’utilizzo del verbo βλέπω ha la funzione di descrivere il fatto che il demiurgo è contemplativo nei confronti del paradigma intelligibile. In Numenio, invece, l’associazione del verbo βλέπω al demiurgo è volta a mostrare il ruolo di mediatore che il secondo dio svolge tra il primo principio e la materia. In questo modo si mostrerà come i passi del Timeo vengano interpretati da Numenio alla luce della sua metafisica dualista.

Parole chiave:
Numenio; Platone; Timeo; Demiurgo

Abstract:

Numenius belongs to the contest of the Middle Platonic interpreters of Plato's dialogues. In Middle Platonism, in fact, spread a tendency to interpret Plato's philosophy in a systematic way. The most relevant dialogue for this exegetical operation in Middle Platonism was certainly the Timaeus. In this paper I intend to focus on Numenius' interpretation of pages 28a-29a of Timaeus and examine the exegesis in the light of his onto-theological perspective. In the Timaeus, the use of the verb βλέπω serves to describe the fact that the demiurge is contemplative of the intelligible paradigm. In Numenius, on the other hand, the association of the verb βλέπω with the demiurge is intended to show the role of mediator that the second god plays between the first principle and matter. In this way we will show how the passages of the Timaeus are interpreted by Numenius in the light of his dualist metaphysics.

Keywords:
Numenius; Plato; Timaeus; Demiurge

1.

Il ruolo1 1 Il presente contributo rappresenta una rielaborazione in forma ampliata della relazione tenuta al convengo “L’occhio e il riflesso” svoltosi presso l’Università degli Studi di Salerno nel maggio 2019. che il Timeo ha avuto quale dialogo centrale dell’intera tradizione medioplatonica è ormai un elemento consolidato tra gli studiosi, i quali non hanno mancato di sottolineare come l’intero filone interpretativo del cosiddetto platonismo dogmatico di età imperiale prenda le mosse in larga misura proprio dall’esegesi del grande dialogo cosmologico di Platone.2 2 Sul ruolo centrale del Timeo nella storia del platonismo cfr. Baltes (1976); sulle strategie esegetiche Ferrari (2012, 93-99) e Petrucci (2015). Per un esame complessivo del fenomeno dell’esegesi nel Medioplatonismo rimando a Donini (1994). Ciò è legato soprattutto a due ordini di ragioni. In primo luogo, un motivo fondamentale riguarda certamente lo stile del Timeo, il quale non presenta la forma tipica dei dialoghi di Platone, ma appare piuttosto come un monologo incentrato sul celebre ἔικος μύθος, restituendo difatti uno scritto di carattere più sistematico e quindi più facile da assumere come oggetto di esegesi. In secondo luogo, fondamentale risulta la varietà di temi che nel dialogo vengono affrontati, che riguardano la metafisica e la formazione del cosmo, ma affrontano anche aspetti più propriamente legati all’ambito fisiologico, biologico finanche provvidenzialistico, tant’è che il Timeo fu considerato dagli antichi commentatori medioplatonici alla stregua di una “enciclopedia generale del sapere” (Ferrari 2012FERRARI, F. (2012). L’esegesi medioplatonica del Timeo: metodi, finalità, risultati, in: CELIA, F.; ULACCO, A. Il Timeo. Esegesi greche, arabe e latine. Pisa, Pisa University Press , p. 81-132., 97).

Per quel che riguarda la questione di maggior interesse di questo contributo, vale a dire la ricezione e l’interpretazione di un aspetto specifico del Timeo, vale a dire la metafora visiva, occorre altresì accennare al fatto che l’esegesi di questo dialogo platonico ha dato vita, già tra gli antichi, a delle vere e proprie correnti interpretative. Tra i problemi più complessi che gli esegeti antichi hanno affrontato sin dai tempi dell’antica Accademia, sono almeno due i problemi filosofici fondamentali. Il primo di questi riguarda, per l’appunto, l’interpretazione delle dinamiche cosmogoniche.3 3 Già nell’antica Accademia la discussione intorno all’esegesi del Timeo aveva suscitato un acceso dibattito tra gli allievi di Platone. Secondo Cael. I 10, 279b 32-280a 3, Platone avrebbe concepito la nascita dell’universo come un evento effettivamente accaduto nel tempo, mentre per gli altri allievi di Platone, in particolare Senocrate, la cosmogenesi del Timeo era la descrizione di un evento che andava interpretato in senso metaforico e che serviva a scopi didattici (διδασχαλίας χάριν). A tal proposito cfr. Centrone (2012); Bonazzi (2017, 4-8). Gli studi recenti hanno efficacemente mostrato come la cosmogonia descritta nel Timeo sia stata interpretata in due maniere diverse non soltanto dagli esegeti moderni, ma già a partire nell’antichità: da un lato gli esegeti letteralisti, i quali considerano la genesi del cosmo effettivamente come un evento in tempore; dall’altro chi, invece, sostiene che Platone abbia ideato la descrizione della cosmogonia per fini didattici, unicamente per sottolineare la dipendenza ontologica del cosmo da una causa intelligibile.4 4 Per una panoramica delle varie correnti interpretative del Timeo nel Medioplatonismo fondamentale è il contributo di Ferrari (2012, 104-123) a cui rimando anche per la corposa bibliografia.

Il secondo problema interpretativo che ha suscitato maggior interesse tra i commentatori antichi (ma anche moderni) riguarda l’identificazione del misterioso demiurgo.5 5 Ancora oggi, tra gli studiosi, la questione del ruolo del demiurgo in Platone è oggetto di dibattito. Per quanto riguarda alcuni fondamentali i riferimenti bibliografici tra ‘temporalisti’ ed ‘eternalisti’ rimando a Petrucci (2021, 89 nota n.2). È proprio su questo secondo aspetto che si nota maggiormente la portata innovativa del pensiero di Numenio di Apamea, il quale propone un’interpretazione della figura del divino artefice in parziale controtendenza con quella di altri esponenti della tradizione medioplatonica. Alcuni esegeti antichi, come ad esempio Attico e Plutarco, hanno infatti identificano il demiurgo direttamente con l’idea del bene della Repubblica.6 6 Un’esaustiva presentazione della questione con relativo commento si trova in Ferrari (2017, 67-78). Nel contesto della sua gerarchia onto-teologica, sebbene qualifichi il primo principio come il bene in sé (αὐτοάγαθον),7 7 Sull’identificazione del primo dio con l’idea del bene si vedano in particolare i frr. 16 e 20 dell’edizione des Places (1973). Tutti i frammenti di Numenio menzionati nel presente contributo fanno riferimento all’edizione des Places. Numenio tuttavia intende il demiurgo non come identico al primo principio, bensì come un livello metafisico autonomo, che egli chiama anche ‘secondo dio’ per distinguerlo proprio dal primo, che è intermedio tra il bene e il cosmo, che egli chiama anche ‘terzo dio’.8 8 Cfr. infra, nota n. 12.

L’importante significato di questo orientamento interpretativo non può tuttavia essere adeguatamente compreso se non si accenna quantomeno al fatto Numenio appartiene alla corrente dualista del cosiddetto Neopitagorismo di età imperiale. Vale la pena ricordare che, secondo una testimonianza di Alessandro Poliistore riportata anche presso Diogene Laerzio, uno degli aspetti caratteristici del pitagorismo di età imperiale consiste nella concezione di un primo principio come monade originaria, dalla quale scaturisce la diade e tutto il reale attraverso il dispiegamento di realtà intermedie.9 9 Cfr. Aless. Pol. apud. D.L. VIII, 24-33.

Contrariamente a questa concezione monista ‘standard’ riportata da Alessandro, Numenio è invece portavoce di un orientamento di matrice dualista all’interno del Neopitagorismo.10 10 Si veda, a tal proposito, il commento di Dillon (2010), 385-388. Per Numenio esistono infatti due principi originari che egli chiama, rispettivamente, monade (singularitas o anche deus digestor) e materia (silva o diade), che interagiscono dando origine al cosmo. La monade è il principio ‘positivo’, mentre la materia coincide con una realtà caotica, disordinata e malvagia, la quale riceve determinazione ontologica proprio in seguito all’intervento del dio che le dà ordine e forma.11 11 Cfr. fr. 52, passim. Sulla materia in Numenio cfr. Vimercati (2012) e Jourdan (2014). Alla luce di tale relazione, per Numenio il reale viene concepito secondo una gerarchia onto-teologica, per cui al primo dio e al demiurgo si affianca un terzo livello di realtà che consiste, sostanzialmente, nel risultato dell’interazione tra la materia e la monade e che egli chiama indifferentemente cosmo o prodotto demiurgico (ποίημα).12 12 Cfr. fr. 22. Il frammento 22 corrisponde a una testimonianza di Proclo nel Commento al Timeo. Secondo il commentatore neoplatonico, Numenio avrebbe distinto tre dei in maniera sistematica, parlando di padre, produttore e prodotto, che egli chiama, appunto, anche cosmo. La testimonianza di Proclo risulta problematica proprio perché parzialmente incompatibile con quella di Eusebio di Cesarea, che riporta i passaggi dell’opera di Numenio Sul Bene. Nel caso di Eusebio, la distinzione tra secondo e terzo dio appare meno sistematica e decisamente più problematica. Per questo motivo, alcuni studiosi hanno ritenuto la testimonianza di Proclo non del tutto affidabile. Cfr. a tal proposito Tarrant (2004, 177 sgg.); Opsomer (2005, 72); Michalewski (2021, 139 nota n. 31).

Il demiurgo per Numenio è quindi a tutti gli effetti una realtà intermedia che, dal punto di vista ontologico, presenta una natura intellettiva di matrice contemplativa nei confronti del primo principio; questo ultimo viene pertanto definito ‘intelletto primo’ (fr. 17, 3: πρῶτος νοῦς), mentre il terzo dio ‘pensiero discorsivo’ (fr. 22, 4: τὸ διανοούμενον). La natura del demiurgo, quindi, gli impone di essere una realtà mediatrice tra il primo dio (che non partecipa in alcun modo all’attività cosmogonica)13 13 Si veda, a tal proposito, il fr. 12, 13 in cui Numenio sostiene che il primo dio è un re ozioso (ἄργος βασιλέυς). e il cosmo, agendo come causa paradigmatica e intelletto contemplativo (θεωρητικός). Per questo motivo, la gerarchia teologica di Numenio è anche una gerarchia di intelletti.14 14 Si vedano, a tal proposito, le fondamentali riflessioni di Frede (1987, 1054-1055).

Sulla base di queste premesse e a partire dalla descrizione della struttura della Dreigötterlehre di Numenio, il presente contributo intende soffermarsi sull’esegesi numeniana di alcuni passi specifici del Timeo al fine di evidenziare in che modo il filosofo di Apamea abbia utilizzato il testo platonico strategicamente per delineare la sua interpretazione dell’attività del demiurgo. In particolar modo, intendo soffermarmi sull’immagine visiva, al fine di mettere in luce l’utilizzo che Numenio fa del verbo βλέπω che descrive l’attività contemplativa da parte del secondo dio. Come si cercherà di dimostrare, mente per Platone il demiurgo è rivolto unicamente al modello intelligibile per descrivere la sua attività contemplativa e la dipendenza della sua azione demiurgica da un modello, in Numenio questo schema varia in funzione della sua concezione gerarchico-teologica del reale, descrivendo l’attività del demiurgo come quella di un artigiano orientato tanto verso la realtà intelligibile, tanto ‘verso il basso’, cioè verso la materia.

2.

Prima di affrontare il pensiero di Numenio più nello specifico, occorre dunque prendere le mosse dal testo del Timeo. Nelle pagine 28a-29a, che sono quelle che prenderemo in esame, la narrazione dialogica si sofferma sulla differenza ontologica tra la realtà eidetica e il mondo fenomenico, ribadendo quello che è uno dei concetti chiave del pensiero di Platone, vale a dire la distinzione ‘asimmetrica’ tra l’intelligibile e il sensibile.15 15 Sull’asimmetria tra il mondo intelligibile e il mondo sensibile rimando a Ferrari (2007). Nel contesto specifico del Timeo, tale distinzione viene espressa in maniera più articolata, in quanto Platone ricorre a diverse figure per giustificare la relazione tra le due dimensioni del reale nell’ambito del racconto verisimile.16 16 Sul numero e la funzione delle figure presenti nel Timeo per descrivere la relazione tra mondo sensibile e mondo intelligibile si veda il fondamentale contributo di Fronterotta (2014, 47-66). Tra queste figure, il demiurgo viene rappresentato come la causa efficiente che attua la generazione del cosmo a partire dal ricorso alla contemplazione di un modello, cioè il vivente perfetto (παντελὲς ζῷον),17 17 Sul concetto di vita riferito al vivente intelligibile del Timeo, il quale possiede la vita pur non avendo anima e intelletto, Fronterotta propone un confronto con il παντελῶς ὄν del Sofista. Cfr. Fronterotta (2020). componendo il corpo dell’universo e l’anima del mondo. L’immagine dell’artigiano che compone un manufatto (in questo caso il cosmo) rappresenta il ricorso a un’analogia standard per descrivere la determinazione di un prodotto a partire da un modello originario.

Nel passo seguente viene introdotta per la prima volta l’immagine visiva. Con essa, Platone intende descrivere l’attività contemplativa da parte del demiurgo nei confronti del modello intelligibile:

Quando dunque il demiurgo tiene lo sguardo sempre fisso su ciò che è sempre identico a se stesso (πρὸς τὸ κατὰ ταὐτὰ), servendosi di esso come un modello, e ne riproduce la forma e la proprietà nell’oggetto che produce, tutto ciò che produce in questo mondo è bello per necessità (Tim. 28a 6-b 1).18 18 Tutte le traduzioni italiane dei testi del Timeo riportate in questo saggio sono a cura di Fronterotta (2011).

ὅτου μὲν οὖν ἂν ὁ δημιουργὸς πρὸς τὸ κατὰ ταὐτὰ ἒχον βλέπων ἀεί, τοιούτῳ τινὶ προσχρώμενος παραδείγματι, τὴν ιδέαν καὶ δύναμιν αὐτοῦ ἀπεργάζηται, καλὸν ἐξ ἀνάγκης οὔτως ἀποτελεῖσθαι πᾶν·

Il passo appartiene a una delle sezioni più celebri del Timeo, in cui viene introdotto il processo cosmogonico, reso possibile dalla contemplazione del paradigma intelligibile da parte del demiurgo. Platone spiega a più riprese come il modello intelligibile, verso il quale il demiurgo è orientato, abbia la funzione dell’oggetto paradigmatico a cui l’artigiano si rivolge nel momento in cui deve comporre la sua opera. Il modello, nell’ambito della generazione del cosmo nel quale il divino artefice opera, assume la connotazione di una realtà perfetta, descritta dall’espressione “ciò che è identico a se stesso”, proprio per esaltarne la perfezione ontologica. Per questo motivo, ciò verso cui il demiurgo si rivolge, vale a dire la realtà eidetica, è ciò che in precedenza era stato definito come “ciò che sempre è, senza avere generazione” (Tim. 27d 6: τὸ ὂν ἀεί, γένεσιν δὲ οὐκ ἔχον),19 19 Il testo in questione precede di poche righe il celebre passo 28c 3-5 in cui viene enunciata da Timeo la difficoltà nel trovare l’artefice e il padre dell’universo. Questo passo avrà un ruolo decisivo nell’economia dell’intera tradizione medioplatonica, in quanto funge da punto di partenza per determinare delle vere e proprie interpretazioni originali del Timeo sulla base della celebre ‘inversione’ dei termini ποιητής e πατήρ. Cfr. Ferrari (2006, 49-52). mentre il mondo fenomenico è “ciò che sempre diviene senza mai essere” (Tim. 27d6-28e 1: τὸ γιγνόμενον μὲν ἀεί, ὂν δὲ οὐδέποτε).20 20 Secondo Francesco Fronterotta, l’introduzione della figura del demiurgo a questo punto della narrazione di Timeo è funzionale a mettere in evidenza il divario ontologico che ovviamente sussiste tra il paradigma e il prodotto, ossia tra il mondo intelligibile e il cosmo generato. Cfr. Fronterotta (2011, 179, nota n. 75); cfr. inoltre Cornford (1997, 24 sgg.).

Ciò che è tuttavia importante sottolineare ai fini del presente studio è l’utilizzo strategico da parte di Platone del verbo βλέπω per indicare l’orientamento del demiurgo verso il paradigma in senso contemplativo.21 21 Questa questione viene affrontata efficacemente da Federico Petrucci in un recente studio sui verba videndi in Platone. Lo studioso ha svolto un lavoro di ricerca sulle ricorrenze del verbo βλέπω nei dialoghi, affermando come quello del ‘vedere intenzionale’ possa essere definito il modo canonico dell’utilizzo di tale verbo da parte di Platone. Cfr. Petrucci (2021, 95 sgg.). Alla luce di ciò, l’utilizzo di βλέπω nel contesto filosofico del Timeo risulta centrale nel determinare la relazione del divino artefice con il suo paradigma. L’atto di porre lo sguardo da parte del demiurgo assume in questo caso un significato strategico nell’ottica della narrazione, funzionale a mettere in evidenza i punti chiave della metafora artigianale. Come un artigiano ha bisogno di rivolgersi a un modello preesistente per dare forma alla sua opera, allo stesso modo il divino artefice deve volgere lo sguardo alla più perfetta delle realtà per dare forma e determinazione al mondo sensibile. Da questa azione demiurgica risulta che il mondo generato è bello, in quanto perfetto è il suo modello e divino il suo artefice. Platone, quindi, intende valorizzare il prodotto dell’azione demiurgica sulla base della contemplazione del paradigma da parte del divino artefice, contemplazione possibile nella misura in cui il demiurgo volge lo sguardo ‘verso l’alto’.

La questione della contemplazione del paradigma viene ripresa poco più avanti, nel passo 29a 2-4, in cui Platone aggiunge ulteriori elementi alla descrizione del rapporto tra l’artigiano e il paradigma:

Se questo mondo è davvero bello, e se il demiurgo è buono, si rivela evidente che egli ha fissato il suo sguardo su ciò che è eterno; nel caso contrario, e non sarebbe neanche lecito dirlo, su ciò che è generato (Tim. 29a 2-4).

ἐι μὲν δὴ καλός ἐστιν ὅδε ὁ κόσμος ὅ τε δημιουργὸς ἀγαθός, δῆλον ὡς πρὸς τὸ ἀίδιον ἔβλεπεν· εἰ δὲ ὃ μηδ᾽εἰπεῖν τινι θέμις, πρὸς γεγονός.

In questo passo viene ribadita la necessità che il demiurgo sia ‘visivamente’ orientato verso il migliore dei modelli per costituire la sua opera. L’argomentazione procede come segue. Timeo continua il suo racconto chiedendosi quale possa essere il modello verso cui il divino artefice rivolge la sua attenzione, quello intelligibile o quello sensibile, ma è evidente che la risposta non può che essere quella per cui il demiurgo si rivolge al modello intelligibile per esercitare la demiurgia. Infatti, nell’ottica platonica, la bontà del demiurgo e la bellezza del cosmo scaturiscono necessariamente dal fatto che il divino artigiano ha rivolto lo sguardo verso la più perfetta delle realtà. Infatti, nel caso paradossale in cui il demiurgo prendesse come modello la realtà generata (e quindi ontologicamente imperfetta), non rivolgendosi quindi alla migliore delle realtà metafisiche, anche la sua natura divina ne verrebbe inficiata.22 22 La bontà del demiurgo può essere intesa come un presupposto dell’intera tesi di Platone sulla cosmogonia. Se infatti il demiurgo non fosse buono verrebbe meno la coerenza stessa del ragionamento platonico, per cui la generazione del mondo sarebbe affidata a una divinità imperfetta che non potrebbe che generare a sua volta una realtà imperfetta.

Secondo Federico Petrucci questo passo, almeno dal punto di vista della sua interpretazione letteraria, nasconderebbe una potenziale insidia. Il fatto che Platone ponga la possibilità che il demiurgo possa non volgersi al modello perfetto, ma a quello sensibile, sembra prestare il fianco all’obiezione secondo cui il volgersi del demiurgo al paradigma possa sembrare quasi una scelta, una possibilità e non una necessità. Lo studioso, tuttavia, ribadisce come il porre lo sguardo sul miglior paradigma possibile sia un elemento di necessità, per l’artigiano divino, per compiere la sua opera.23 23 Cfr. Petrucci (2021, 115-116). Pur condividendo questa tesi, credo si possa tuttavia aggiungere l’ipotesi che Platone stia qui argomentato secondo una sorta di reductio ad absurdum. Nell’ambito del discorso di Timeo il fatto che il demiurgo, in quanto divino, possa volgersi a un paradigma imperfetto suona come una possibilità che però difatti non è tale, come un’eventualità che però possiede in se stessa una sua risposta: il demiurgo, per sua intrinseca natura, non può che volgersi necessariamente al modello intelligibile.

Sulla base del ragionamento di Platone, è dunque evidente come il mondo fenomenico, in quanto opera del demiurgo, risulterà necessariamente bello in quanto è stato generato sulla base del modello perfetto. Per questo motivo, il cosmo sensibile viene a determinarsi ontologicamente come una mera immagine del paradigma intelligibile. Pertanto, sebbene la natura del mondo sensibile consista in quella di una realtà generata, quindi ontologicamente non perfetta in una prospettiva platonica, essa realizza tuttavia pienamente la propria natura ontologica. Il cosmo, in quanto realtà derivata, conserva le tracce - per così dire - del modello, realizzando la propria natura secondo una minore perfezione ontologica. Per questo motivo, il cosmo non può essere in alcun modo il modello del demiurgo, in quanto la sua natura non è la migliore in senso ontologico.

Alla luce di quanto detto, appare evidente che nell’ottica platonica la contemplazione della realtà intelligibile da parte del demiurgo rappresenti la conditio sine qua non dell’intera cosmogonia del Timeo. Presupposto fondamentale dell’intera metafora artigianale è l’utilizzo di un lessico legato al mondo della visione per descrivere la contemplazione del paradigma. Mediante l’acquisizione dei canoni del modello supremo, il divino artigiano risulta essere buono e, allo stesso tempo, artefice del cosmo.

Questo lessico della visione per descrivere la contemplazione demiurgica viene ripreso in epoca imperiale dal neopitagorico Numenio di Apamea il quale, nello strutturare la sua gerarchia onto-teologica, mantiene sullo sfondo il testo del Timeo e, pertanto, si serve proprio l’immagine della contemplazione visiva per descrivere l’attività del demiurgo. Come vedremo, la lettura di Numenio si distacca da quella platonica, inserendo la questione all’interno di un sistema metafisico di matrice gerarchica che presuppone un dualismo dei principi.

3.

Come abbiamo anticipato all’inizio del presente contributo, Numenio prende le mosse principalmente dall’esegesi del Timeo e della Repubblica al fine strutturare la sua gerarchia onto-teologica.24 24 Sul ruolo del Timeo e della Repubblica nella definizione della teologia di Numenio cfr. Baltes (1975). Si veda anche Dörrie-Baltes (1998, 263). L’esegesi dei due dialoghi (unitamente anche alla seconda epistola platonica, 312e 1-4) permette quindi a Numenio di distinguere tra un primo dio (il bene) e un secondo (il demiurgo). Proprio sulla base di questa fondamentale distinzione viene a determinarsi una differenza ontologica decisiva tra il demiurgo e il primo principio. Quest’ultimo, pur non avendo ancora i caratteri dell’iper-trascendenza propri dell’Uno neoplatonico, viene descritto da Numenio come l’intelligibile (νοητόν), incorporeo (ἀσώματον) e come essere in sé;25 25 Numenio, quindi, resta ancora ancorato a una concezione tipicamente medioplatonica, per cui il primo principio corrisponde al grado più alto di essere. Per un confronto tra il primo dio di Numenio e l’Uno di Plotino si veda il fondamentale contributo di Michalewski (2012). la sua natura è quindi quella di un’entità intelligibile che tuttavia non prende parte al processo demiurgico in virtù della sua natura semplice e immutabile.

Appare dunque evidente che, proprio sulla base del dualismo dei principi e della assoluta inattività del primo dio, una figura di mediazione nel sistema di Numenio appaia come un elemento imprescindibile. Per questo motivo il demiurgo diventa fondamentale nel sistema numeniano, il quale lo interpreta come un’entità metafisica autonoma tra il primo dio e il cosmo. A questo proposito è opportuno analizzare nello specifico i frammenti in cui Numenio recupera alcuni aspetti dell’attività demiurgica e interpreta la metafora dello sguardo attraverso l’utilizzo del verbo βλέπω alla luce della sua prospettiva onto-teologica. Il primo frammento di cui vorrei occuparmi è l’undicesimo, corrispondente a una testimonianza di Eusebio che riporta i passi dell’opera Sul Bene:

[…] Il Primo dio, che dimora in se stesso, è semplice, perché, interamente rivolto su di sé, non è affatto divisibile; il Secondo dio e il Terzo sono uno solo; quando però si trova associato alla materia, che è diade, egli la unifica, ma viene scisso da quella, che ha un carattere concupiscibile ed è fluida. Ora, non essendo rivolto all’intelligibile (perché sarebbe stato rivolto su di sé), dato che guarda la materia, preoccupandosi di essa si dimentica di se stesso. Entra in contatto con il sensibile, se ne prende cura e lo eleva anche al proprio carattere, poiché il suo desiderio si è rivolto alla materia (fr. 11, 12-21).26 26 Trad. it. Vimercati (2015, 1381).

Ὁ θεὸς ὁ μὲν πρῶτος ἐν ἑαυτοῦ ὤν ἐστιν ἁπλοῦς, διὰ τὸ ἑαυτῷ συγγιγνόμενος διόλου μή ποτε εἶναι διαιρετός· ὁ θεὸς μέντοι ὁ δεύτερος καὶ τρίτος ἐστὶν εἷς· συμφερόμενος δὲ τῇ ὕλῃ δυάδι οὔσῃ ἑνοῖ μὲν αὐτήν, σχίζεται δὲ ὑπ’ αὐτῆς, ἐπιθυμητικὸν ἦθος ἐχούσης καὶ ῥεύσης. Τῷ οὖν μὴ εἶναι πρὸς τῷ νοητῷ (ἦν γὰρ ἂν πρὸς ἑαυτῷ) διὰ τὸ τὴν ὕλην βλέπειν, ταύτης ἐπιμελούμενος ἀπερίοπτος ἑαυτοῦ γίγνεται. Καὶ ἅπτεται τοῦ αἰσθητοῦ καὶ περιέπει ἀνάγει τε ἔτι εἰς τὸ ἴδιον ἦθος ἐπορεξάμενος τῆς ὕλης.

Questo frammento si rivela decisivo per comprendere la prospettiva teologica di Numenio e il ruolo del demiurgo nel suo sistema metafisico. In primis, viene ribadita la natura del primo dio che, in virtù della sua semplicità ontologica, non partecipa al processo cosmogonico. In seguito, viene espresso un ulteriore concetto fondamentale nell’ottica di Numenio, vale a dire l’unità del secondo e del terzo livello divino. Su questo punto i critici sono divisi, poiché questa unità sembra venire in qualche modo ‘indebolita’ da una testimonianza di Proclo nel Commento al Timeo, il quale distingue in maniera netta tra un secondo e un terzo dio, descrivendoli de facto come due livelli distinti di realtà.27 27 Cfr Frr. 21; 22 DP. Sulla distinzione tra secondo e terzo dio rimando alle fondamentali riflessioni di Opsomer (2005, 69 sgg.). Il punto chiave del ragionamento di Numenio risiede nel fatto che il demiurgo, nella misura in cui entra in contatto con la materia, assume una caratterizzazione duplice: un dio contemplativo, il demiurgo tout court, e un dio cosmico - per così dire - che corrisponde cioè al mondo sensibile nella misura in cui è dotato di ordine e determinazione ontologica.28 28 Cfr. Opsomer (2005, 65).

Numenio precisa, inoltre, che il demiurgo non è rivolto verso se stesso, cioè verso l’intelligibile. Questa affermazione può incontrare facilmente l’obiezione secondo cui la dimensione intelligibile appartiene unicamente al primo dio. Non è questa la sede per discutere in maniera adeguata del problema ontologico della gerarchia numeniana; tuttavia, credo si possa sinteticamente affermare che il primo dio di Numenio rappresenta il primo principio, che è ciò che rappresenta il fondamento stesso della totalità dell’intelligibile, mentre il secondo dio, dal punto di vista ontologico, corrisponde alle idee intese come insieme le singole essenze.29 29 A tal proposito, va ricordato che Numenio, secondo Proclo, definisce il primo dio anche come ciò che è vivente (fr. 22 DP: ὅ ἐστι ζῷον), identificandolo con il παντελὲς ζῷον del Timeo. L’identificazione del bene con il vivente intelligibile e la natura intelligibile ‘secondaria’ del demiurgo, permettono di stabilire una sorta di gerarchia tra gli intelligibili. Cfr. a tal proposito il fr. 46b DP. Ciò sembra andare anche nella direzione della distinzione tra ‘demiurgo dell’essenza’ (il primo dio), che ha la funzione analoga al bene della Repubblica, e il demiurgo della generazione (il secondo dio), che è appunto il paradigma intelligibile del cosmo.

A mio avviso, è proprio questo duplice orientamento del demiurgo che rappresenta lo snodo decisivo del capovolgimento di prospettiva rispetto al Timeo. Nel dialogo platonico il demiurgo è rivolto verso l’intelligibile quale paradigma del mondo sensibile, mentre nel caso di Numenio il demiurgo si rivolge anche alla materia, in quanto la sua funzione è quella di dio mediatore. Questo orientamento del secondo dio ci permette di comprendere come il dualismo di Numenio assuma un carattere decisivo nella determinazione della sua gerarchia onto-teologica e nella sua concezione del demiurgo. Quest’ultimo funge da realtà intermedia che da un lato contempla il bene, dall’altro rivolge la sua attenzione, entra in contatto e viene diviso (σχίζεται) dalla materia.

Nell’ottica di Numenio la materia assume quindi un ruolo strategico, poiché agisce attivamente sulla natura del demiurgo dando vita, così, al cosmo. È dunque evidente il cambio di prospettiva rispetto a Platone, poiché in Numenio il demiurgo non è unicamente il tramite causale tra il paradigma intelligibile e il cosmo, ma assume un vero e proprio ruolo di entità intermedia tra principi opposti ed entrambi influenzano l’azione del secondo dio. Ciò che è importante sottolineare nell’ambito del presente studio è il fatto che Numenio riprende il verbo βλέπω in maniera strategica, per riferirsi sia all’attività contemplativa del demiurgo, sia per descrivere il fatto che esso si rivolge alla materia (διὰ τὸ τὴν ὕλην βλέπειν). Questo aspetto risulta fondamentale, in quanto Numenio si trova a dovere giustificare il ruolo di mediatore del demiurgo in un’ottica dualista.

Un altro testo decisivo per comprendere il duplice utilizzo dell’immagine visiva da parte di Numenio è costituito dal fr. 12, in cui Numenio descrive il processo secondo cui il demiurgo dà vita ai corpi:

[…] Quando dunque il secondo dio ci guarda e si rivolge a ciascuno di noi, avviene che i corpi acquistano la vita e si animano ricevendo le radiazioni di dio; ma, quando dio torna a rivolgersi alla propria postazione di vedetta, essi si spengono, mentre l’intelletto vive godendo di un’esistenza felice (fr. 12, 16-22).30 30 Trad. it. Vimercati (2015, 1383). Corsivo mio.

βλέποντος μὲν οὖν καὶ ἐπεστραμμένου πρὸς ἡμῶν ἕκαστον τοῦ θεοῦ συμβαίνει ζῆν τε καὶ βιώσκεσθαι τότε τὰ σώματα κηδεύοντα τοῦ θεοῦ τοῖς ἀκροποβολισμοῖς· μεταστρέφοντος δὲ εἰς τὴν ἑαυτοῦ περιωπὴν τοῦ θεοῦ ταῦτα μὲν ἀποσβέννυστθαι, τὸν δὲ νοῦν ζῆν βίου ἐπαυρόμενον εὐδαίμονος.

Numenio descrive efficacemente la natura del dio demiurgo, diversificandola da quella del bene. Il primo dio, infatti, era stato descritto, nelle linee precedenti del fr. 12, come totalmente semplice e, pertanto, avulso da ogni processo di tipo causativo. Viene dunque ribadita la necessità di porre l’esistenza di un dio intermedio tra il bene e la dimensione materiale. Qui Numenio non parla esplicitamente di materia, ma di corpi (τὰ σώματα), al fine di mostrare come l’azione demiurgica sia anche animatrice. I corpi, si legge, vengono vivificati dall’azione demiurgica che, in base a quanto abbiamo si è precedentemente detto, fornisce ordine e determinazione ontologica alla caotica materialità.

Anche l’azione demiurgica verso i corpi viene descritta attraverso un lessico della visione. Il secondo dio esercita la demiurgia mediante l’osservazione, ponendo cioè l’attenzione sull’oggetto della sua azione. È a mio avviso chiaro che qui Numenio riformuli il tema della visione, descrivendola non più come una mera contemplazione del modello intelligibile come in Platone, ma presentandola come un vero e proprio orientamento intenzionale del demiurgo verso le realtà corporee. L’azione osservativa del demiurgo numeniano non è da intendersi unicamente come contemplazione di ciò che si trova in alto, bensì una vera e propria azione duplice: guardare nella direzione della materia significa agire direttamente su di essa. La differenza sostanziale rispetto al Timeo è costituita dal fatto che, mentre Platone utilizza il verbo βλέπω per riferirsi alla contemplazione del paradigma da parte del divino artefice, Numenio usa l’immagine dello sguardo per descrivere il duplice orientamento del demiurgo nei confronti dei principi, attraverso un’attività contemplativa da un lato e poietica dall’altro.

L’ultimo testo che intendo prendere in considerazione per sottolineare gli aspetti peculiari dell’esegesi numeniana dell’immagine visiva è il fr. 18. Anche questo passo è preso direttamente dall’opera Sul bene, riportata da Eusebio, e pone l’accento sull’attività propria del demiurgo, vale a dire su come il secondo dio agisce sulla materia contemplando, allo stesso tempo, il dio superiore. Nel fr. 18 il demiurgo viene paragonato a un navigatore nel mare in tempesta:

Un pilota che naviga in mare aperto, seduto sul timone, dirige la nave dal suo posto di comando, ma i suoi occhi e la sua mente sono tesi dritti verso l’etere, alla volta celeste, e la sua rotta gli proviene dall’alto attraverso il cielo, quando naviga quaggiù sul mare; così anche il demiurgo, che tiene stretta la materia con l’armonia, per evitare che si spezzino gli ormeggi e che vada alla deriva, resta seduto su di essa come su una nave sul mare; ne dirige l’armonia, governandola per mezzo delle Idee, e guarda al cielo, al dio superiore che attira i suoi occhi, e riceve la facoltà di giudizio dalla contemplazione, e l’impulso dal desiderio (fr. 18).31 31 Trad. Vimercati (2015, 1389).

Κυβερνήτης μέν που ἐν μέσῳ πελάγει φορούμενος ὑπὲρ πηδαλίων ὑψίζυγος τοῖς οἴαξι διϊθύνει τὴν ναῦν ἐφεζόμενος, ὄμματα δ’αὐτοῦ καὶ νοῦς εὐθὺ τοῦ αἰθέρος συντέταται πρὸς τὰ μετάρσια καὶ ἡ ὁδὸς αὐτῷ ἄνω δι’οὐρανοῦ ἄπεισι, πλέοντι κάτω κατὰ τὴν θάλατταν· οὕτω καὶ ὀ δημιουργὸς τὴν ὕλην, τοῦ μήτε διακροῦσαι μήτε ἀποπλαγχθῆναι αὐτήν, ἁρμονίᾳ συνδησάμενος αὐτὸς μὲν ὑπὲρ ταύτης ἵδρυται, οἷον ὑπὲρ νεὼς ἐπὶ θαλάττης [τῆς ὕλης]· τὴν ἁρμονίαν δ’ ἰθύνει, ταῖς ἰδέαις οἰακίζων, βλέπει τε ἀντὶ τοῦ οὐρανοῦ εἰς τὸν ἄνω θεὸν προσαγόμενον αὐτοῦ τὰ ὄμματα λαμβάνει τε τὸ μὲν κριτικὸν ἀπὸ τῆς θεωρίας, τὸ δ’ ὁρμητικὸν ἀπὸ τῆς ἐφέσεως.

L’immagine del pilota e della nave viene ripresa probabilmente dal Politico di Platone (272a-b) che Numenio armonizza con la metafora visiva del Timeo per renderle funzionali alla rappresentazione del demiurgo come dio mediatore nella sua prospettiva metafisica. Il dio demiurgo viene descritto, con termini molto enfatici, come un timoniere che, per guidare la sua nave nel mare in tempesta, rivolge il suo sguardo verso la sua guida. Nell’ottica numeniana questo orientamento del secondo dio verso le realtà superiori consiste in realtà nella contemplazione del primo principio a cui accenna in diversi altri punti della sua opera. In questo modo si comprende la funzione dell’orientamento dello sguardo del navigatore e della sua mente verso l’etere: esso rappresenta la natura contemplativa dell’intelletto demiurgico che, in quanto contempla e imita il primo principio, ne partecipa della natura intelligibile.32 32 Nel fr. 16, 7 viene ribadito a più riprese il rapporto di dipendenza ontologica del demiurgo dal bene. Numenio utilizza termini tipici del lessico platonico affermando, ad esempio, che il demiurgo è imitatore (μιμητής) del bene. In questo modo, si lascia intendere come, nell’ottica numeniana, esista un rapporto di relazionalità anche all’interno della dimensione intelligibile.

Allo stesso tempo, questo passo descrive anche la relazione del demiurgo con il principio materiale. La materia viene qui rappresentata come un mare in tempesta, immagine funzionale a descrivere la sua natura caotica; l’azione del demiurgo-navigatore sulla materia consiste quindi nel suo dominio, vale a dire nella sua organizzazione strutturale. Interessante è l’espressione “per mezzo delle idee” (ταῖς ἰδέαις οἰακίζων), che esprime l’aspetto ontologico della gerarchia di Numenio. L’utilizzo delle idee come ‘strumenti’ per governare la materia indica il fatto che quest’ultima viene in-formata da un principio intelligibile, che è appunto il demiurgo stesso nella misura in cui ‘trasferisce’ il carattere intelligibile del primo dio.

L’aspetto centrale da sottolineare nell’ambito del presente studio è il fatto che Numenio qui utilizza il verbo βλέπω unicamente per riferirsi alla contemplazione del bene. Diversamente da quanto si legge nel fr. 11, qui il verbo βλέπω viene qui usato in maniera ‘unilaterale’, cioè unicamente per descrivere lo sguardo del demiurgo ‘verso l’alto’, verso il primo dio. È questa un’incongruenza rispetto a quanto detto in precedenza a proposito del duplice orientamento del demiurgo? A mio avviso, risulta che Numenio utilizzi l’immagine visiva del Timeo in una duplice accezione, come si è visto. Mentre nel fr. 18 egli utilizza il verbo βλέπω per riferirsi alla contemplazione del primo dio, nei frr. 11 e 12 utilizza il medesimo termine per descrivere l’atteggiamento intenzionale del demiurgo nei confronti delle realtà corporee. Per questo motivo, lo schema del Timeo, così come la metafora visiva, vengo utilizzati da Numenio in maniera conforme alla propria prospettiva onto-teologica.

4.

Alla luce di quanto evidenziato nel presente contributo, in Numenio il ruolo dell’esegesi di Timeo 28a-29a nel determinare una lettura onto-teologica del reale risulta a mio avviso decisivo. Nel dialogo platonico, lo sguardo del demiurgo è infatti rivolto unicamente verso il paradigma intelligibile. L’obiettivo di Platone è infatti quello di descrivere la generazione del mondo mediante il ricorso a una metafora artigianale in cui l’artefice divino si serve del mondo intelligibile come paradigma per la sua attività cosmogonica, in cui il cosmo costituisce il risultato di questa operazione. L’utilizzo del verbo βλέπω è dunque funzionale proprio a determinare questo ruolo dello ‘sguardo contemplativo’ del divino artefice nei confronti del modello originario. Numenio, dal canto suo, utilizza il verbo βλέπω in una duplice accezione dell’orientamento demiurgico: la sua natura contemplativa e la sua azione causale poietica.

Numenio si muove evidentemente alla luce del già citato dualismo dei principi in cui il demiurgo si pone come divinità intermedia. Da un lato esso, in qualità di intelletto contemplativo, si rivolge al bene come totalità dell’intelligibile per parteciparne dell’essenza, mentre nel rivolgersi alla materia, in quanto è il principio malvagio (Fr. 52, 47: malignam), mette in atto la sua attività cosmopoietica. Il risultato è quindi uno stravolgimento della prospettiva platonica.

Sebbene l’utilizzo d βλέπω nei confronti della materia sia presente principalmente nel fr. 11, a mio avviso è possibile stabilire una continuità anche con i frr. 12 e 18. Nel fr. 12, lo sguardo demiurgico è rivolto ai corpi, i quali sono anch’essi realtà materiali che necessitano dell’azione demiurgica (e del suo sguardo) per determinarsi ontologicamente. Nel fr. 18, invece, l’elemento visivo è presente solo nell’ambito della contemplazione del primo dio. Ciò, a mio avviso, non rappresenta un problema nell’ottica di Numenio, in quanto nel fr. 18 il contesto tende a sottolineare il fatto che il demiurgo contempla la realtà intelligibile e che l’azione sulla materia sia descritta in termini di governo della sua natura caotica, come un navigatore si destreggia nel mare tempestoso. Lo sguardo del demiurgo, in quanto divine mediator, è dunque per Numenio rivolto a entrambi i principi. L’esegesi del Timeo, quindi, viene ripresa da Numenio in maniera strategica, per cui l’immagine visiva diventa funzionale alla sua prospettiva gerarchico-teologica.

Bibliografia

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  • VIMERCATI, E. (ed.) (2015). Medioplatonici. Testimonianze e frammenti, Bompiani, Milano.
  • 1
    Il presente contributo rappresenta una rielaborazione in forma ampliata della relazione tenuta al convengo “L’occhio e il riflesso” svoltosi presso l’Università degli Studi di Salerno nel maggio 2019.
  • 2
    Sul ruolo centrale del Timeo nella storia del platonismo cfr. Baltes (1976BALTES, M. (1976), Die Weltentstehung des platonischen Timaios nach den antiken Interpretern, Band I. Leiden, Brill.); sulle strategie esegetiche Ferrari (2012FERRARI, F. (2012). L’esegesi medioplatonica del Timeo: metodi, finalità, risultati, in: CELIA, F.; ULACCO, A. Il Timeo. Esegesi greche, arabe e latine. Pisa, Pisa University Press , p. 81-132., 93-99) e Petrucci (2015PETRUCCI F.M. (2015). L’esegesi e il commento di Platone (a partire dalla cosmogonia del Timeo). Rivista di Storia della Filosofia 2, p. 295-320.). Per un esame complessivo del fenomeno dell’esegesi nel Medioplatonismo rimando a Donini (1994DONINI, P. (1994). Testi e commenti, manuali e insegnamento: la forma sistematica e i metodi della filosofia in età postellenistica. ANRW, Band II, 36.7. Berlin, De Gruyter, p. 5027-5100.).
  • 3
    Già nell’antica Accademia la discussione intorno all’esegesi del Timeo aveva suscitato un acceso dibattito tra gli allievi di Platone. Secondo Cael. I 10, 279b 32-280a 3, Platone avrebbe concepito la nascita dell’universo come un evento effettivamente accaduto nel tempo, mentre per gli altri allievi di Platone, in particolare Senocrate, la cosmogenesi del Timeo era la descrizione di un evento che andava interpretato in senso metaforico e che serviva a scopi didattici (διδασχαλίας χάριν). A tal proposito cfr. Centrone (2012CENTRONE, B. (2012). L’esegesi del Timeo nell’ Accademia antica, in: CELIA, F.; ULACCO, A. Il Timeo. Esegesi greche, arabe e latine. Pisa, Pisa University Press, p. 57-80.); Bonazzi (2017BONAZZI, M. (2017), Middle Platonists on the Eternity of Universe, in: ROSKAM, G.; VERHEYDEN, J. (eds.), Light on Creation. Ancient Commentators in Dialogue and Debate on the Origin of the World. Tübingen, Mohr Siebeck, p. 3-15., 4-8).
  • 4
    Per una panoramica delle varie correnti interpretative del Timeo nel Medioplatonismo fondamentale è il contributo di Ferrari (2012FERRARI, F. (2012). L’esegesi medioplatonica del Timeo: metodi, finalità, risultati, in: CELIA, F.; ULACCO, A. Il Timeo. Esegesi greche, arabe e latine. Pisa, Pisa University Press , p. 81-132., 104-123) a cui rimando anche per la corposa bibliografia.
  • 5
    Ancora oggi, tra gli studiosi, la questione del ruolo del demiurgo in Platone è oggetto di dibattito. Per quanto riguarda alcuni fondamentali i riferimenti bibliografici tra ‘temporalisti’ ed ‘eternalisti’ rimando a Petrucci (2021PETRUCCI, F.M. (2021). Lo sguardo del demiurgo (Timeo 28A6-29A5) e la semantica di blepo nei dialoghi platonici, in: ARONADIO, F. Variazioni sul tema del vedere. Saggi sui verba videndi nella grecità classica, Napoli, Bibliopolis p. 89-120., 89 nota n.2).
  • 6
    Un’esaustiva presentazione della questione con relativo commento si trova in Ferrari (2017FERRARI, F. (2017). Platone ha effettivamente identificato il demiurgo del Timeo e l’idea del bene della Repubblica? Riflessioni intorno a un’antica querelle filosófica. Χῶρα 15/16, p. 67-91., 67-78).
  • 7
    Sull’identificazione del primo dio con l’idea del bene si vedano in particolare i frr. 16 e 20 dell’edizione des Places (1973). Tutti i frammenti di Numenio menzionati nel presente contributo fanno riferimento all’edizione des Places.
  • 8
    Cfr. infra, nota n. 12.
  • 9
    Cfr. Aless. Pol. apud. D.L. VIII, 24-33.
  • 10
    Si veda, a tal proposito, il commento di Dillon (2010DILLON, J. (2010). I medioplatonici, a cura di E. Vimercati. Milano, Vita & Pensiero.), 385-388.
  • 11
    Cfr. fr. 52, passim. Sulla materia in Numenio cfr. Vimercati (2012VIMERCATI, E. (2012). La materia e il male in Numenio di Apamea. Filosofia e Teologia 26, p. 77-92.) e Jourdan (2014JOURDAN, F. (2014). La matiére a l’origine du mal chez Numénius (fr. 43 et 52 des Places). Philosophie Antique 14, p. 185-235.).
  • 12
    Cfr. fr. 22. Il frammento 22 corrisponde a una testimonianza di Proclo nel Commento al Timeo. Secondo il commentatore neoplatonico, Numenio avrebbe distinto tre dei in maniera sistematica, parlando di padre, produttore e prodotto, che egli chiama, appunto, anche cosmo. La testimonianza di Proclo risulta problematica proprio perché parzialmente incompatibile con quella di Eusebio di Cesarea, che riporta i passaggi dell’opera di Numenio Sul Bene. Nel caso di Eusebio, la distinzione tra secondo e terzo dio appare meno sistematica e decisamente più problematica. Per questo motivo, alcuni studiosi hanno ritenuto la testimonianza di Proclo non del tutto affidabile. Cfr. a tal proposito Tarrant (2004TARRANT, H. (2004). Must Commentators know their Sources? Proclus “In Timaeum” and Numenius. Bulletin of the Institute of Classical Studies. Supplement, 83, p. 175-190., 177 sgg.); Opsomer (2005OPSOMER, J. (2005). Demiurge in Early Imperial Platonism. In: HIRSCH-LUIPOLD, R. Gott und die Götter bei Plutarch. Götterbilder-Göttesbildes-Weltbilder. Berlin-Boston, De Gruyter, p. 51-99., 72); Michalewski (2021MICHALEWSKI, A. (2021). Constructing Authority. A Re-examination of Some Controversial Issues in the Theology of Numenius, in: ERLER, M.; HEßLER, J.E.; PETRUCCI, F.M. Authority and Authoritative Texts in the Platonist Tradition. Cambridge, Cambridge University Press, p. 130-148., 139 nota n. 31).
  • 13
    Si veda, a tal proposito, il fr. 12, 13 in cui Numenio sostiene che il primo dio è un re ozioso (ἄργος βασιλέυς).
  • 14
    Si vedano, a tal proposito, le fondamentali riflessioni di Frede (1987FREDE, M. (1987). Numenius. ANRW , Band II, 36.2, p. 103-1075., 1054-1055).
  • 15
    Sull’asimmetria tra il mondo intelligibile e il mondo sensibile rimando a Ferrari (2007FERRARI, F. (2007). Separazione asimmetrica e causalità eidetica nel Timeo, in: NAPOLITANO VALDITARA, L.M. La sapienza di Timeo. Studi a margine del Timeo di Platone. Milano, Vita & Pensiero , p. 141-172.).
  • 16
    Sul numero e la funzione delle figure presenti nel Timeo per descrivere la relazione tra mondo sensibile e mondo intelligibile si veda il fondamentale contributo di Fronterotta (2014FRONTEROTTA, F. (2014). Modello, copia, ricettacolo: monismo, dualismo o triade di principi nel Timeo? Methexis 27, p. 47-66., 47-66).
  • 17
    Sul concetto di vita riferito al vivente intelligibile del Timeo, il quale possiede la vita pur non avendo anima e intelletto, Fronterotta propone un confronto con il παντελῶς ὄν del Sofista. Cfr. Fronterotta (2020FRONTEROTTA, F. (2020). Panteles zōion e pantelōs on: Vita, anima e movimento intelligibile nel Timeo (e nel Sofista), in: JORGENSON, C.; KARFIK, F.; ŠPINKA, Š. Plato’s Timaeus. Proceedings of the Tenth Symposium Platonicum Pragense. Leiden, Brill , p. 49-69.).
  • 18
    Tutte le traduzioni italiane dei testi del Timeo riportate in questo saggio sono a cura di Fronterotta (2011FRONTEROTTA F. (2011). Platone, Timeo, Milano, BUR.).
  • 19
    Il testo in questione precede di poche righe il celebre passo 28c 3-5 in cui viene enunciata da Timeo la difficoltà nel trovare l’artefice e il padre dell’universo. Questo passo avrà un ruolo decisivo nell’economia dell’intera tradizione medioplatonica, in quanto funge da punto di partenza per determinare delle vere e proprie interpretazioni originali del Timeo sulla base della celebre ‘inversione’ dei termini ποιητής e πατήρ. Cfr. Ferrari (2006FERRARI, F. (2006). Poietes kai pater. Interpretazioni medioplatoniche di Tim. 28c 3-5 in: DE GREGORIO, G.; MEDAGLIA, S.M. Tradizione, ecdotica, esegesi. Miscellanea di studi. Napoli, Bibliopolis, p. 43-58., 49-52).
  • 20
    Secondo Francesco Fronterotta, l’introduzione della figura del demiurgo a questo punto della narrazione di Timeo è funzionale a mettere in evidenza il divario ontologico che ovviamente sussiste tra il paradigma e il prodotto, ossia tra il mondo intelligibile e il cosmo generato. Cfr. Fronterotta (2011, 179, nota n. 75); cfr. inoltre Cornford (1997CORNFORD, F.M. (1997). Plato’s Cosmology. The Timaeus of Plato. Indianapolis-Cambridge, Hackett Publishing Company., 24 sgg.).
  • 21
    Questa questione viene affrontata efficacemente da Federico Petrucci in un recente studio sui verba videndi in Platone. Lo studioso ha svolto un lavoro di ricerca sulle ricorrenze del verbo βλέπω nei dialoghi, affermando come quello del ‘vedere intenzionale’ possa essere definito il modo canonico dell’utilizzo di tale verbo da parte di Platone. Cfr. Petrucci (2021, 95 sgg.). Alla luce di ciò, l’utilizzo di βλέπω nel contesto filosofico del Timeo risulta centrale nel determinare la relazione del divino artefice con il suo paradigma.
  • 22
    La bontà del demiurgo può essere intesa come un presupposto dell’intera tesi di Platone sulla cosmogonia. Se infatti il demiurgo non fosse buono verrebbe meno la coerenza stessa del ragionamento platonico, per cui la generazione del mondo sarebbe affidata a una divinità imperfetta che non potrebbe che generare a sua volta una realtà imperfetta.
  • 23
    Cfr. Petrucci (2021PETRUCCI, F.M. (2021). Lo sguardo del demiurgo (Timeo 28A6-29A5) e la semantica di blepo nei dialoghi platonici, in: ARONADIO, F. Variazioni sul tema del vedere. Saggi sui verba videndi nella grecità classica, Napoli, Bibliopolis p. 89-120., 115-116).
  • 24
    Sul ruolo del Timeo e della Repubblica nella definizione della teologia di Numenio cfr. Baltes (1975BALTES, M. (1975). Numenios von Apamea und der platonische Timaios. Vigiliae Christianae 29, p. 241-270 (adesso in ΔΙΑΝΟΗΜΑΤΑ. Kleine Schriften zu Platon und zum Platonismus, Stuttgart 1999, p. 1-32).). Si veda anche Dörrie-Baltes (1998DÖRRIE, H.-BALTES, M. (1998). Der Platonismus in der Antike, Band V: Platonische Physik (im antiken Verständnis) II, Bausteine 125-150: Text, Übersetzung, Kommentar. Stuttgart-Bad Cannstatt, Frommann-Holzboog Verlag., 263).
  • 25
    Numenio, quindi, resta ancora ancorato a una concezione tipicamente medioplatonica, per cui il primo principio corrisponde al grado più alto di essere. Per un confronto tra il primo dio di Numenio e l’Uno di Plotino si veda il fondamentale contributo di Michalewski (2012MICHALEWSKI, A. (2012). Le Premier de Numénius et l’Un de Plotin. Archives de Philosophie 75, n.2, p. 29-48. ).
  • 26
    Trad. it. Vimercati (2015VIMERCATI, E. (ed.) (2015). Medioplatonici. Testimonianze e frammenti, Bompiani, Milano., 1381).
  • 27
    Cfr Frr. 21; 22 DP. Sulla distinzione tra secondo e terzo dio rimando alle fondamentali riflessioni di Opsomer (2005OPSOMER, J. (2005). Demiurge in Early Imperial Platonism. In: HIRSCH-LUIPOLD, R. Gott und die Götter bei Plutarch. Götterbilder-Göttesbildes-Weltbilder. Berlin-Boston, De Gruyter, p. 51-99., 69 sgg.).
  • 28
    Cfr. Opsomer (2005OPSOMER, J. (2005). Demiurge in Early Imperial Platonism. In: HIRSCH-LUIPOLD, R. Gott und die Götter bei Plutarch. Götterbilder-Göttesbildes-Weltbilder. Berlin-Boston, De Gruyter, p. 51-99., 65).
  • 29
    A tal proposito, va ricordato che Numenio, secondo Proclo, definisce il primo dio anche come ciò che è vivente (fr. 22 DP: ὅ ἐστι ζῷον), identificandolo con il παντελὲς ζῷον del Timeo. L’identificazione del bene con il vivente intelligibile e la natura intelligibile ‘secondaria’ del demiurgo, permettono di stabilire una sorta di gerarchia tra gli intelligibili. Cfr. a tal proposito il fr. 46b DP. Ciò sembra andare anche nella direzione della distinzione tra ‘demiurgo dell’essenza’ (il primo dio), che ha la funzione analoga al bene della Repubblica, e il demiurgo della generazione (il secondo dio), che è appunto il paradigma intelligibile del cosmo.
  • 30
    Trad. it. Vimercati (2015VIMERCATI, E. (ed.) (2015). Medioplatonici. Testimonianze e frammenti, Bompiani, Milano., 1383). Corsivo mio.
  • 31
    Trad. Vimercati (2015VIMERCATI, E. (ed.) (2015). Medioplatonici. Testimonianze e frammenti, Bompiani, Milano., 1389).
  • 32
    Nel fr. 16, 7 viene ribadito a più riprese il rapporto di dipendenza ontologica del demiurgo dal bene. Numenio utilizza termini tipici del lessico platonico affermando, ad esempio, che il demiurgo è imitatore (μιμητής) del bene. In questo modo, si lascia intendere come, nell’ottica numeniana, esista un rapporto di relazionalità anche all’interno della dimensione intelligibile.

Publication Dates

  • Publication in this collection
    14 Nov 2022
  • Date of issue
    2022

History

  • Received
    17 Jan 2022
  • Accepted
    09 June 2022
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