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L'eredità classica della categoria lukàcsiana del lavoro nel pensiero dell'ultimo Lukàcs

A herança clássica da categoria do trabalho no pensamento do último Lukács

ARTIGOS ORIGINAIS

L'eredità classica della categoria lukàcsiana del lavoro nel pensiero dell'ultimo Lukàcs

A herança clássica da categoria do trabalho no pensamento do último Lukács

Antonino Infranca

Professor de Filosofia em Roma e pesquisador de História das Idéias Filosóficas junto à Universidade de Palermo, Itália

RIASSUNTO

Interessato in esaminare il rapporto tra Lukàcs e la filosofia clàssica, questo saggio vuole mostrare che il filosofo ungherese (1885-1971) ha trovato nella categoria del lavoro una sintesi tra soggetto e oggetto, restando cosi in condizioni di riproporre alcune delle questioni fondamentali delia filosofia: il ruolo del filosofo nella società, il rapporto tra filosofia e politica, la definizione di una nuova etica. Dimenticate dalla filosofia contemporânea, queste questioni sono tornate oggi al centro del dibattito filosòfico, spingendo i filosofi a riflettere sul fondamento dello stesso pensiero e della realtà storica che essi vivono. Ed è alia luce di esse che il saggio pretende interpretare la categoria lukàcsiana dei lavoro.

Parole-chiavi: Filosofia clàssica; categoria del lavoro; soggetto e oggetto; politica; etica

RESUMO

Interessado em examinar as relações entre Lukács e a filosofia clàssica, o presente ensaio procura demonstrar que o filósofo húngaro (1885-1971) encontrou na categoria do trabalho uma sìntese entre sujeito e objeto, ficando assim em condições de repropor algumas das questões fundamentais da filosofia: o papel do filósofo na sociedade, a relação entre filosofia e política, a definição de uma nova ética. Esquecidas por boa parte da filosofia contemporânea, tais questões retornam hoje ao centro do debate filosófico, impelindo os filósofos a refletir sobre o fundamento do próprio pensamento e da realidade histórica em que vivem. E é a partir delas que o ensaio pretende interpretar a categoria lukacsiana do trabalho.

Unitermos: Filosofia Clássica; categoria do trabalho; sujeito e objeto; política; ética.

In questo saggio vorrei mostrare che la categoria del lavoro, che Lukàcs descrive compiutamente soprattutto nell'Ontologia dell'essere sociale, ripropone nel panorama delia filosofia contemporânea il rapporto con le radiei classiche dei pensiero filosòfico. Lukàcs ha trovato nella categoria dei lavoro l'ultima soluzione ad un problema che egli aveva cominciato a porsi fin dalle primissime opere: il rapporto soggetto-oggetto, che essendo esso stesso un problema antico delia filosofia clàssica ha richiesto una soluzione a sua volta "clàssica". Allo stesso tempo, aver ricercato una sintesi tra soggetto e oggetto nella categoria di lavoro rappresenta anche la proposizione di nuove questioni che, dimenticate dalla filosofia contemporânea, sono tomate al centro del Tattenzione dei filosofi, i quali ritornano periodicamente ad un modo "clàssico" di fare filosofia. Il ruòlo dei filosofo nella società contemporânea e, quindi, il rapporto aporètico tra filosofia e politica, oppure la definizione di una nuova etica sono questioni fondamentali delia filosofia a partirè dai greci fino ad oggi. Sono questioni che spingono continuamente i filosofi a riflettere sul fondamento dello stesso pensiero e delia realtà storica che essi vivono.

In questo saggio non ho intenzione di affrontare queste questioni, ma di interpretare la categorìa del lavoro di Lukàcs alia luce di esse, considerando questa categorìa como parte integrante di una tradizione filosòfica che per molti versi si identifica con la filosofìa stessa. Utilizzerò, pertanto, i canoni storiografici della filosofìa classica come elementi ermeneutici del pensiero dell'ultimo Lukàcs, cercando di fare emergerè il valore teorètico di alcune sue conclusiòn! Interpretare Lukàcs alia stessa stregua di un filosofo classico, come sonò Aristòteles o Hegel, Platone o Kant è un modo per capirlo; per capire soprattutto che si tratta di un pensiero "forte". Naturalmente si tratta di un nano che si è issato sulle spalle di giganti; i giganti rimangono gli altri filosofi, ma nel periodo della dissoluzione delle ideologie, è opportuno ricordarsi che nessun ideòlogo può issarsi sulle spalle dei filosofi; ma soltanto un filosofo è capace di farlo. Adesso si può rileggere Lukàcs, cosi come viene fatto per altri pensatori "maledetti" come Heidegger o Gentile, piü liberamente, senza la paura di doverli etichettare o di dover iscrivere la propria lettura in presistenti schemi ideologici. Si è finalmente capito che gli ideologi, di qualsiasi segno essi siano, sonò sempre "deboli", o meglio producono "falsa coscienza". E' tempo per ritornare ad interpretare la parola ideologìa nel suo significato originario: logos àeH'eidos, cioè di un discorso sulle idee, sui concetti. Il miò proposito è proprio quello di tentare un primo approccio del genere con un filosofo che è stato interpretato innanzitutto come un ideòlogo e per riuscire in questo proposito è opportuno restituirè al Logos e all'Eidos tutto il loro senso originario. Può apparire strano o paradossale che Lukàcs si prestì ad un tal tentativo, ma chi fa "filosofìa alia maniera di Aristotele o Hegel"1 1 . La frase è dello stesso Lukàcs e si riferisce ad Ernest Bloch. Lukàcs ricorda con queste parole l'influsso della filosofia di Bloch su di lui: "adesso incontravo in Bloch il fenomeno che qualcuno filosofava corne se Tintera filosofia odierna non esistesse, che era possibile filosofare al modo di Aristotele o di Hegel" (G. Luckàcs, Pensiero vissuto, a cura di A. Scarponi, Roma, 1983, p. 27). o chi sa apprezzare un tal genere di filosofìa non è più un ideòlogo, ma un filosofo, forse un nano sulle spalle di giganti.

Entrando subito in argomento, vorrei precisare che considero il lavoro in Lukàcs come una "categorìa" piuttosto che un concetto. Non si tratta di una questione oziosa, anzi permette di affrontare il tema di questo saggio: il rapporto tra Lukàcs e la filosofìa classica. In termini generali è possible definirè "categorìa" la concezione lukàcsiana del lavoro, ma in termini storici non è legittimo. Parlare di categorie implica un riferimento ai tradizionali significati di "categorìa" nella storia della filosofìa, ma il lavoro in Lukàcs esula fondamentalmente da questi significati. Infatti, il lavoro non è una categorìa logica, ma una categorìa della realtà, cioè un'attività pratica che è capace di determinare l'essere. In tal senso il significato hegeliano di "categorìa" è ribaltato, nella piü corretta tradizione del pensiero marxista.

Il lavoro è, però, anche organon, strumento, perchè esso permette "il passaggio nell'uomo che lavora dall'essere meramente biològico a quello sociale".2 2 . G. Lukàcs, Ontologia dell'essere sociale, tr. it. A. Scarponi, v. II, Roma, 1981, p. 14. In quanto tale il lavoro è strumento di fondazione storica dell'essere, perchè estrinseca delle qualità di questo essere in forme nuove e originali. Il lavoro è l'attività attraverso la quale non soltanto viene ad essere un oggetto, ma anche il soggetto che lavora assume una nuova determinazione d'essere. Questo potere di trasformazione ontologica della categorìa lukàcsiana del lavoro ne fa una sorta di principio, nel senso classico dell'Anfang e al tempo stesso, della proposizione fundamentale, Grundsatz.

Il lavoro è, allora, una sorta di punto prospettico dal quale Lukàcs può partirè per comprendere e definirè tutte le altre forme di prassi umana. Lukàcs definisce goetheanamente il lavoro come "fenomeno originario", Urphânomen, e modello, Modell, del Tessere sociale. "Fenomeno" perchè nel lavoro sonò presenti in nuce tutte le determinazioni che costituiscono l'essenza di quanto nell'essere sociale è nuovo".3 3 . Idem. "Modello" perchè il lavoro è un pone teleologico e in quanto tale esso è anche una struttura logica, finalizzata alia realizzazione di qualcosa. Questa forma logica può essere usata in contesti diversi da quelli originari, ma mantiene inalterata la sua struttura finalistica: il lavoro è attività produttiva cosi come lo è anche il pensiero. Cosi tra agirè pratico e agirè teòrico c'è la stessa struttura logica, per la quale viene all'essere un oggetto nuovo, prima non configurabile sotto quella forma, sia esso un oggetto concreto sia esso un oggetto di pensiero.

Non si potrebbe però non notare una contraddizione in termini nella definizione lukàcsiana del lavoro, espressa nell' Ontologìa in forma teorèticamente più compiuta, se si intendesse l'espressione "fenomeno" nel senso della contrapposizione ad un essere che non appare e rimane tutto chiuso in se stesso. In realt.à il lavoro, come ciò che originariamente appare, proprio perchè è esso stesso "modello", è fondamento ed essenza. In questo senso il lavoro è fenomeno al modo platònico dell' eidos, come idea, come ciò che è originariamente il più luminoso ed evidente agli occhi della mente. E anche sulla traccia della metàfora goetheana, profundamente operante nel laboratorio concettuale lukàcsiano, non sarebbe sbagliato intendere il lavoro come Urphànomen, in quanto "forma originaria". Forma in greco è morphè e anche eidos e ancora una volta in platone l' eidos è la forma originaria del pensiero e, alio stesso tempo, l'essenza delle cose.

In questo senso platònico Lukàcs utilizza il lavoro. Infatti, la struttura teleologica del lavoro, la sua triadicità tra scopo posto, indagine sui mezzi e scopo realizzato è riproposta da Lukàcs come struttura di ogni forma di prassi umana e di attività mentale dell'uomo. Lo stesso pensiero si sviluppa utilizzando questa struttura e quindi la forma del pensiero, il suo modello, è la struttura teleologica del lavoro.

Lukàcs afferma che questa struttura teleologica è ripresa dalla Scienza della logica di Hegel. Lo schema della teleologìa hegeliana è immodificabile nel tempo dal punto di vista della struttura genèrale, ma si sviluppa temporalmente nella sucessione dei singoli momenti. La stessa immodificabilità è riproposta da Lukàcs nella struttura teleologica del lavoro e tale immodificabilità rivela la ricerca di leggi eterne dell' agirè umano. Il lavoro è inteso come principio dell' essere sociale in un duplice signifìcato. Innanzitutto il lavoro è il momento in oui l'uomo si è fatto uomo, anche storicamente: nel lavoro l'uomo ha potuto manifestare una propria caratteristica che lo differenzia assolutamente dagli animali, anche nei confronti degli animali capaci di lavorare, cioè, il possesso dello strumento anche dopo l'esecuzione dell'atto lavorativo, dopo che lo scopo mediante lo strumento è pervenuto alla sua realizzazione. Proprio attorno alla propriètè dei mezzi di produzione si incrociano, in base alla dottrina del materialismo storico, gli avvenimenti della storia. Il lavoro svolge la funzione di inizio dello sviluppo dell'umanità e, allo stesso tempo, di motore di questo sviluppo. A questo punto si potrebbero ripetere le parole di Hegel, tratte dal "Cominciamento" della Logica: "Il principio ha da essere anche cominciamento, e quello che è il Prius per il pensiero, ha da essere anche il Primo nell'andamento del pensiero".4 4 . G. Hegel, Scienza della Logica, tr. it. C Moni, riv. C Cesa, Bari, 1975, p. 52. Proprio dal "Cominciamento", oltre che dalla "Teleologia", deriva il carattere del lavoro corne modello di ogni forma di prassi umana. Già Hegel in altre opere aveva coito questa funzione del lavoro, ma soltanto Marx aveva saputo valutaria in tutta la sua profondità teorètica. Lukàcs è costretto a ripetere tale operazione nel tentativo di fornire una base teorètica a ciò che gli interessava maggiormente: la rinascita del marxismo dopo i danni dello stalinismo. Ma per assolvere a questo compito di rifondazione del marxismo è necessario per Lukàcs retrocederè rispetto a Marx e confrontarsi soprattutto con Hegel, cioè tornare ad abitare quello spazio teorètico che sta tra Hegel e Marx. Spazio che, lasciato vuoto, è stato occupato dalla dittatura stalinista, che ha tentato una cesura rìgida tra Hegel e Marx, cesura che Lukàcs nel Il giovane Hegel dimostra essere assolutamente arbitraria.

Per Lukàcs il Marxismo del Novecento è ancora fermo sulle posizioni di Lenin e da allora no vi è stato un significativo sviluppo teòrico nella direzione già aperta da Marx, cioè quella dell'approfondimento critico e rovesciante della filosofìa hegeliana. Essa ha rappresentato il primo momento nella storia della filosofìa in cui l'essere umano è stato considerato come autocreantesi. Marx ha rovesciato il sistema hegeliano rintracciando l'essere nel pensiero e, allo stesso tempo, rifiutando la critica feuerbachiana di Hegel, perchè incapace di porre un'interrelazione ontologica fra singoli uomini e genere umano.5 5 . Cf. G. Lukàcs, L'uomo e la democrazia, tr. it. A. Scarponi, Roma, 1987, p. 42. Lenin stava continuando il compito marxiano di revisione critica della filosofìa borghese a partirè da Hegel, allorquando la lotta polìtica 10 spinse alia realizzazione di quanto finora aveva posto in teorìa. L'interruzione della ricerca è stata protratta dallo stalinismo. Il vecchio Lukàcs sosteneva: "Ho detto che il marxismo come teorìa genèrale della società ha in effetti subito un'interruzione. Si è fermato. Si può dire che il marxismo concepito, secondo che va concepito, come teorìa genèrale della società e della storia non c'è più, è finito da tempo. Per questa ragione c'è, e ci sarà ancora per parecchio tempo, lo stalinismo. Si sono dette sullo stalinismo moite sciocchezze. Ma le cose sono in verità piuttosto semplici. Tutte le volte che si mette la pratica davanti, e magari contro la teorìa, si fa dello stalinismo. Lo stalinismo non è solo un'interpretazione errònea e una difettosa applicazione del marxismo. Ne è in realtà la negazione".6 6 . La frase di Lukàcs è tratta da un'intervista in Franco Ferrarotti, Colloquio con Lukàcs, Milano, 1975, p. 15. Quindi la continuazione dell'opera di Marx non rappresenta soltanto un'ulteriore presa di posizione nei confronti delia filosofia borghese, cosa per altro compiuta da Lukàcs ne La distruzione dèlia ragione, ma anche la riacquisizione di uno spazio per la teoria che lo stalinismo aveva sempre negato, anteponendole la tattica politica.

Tutto ciò non appaia in contrasto con la originaria tradizione marxista. È inutile ricordare il debito che Marx ha nei confronti delia filosofia clàssica. Anzi ammirata in Lukàcs la capacita di riproporre questa eredità del marxismo in un'epoca (fine anni Sessanta), in cui era sconveniente considerare il marxismo l'erede delia filosofia clàssica. Anzi, Lukàcs rinnova una tradizione marxista che vuole presentar si come la continuazione delia filosofia clàssica, una tradizione che ha un momento importante in Storìa e coscienza di classe. Ma tornando a confrontarsi con Hegel e con tutta la storia delia filosofia, Lukàcs rinnova anche una forma di ricerca che è caratteristica dèlie più notevoli opere della storia delia filosofia. Nicolas Tertulian ha cosi, definito l'ultima opera di Lukàcs: "Lukàcs intendeva mettere in valore sia la tradizione della Metafìsica di Aristotele sia quella della Logica di Hegel per erigere la propria ontologia. La sua opera, perciò, voleva essere simultaneamente una 'metafìsica' e una 'critica', della ragione storica".7 7 . N. Tertulian, "Teleologìa e causalità nell'ontologia di Lukàcs", in Critica marxiste, fase. 5, 1980, Roma, p. 90. Non si può, infatti, tralasciare di definirè "metafìsica" un'opera che ha per titolo Ontologia dell'essere sociale. Lukàcs doveva avère presente il significato delle prime righe del IV libro della Metafìsica di Aristotele: "C'è una scienza che studia l'essere-in-quanto-essere e le propriètè che gli sono inerenti per la sua stessa natura".8 8 . Aristotele, Metafìsica, Libro D, 1, 1003a-20, tr. it. A. Russo, Bari, 1971. La drasticità della frase di Aristotele diventa categòrica per Lukàcs, che sapeva bene che la tradizione clàssica della filosofia è la filosofia stessa, quando nelle Conversazioni afferma che c'è "solo una scienza unitaria della storia che va dali'astronomia alla cosiddetta sociologia".9 9 . G. Lukàcs, Conversazioni con W. Abendroth, H.H. Holz L. Kofler, tr. it. C. Pianciola, Bari, 1968, p. 17. Il senso di questa frase è la riconsiderazione della filosofia come metafìsica, come scienza del fondamento dell'essere. Soltanto la comprensione del fondamento dell'essere ci permette la definizione delle leggi che regolano lo sviluppo della storia. Da questo punto di vista Lukàcs riprende il significato kantiano di metafìsica: "Se intorno a un oggetto qualunque esiste una filosofìa (ossia un sistema di conoscenze razionali derìvate da concetti), deve per questa filosofia esservi pure un sistema di concetti razionali puri, indipendenti da ogni condizione empìrica, cioè una metafìsica".10 10 . I. Kant, Metafìsica del costumi, tr. it. G. Vidari, riv. N. Merker, Bari, 1989, p. 221. La presenza di un'eredità clàssica nella categoria del lavoro non deve sorprenderè, perchè lo stesso Lukàcs riconosce il debito verso autori come Aristotele o Hegel: "Non sorprende per nulla, quindi, che pensatori grandi, o fortemente interessati all'essere sociale, come Aristotele o Hegel, abbiano afferrato con tutta chiarezza il carattere teleològico del lavoro, tanto che le loro analisi strutturali richiedono solo qualche completamento e nessuna correzione di fondo per conservare anche oggi validitè".11 11 . G. Lukàcs, Ontologia dell'essere sociale, cit., p. 19.

A questo punto è doveroso porsi una domanda: cosa spinge Lukàcs a confrontarsi e rinnovare la tradizione metafìsica? Una prima risposta è stata già fornita: impedirè le mistificazioni staliniste. Una seconda è stata finora fornita implìcitamente:la filosofìa classica offre a Lukàcs strumenti di analisi teorètica assolutamente irrinunciabili per una rifondazione del marxismo, irrinunciabili per tre motivi fondamentale il primo per il rigore del mètodo di analisi, che rende impossibili le arbitrarte conclusioni e la pretesa novità dell'ortodossia stalinista rispetto alia passata filosofìa. Il secondo è che lo stesso Marx aveva tratto il suo mètodo dallo studio dèlia dialettica hegeliana. Il terzo perchè la metafìsica classica fornisce elementi per la definizione di regòle eterne [für ewig per citare Gramsci] dello svolgimento storico, dello vivere quotidiano e dell'agire morale.

Lukàcs, infatti, nel suo tornare a Hegel, ripropone l'impossibile soluzione del rapporto "sistema-mètodo" in Hegel. Bisogna chiedersi quali siano le consequenze di una ripresa dell'impianto categoriale della Logica hegeliana riguardo alia questione della Teleologìa. Innanzitutto è opportuno chiedersi cosa significa la "Teleologìa" nell'impianto della Logica di Hegel? Dentro la dottrina del "Concetto", essa è il punto di passagio dal "oggettività" all "Idea". Nella categorìa lukàcsiana del lavoro troviamo giustamente il contrario, cioè il passagio dall'idea all'oggettività. Dico "giustamente", perchè in un certo senso è come se Lukàcs seguisse qui, implìcitamente, la ben nota proposta di "rovesciamento" della dialettica hegeliana suggerita da Marx sia nei Manoscritti econòmico-filosofici, ma anche in una famosa nota de Il Capitale: "qui, come nelle scienze naturali, si rivela la validitè della legge scoperta da Hegel nella sua Logica, che mutamenti puramente quantitativi si risolvono ad un certo punto in differenze qualitative".12 12 . Ibidem, p. 55-56. Come sappiamo nella Logica di Hegel la "Qualità" precede la "Quantità" e, quindi, Marx ci suggerisce una lettura rovesciata anche delle catègorie logiche hegeliane. Ma Lukàcs va ben oltre la lettura di Marx: "Il fondamento ontologico-strutturale - egli afferma - è costituito dalle posizioni teleologiche e dalle serie causali che esse mettono in moto".13 13 . Karl Marx, Il Capitale, tr. it. D. Cantimori, Torino, 1975, p. 376. Quindi la teleologìa sarebbe hegelianamente il vero e proprio nùcleo teorètico del lavoro. Ed è proprio qui che si può comprendere cosa è la categorìa di lavoro nell'Ontologia di Lukàcs: essa prende il posto dello svolgimento dell'Idea, è esattamente il passagio all'oggettività. E' il soggetto che trapassa nell'oggetto.

Si badi bene non si tratta di un trans-ducere, che lascia immutati i due elementi in questione, il soggetto e l'oggetto, ma di un e-ducere, di un portare fuori da entrambi: il soggetto estrinseca la propria idea nella realtà, l'oggetto reale riceve una forma in base alie proprie leggi naturali e all'idea del soggetto. Dall'Erzïehung si passa alla Bildung. Giustamente Lukàcs osserva che nella Metafìsica di Aristotele sono presentì quei momenti categoriali che possono fornire il fondamento teorètico del lavoro: "Le alternative concrete del lavoro implicano in ultima analisi, sia nella determinazione del fine che nell'esecusione, sempre una scelta fra giusto e sbagliato. In ciò sta loro valenza ontologica, il loro potere di transformare ogni volta in una situazione concreta la dynamis aristotèlica".14 14 . G. Lukàcs, Ontologia de Wessere sociale, cit., p. 51. È proprio ciò che awiene nella teleologia lukàcsiana, cioè il passagio dalla potenza all'atto, dal soggetto all'oggetto e parimenti dall'oggetto al soggetto.

La nuova forma che l'oggetto riceverebbe durante il processo lavorativo si concretizza nell'assunzione di un valore da parte sua: un oggetto comincia ad avere un valore che non è più soltanto d'uso, ma anche di scambio. Il valore rappresenta il risultato dei processo produttivo e quindi il momento attorno al quale si instaurano i rapporti sociali, se da valore d'uso si trasforma in valore di scambio. Inoltre il valore è l'apparenza dietro la quale si nasconde l'oggetto. Tutto ciò implica un rapporto con il soggetto, sopratutto col bisogno del soggetto, che quell'oggetto deve soddisfare. Lukàcs sostiene che "come il dover-essere in quanto fattore determinante delia prassi soggettiva nel processo del lavoro può svolgere questa funzione specifica solo perchè quello a cui mira ha valore per l'uomo, cosi il valore non potrebbe tradursi in realtà in tale processo se non fosse in grado di porre nell'uomo che lavora il dover-essere della sua realizzazione come criterio della prassi".15 15 . G. Lukàcs, Ontologia dell'essere sociale, a cura di A. Scarponi, v. II, Roma, 1981, p. 79. Il valore pone, in quanto dover-essere, un'obbligatorieta di comportamenti all'interno del processo produttivo. Il valore svolge il ruòlo del regolatore del processo produttivo. Ciò è possibile perchè nel valore sono contenuti, sotto forma di dover-essere, tutti i momenti della teleologia lukàcsiana: lo scopo, l'indagine sui mezzi per realizzare lo scopo e, infine, lo scopo realizzato, cioè il risultato del processo lavorativo. Nel lavoro l'oggetto riceve una nuova forma, un'eidos che prima non possedeva, ma questa nuova forma è anche il segno dell'alienazione del soggetto nell'oggetto. Ho usato il termine greco eidos per indicare più chiaramente l'alienarsi dell'idea del soggetto nella realtà, che è poi la riproposizione dello schema hegeliano, pur privo pero del momento finale del Geist, dello spirito. Infatti per Lukàcs non è lo spirito ad alienarsi, bensi è l'idea del soggetto che lavora a oggettivarsi, quindi a trapassare nella realtà, assumendo una forma concreta. L'idealismo hegeliano è pur sempre assunto da Lukàcs, ma in forma limitada e rovesciata.

Questa lettura rovesciante della dialettica hegeliana fu appresa da Lukàcs dalla lettura dei Manoscritti economico-fìlosofici di Marx. Ne Il giovane Hegel, Lukàcs riconosce che sul problema dell'alienazione, che sorge durante il processo lavorativo, si "innesta il grande confronto dei giovane Marx col problema filosòfico centrale di Hegel. Questa discussione è uno dei momenti principali del rovesciamento della dialettica idealistica in una dialettica materialistica, della critica dell'idealismo hegeliano e insieme dell'assunzione dell'eredità dialettica da parte delia nuova scienza del materialismo dialètico".16 16 . G. Lukàcs, Il giovane Hegel e iproblemi della società capitalista, tr. it. R. Solmi, Torino, 1975, p. 757.

In tal modo Lukàcs, da un canto, rispetta la tradizione clàssica delia filosofia e, dall'altro, applica il rovesciamento marxiano delia Logica hegeliana e delia dialettica hegeliana in genèrale. Il lavoro, però, è usato da Lukàcs come paradigma di un più genèrale rapporto con la filosofia hegeliana. Non si tratta, infatti, di rovesciare singoli aspetti del pensiero hegeliano, inteso per altro corne il punto più alto delia filosofia clàssica, ma di enucleare da esso i concetti fondamentali per una nuova rielaborazione del marxismo. Il lavoro diviene, allora, la categoria ermeneutica per questa enucleazione e per il rovesciamento marxista delia dialettica hegeliana: all'alienazione dello spirito nella realtà è contrapposta l'obiettivazione dello scopo soggettivo nella realtà naturale.

Il lavoro è anche la categoria ermeneutica che Lukàcs utiliza nella lettura dèlie opere hegeliane. Leggendo gli appunti tuttora inediti e conservati presso il Lukàcs Archivum di Budapest, che riguardano l'analisi che Lukàcs condusse sulla Fenomenologìa dello spirito negli anni Trenta,17 17 . Questi appunti consistono di 39 fogli manoscritti, utilizzati da Lukàcs come schede nella lettura della Fenomenologia. si può avère la conferma di quanto fosse importante per lui il paradigma del lavoro nell'interpretazione dèlia dialettica hegeliana. Studiando la categoria deli "Utilità" nella sezione dello "Spirito", Lukàcs annota lapidariamente: "la mer ce !" e sul margine del foglio: "metafìsica delia merce". Ma quale sia stata l'attenzione di Lukàcs nell'applicare il rovesciamento di Marx, è cosa che si può cogliere da altre osservazioni. A proposito del paràgrafo hegeliano delia creazione del mondo nella sezione delia "Religione", Lukàcs annota: "Dunque per Hegel la creazione del mondo è una mitologica espressione perl'alienazione dello spirito", e a margine delle righe hegeliane, in cui si afferma: "L'esserci immediato si tramuta nel pensiero", Lukàcs annota: "Con ciò il lavoro caratteristico: l'animalità".18 18 . Il passo della Fenomenologia qui citato è rintracciabile nella tr. it. di E. De Negri, Firenze, 1976, vol. II, p. 251. Per Lukàcs la direzione del tramutarsi dell'essere nel pensiero è soltanto quella che definisce la esfera dell'animalità, la sfera originale dell'umano emerge nella direzione del tramutarsi del pensiero nell'essere. Ma Lukàcs non eselude che in Hegel possa esservi anche questo, quando in quegli appunti si chiede a proposito dello stoicismo e dei suo passaggio alio scetticismo: "diffèrente concetto di lavoro?"

Non è questa la sede per stabilire se in Hegel vi sia o meno un duplice concetto di lavoro, ma è certo che questa duplicità è nello stesso Lukàcs. Non dimentichiamo che l'autore dell'Ontologia è lo estesso di Storia e coscienza di classe, cioè dell'opera che, se non ha fondato una "metafìsica delia merce", ha però ricostruito le tappe di una "fenomenologia della merce", del fenomeno sotto il quale appaiono il prodotto del processo lavorativo e il valore. Grazie all'intepretazione di Marx, Lukàcs riconosce che anche in Hegel "la dialettica del lavoro, dell'attività umana, della prassi sociale in genèrale, è inquadrata nella dialètica del rapporto di merce e subordinata ad esso".19 19 . G. Lukàcs, Il giovane Hegel e i problemi della società capitalista, cit., p. 671. Quindi se proviamo a leggere Stotia e coscienza di classe a partirè dali' Ontologia, essa ci appare come una sorta di "fenomenologìa del lavoro" e dunque rappresenta una tappa assolutamente necessària per l'approccio ontologico della vecchiaia. Lo stesso Lukàcs non manca di evidenziare in Storia e coscienza di classe "la presenza di molti passi che offrono lo spunto ad una presentazione dèlie catègorie dialettiche nel loro movimento e nella loro oggettività reale ed ontologica, e che quindi rinviano ad un'ontologia autenticamente materialistica dell'essere sociale".20 20 . G. Lukàcs, Prefazione a Storia e coscienza di classe, tr. it. G. Piana, Milano, 1978, p. XXVIII. Sappiamo bene che un'ontologia priva di una fenomenologìa non è facilmente ipotizzabile, almeno secondo i canoni della tradizione clàssica della filosofia. Giocando di paragoni, si può affermare che cosi come Hegel ha scritto la Fenomenologìa dello spirito prima di approdare alia Scienza della Logica, Lukàcs ha potuto iniziare a definirè una nuova ontologia dell'essere sociale, pròprio in base all'analisi di Storia e coscienza di classe e anche della sua stessa revisione autocrìtica.21 21 . Per un ulteriore approfondimento di questo problema rimando al mio saggio Fenomenologia e ontologia nel marxismo di Lukàcs. Dall'Ontologia de Wessere sociale a Storia e coscienza di classe in "Giornale di Metafìsica", 1986, a. VIII (n.s.), Gènova, p. 357-370); apparso poi in ungherese col titolo: "A tàrsadalmi lèt ontologiàja-tòla Tortenelem ès osztàlytudat-ig (Fenomenolgia ès ontologia mint a lukàcsi marxizmus kontinuitàsàns jegyei)" in MagyarFilozòìiai Szemle, tr. ungh. I. Feher, nº 4, 1987, p. 770-781.

L'attenzione di Lukàcs ai problemi conessi alla categorìa del lavoro è diretta, corne ho mostrato, anche al mètodo dialettico. Non va dimenticato che pròprio sul mètodo in Storia e coscienza di classe, Lukàcs fondava il rispetto dell'ortodossia marxista: "Per ciò che concerne il marxismo, l'ortodossia si riferisce esclusivamente al mètodo".22 22 . G. Lukàcs, Storia e coscienza di classe, cit., p. 2. Ancora sul mètodo, il Lukàcs non ancora marxista rintracciava una sorta di metafìsica intrìnseca al marxismo: "Il fatto che il materialismo storicò, il mètodo sociològico finora più significativo, si sia quasi sempre transformato in metafìsica storico-filosofica, non deve far dimenticare il valore, che fa època, e di cui, semplicemente, fino ad oggi non abbiamo avuto un'elaborazione chiara".23 23 . G. Lukàcs, Sulla povertà di spirito, a cura di P. Pullega, Bologna, 1981, p. 149. Evidentemente, il Lukàcs del 1915 non poteva sapere quanto fosse idealistico ciò che affermava, almeno nel senso gentiliano del termine. Ma le parole di Lukàcs sono il sintomo di qualcosa di più profondo, cioè della consapevolezza che per affrontare certi problemi teoretici è necessàrio condurli oltre il piano della realtà concreta, cioè meta tà phisikà.

Quell'esigenza giovanile di una rifondazione della metafìsica è veramente scomparsa dal panorama filosòfico di Lukàcs? Il giovane Lukàcs interpretava il rapporto tra socialismo e metafìsica alla maniera di Thomas Mann, che sosteneva che il "contrasto di metafìsica e socialismo, inteso come empio, sconsacrato, materialista... non è più ammissibile"?24 24 . Th. Mann, "Adesione al socialismo", in Opere, v. XII, Milano, 1958.

Soltanto l'adesione al marxismo chiarisce a Lukàcs in quale campo tentare l'estrema sintesi, il campo della storia, dello svolgimento dello spirito umano. Ma questa sintesi non è la definizione di un nuovo soggetto della storia, bensi è la ricerca del fondamento d'essere del soggetto storico, cioè l'essere sociale. L'Ontologia si presenta, dunque, come la conclusione di un processo, ma essa nel progetto originario di Lukàcs avrebbe dovuto essere un'Etica e quindi l'etica sarebbe seguita all'Estetica, cioè sarebbero stati ribaltati tutti i canoni della sistemàtica filosòfica. Lavorando alia sua Etica, Lukàcs si rende contò che è necessario definirè prima il soggetto dell'etica e poi i fondamenti del suo comportamento morale. In una lettera inèdita a Frank Benseler del 22.1.1965, Lukàcs scrive che ha cambiato il progetto originario e adesso lavora ad un'ontologia e aggiunge: "non prima di essa posso awicinarmi ad una vera Etica."25 25 . La lettera è conservata presso l'Archivio Lukàcs di Budapest. Si ringrazia il direttore del TArchivio prof. Sziklai per l'autorizzazione ad usare tutto il materiale inèdito. I canoni della sistemàtica filosòfica finiscono per prevalere, anche se l'Ontologia segue pur sempre l'Estètica.

Ma se Lukàcs avesse definito un'etica marxista, senza aver prima indicato a quale soggetto l'etica si riferiva, la sua concezione avrebbe avuto un'unica soluzione: quella di essere interpretata come un'etica classista, cioè un'etica del proletariate Questa definizione si sarebbe offerta come un ulteriore strumento per una contrapposizione frontale fra un'etica del proletariate e un'etica della borghesia. Lukàcs sarebbe ricaduto nell'errore, tìpico dello stalinismo, di procederè mediante contraddizioni, che non si devono superare in una sintesi, piutosto si devono cristallizzare in contrapposizioni eterne.

L'essere sociale, di cui parla Lukàcs, è universale, perché è fondato su una categorìa che è universale a sua volta il lavoro. Questo nuovo soggetto sociale, in quanto universale, non è piü caratterizzabile classisticamente: non esiste un essere sociale borghese o proletario, perchè non esiste un atto lavorativo borghese o proletario, se inteso nella sua purezza categoriale. Alio stesso modo, l'etica lukàcsiana nata dall'Ontologìa e della quale rimangono soltanto gli appunti preparatori,26 26 . Cfr. Gy. Mezei, "Lukàcs Guorgy filozòfiai etikàjàhoz", Vilagossà g, nº 11, november 1985, a. XXVI, Budapest, Doxa, nº 8, 1986, Budapest, p. 157-164. è un'etica come quella kantiana categòrica e universale, essendo anch'essa fondata da una categorìa universale come il lavoro. Lukàcs non manca di sottolineare l'indispensabile rapporto con Kant per chi voglia tentare la definizione di una nuova etica: "Nella disposizione morale come tale è presente, da un lato, un'intenzione di universalità - questo suo carattere è stato elaborato teoricamente nel modo più efficace da Kant -, e poichè la tendenza a trascenderè la particolarità immediata del soggetto deve restare tuttavia nell'ambito della disposizione interiore della soggettività, è chiaro che l'intenzione deve mirare, con maggiore o minore chiarezza, a ciò che in esse è conforme al genere umano."27 27 . G. Lukàcs, Estètica, tr. it. A. Marietti Solmi, Torino, 1970, p. 535-536.

In tal modo Lukàcs può superare tutte le divisioni sociali per approdare ad un In-dìviduum, che in quanto tale è universale. Per far ciò Lukàcs non tende a un superamento nel progresso storico delle divisioni sociali, come un marxismo volgare vorrebbe fare, il quale è capace di definirsi soltanto se può definirè il proprio contrario, il suo nemico di classe, e, quindi, procede soltanto per divisioni. Lukàcs ad autentico filosofo libera piuttosto il fondamento da tutte queste incrostazioni e ne recupera il carattere universale, rinnovando in tal modo la tradizione metafìsica della filosofìa. Questa metafìsica di segno marxista è anche un'alternativa alie metafisiche di segno diffèrente, che caratterizzano la filosofìa del Novecento. Non soltanto essa è un'alternativa alie ontologie come quella di Hartmann o alia metafìsica dello spiritualismo cristiano, ma anche alie critiche alia stessa metafìsica. Cosi come Hegel fu una risposta al criticismo kantiano, si potrebbe intendere l'Ontologia di Lukàcs come una risposta alia critica heideggeriana alia metafìsica. E' un pensiero che va nella direzione della ricerca del fondamento, pur se da una prospettiva sui generis. È, dunque, un pensiero forte.

D'altronde chi ha paura della storia, in tutte le sue accezioni, può cercare un rifugio effimero nef proprio àmbito specialistico, mentre chi vuole definirè i fondamenti dell'essere accetta il carattere privilegiato del confronto con la storia. Si tratta di restituirè senso al pensare filosòfico, di sopportare il pathos del pensiero, per rendere possibile un con-sentire, un com-patire, che significa vivere il proprio tempo storico, la propria vita quotidiana. La metafìsica è stata spesso per i filosofi lo spazio teòrico, nel quale ritirarsi quando la storia di venta uno spazio pericoloso da abitare. Cosi è stato per Platone con Dionigi il Vecchio, per Aristotele con Alessandro, per Campanella con la Chiesa controriformistica, per Hegel con lo Stato assolutista prussiano e anche per lo stesso Lukàcs con lo stalinismo. In questi casi, pero, è il filosofo ad errare fuori dai suoi luoghi naturali, fuori dal suo spazio teòrico, per tentare l'awentura della trasformazione della realtà storica secondo progetti metafisici. Molti filosofi, come Platone o il Lukàcs del 1956, sono stati affetti da quella che definisco una "sìndrome platònica", cioè dal desiderio, al limite del morboso, di essere i novelli demiurghi della realtà.28 28 . Per comprendere quanto grande fosse la passione di Lukàcs per la politica prima e durante le vicende della rivoluzione del 1956 si veda l'intervista di Miklòs Vàsàrhelyi "György rhelyi Lukàcs nel '56", a cura di A. Infranca, in Il Ponte, n.4-5, luglio-ottobre 1987, a.XLIII, Firenze, p. 88-95. L'esperienza storica, in questi casi spesso disastrosa, se non addirittura tràgica, lascia il segno. Lo stesso Lukàcs, dopo il 1956, non è lo stesso filosofo ottimista e carico di certezze che prima di quelle vicende. In una lettera inèdita dell'8.6.1957 a Cesare Cases, cioè al ritorno dalla deportazione in Romanìa, Lukàcs ribadisce con forza, ma anche con notevoli modifiche in rispetto al passato, quali possono essere i compiti del filosofo per l'avvenire: "Non creda che mi accinga ad una coloritura del bello con tali considerazioni, a una capitolazione davanti alla realtà, come era qualche volta il caso della "riconciliazone con la realtà" del tardo Hegel. Si tratta piuttosto del mantenimento della prospettiva. Si ricorderà forse del miò discorso su questo tema all'ultimo congresso degli scrittori tedeschi lo scorso anno. Dissi allora che la prospettiva sarebbe senza realtà, ma è allo stesso tempo una realtà in devenire. Essa è contemporaneamente reale e non reale. Anche se si resta legati ad essa, si puô trovare anche sotto raporti sfavorevoli uno spazio per l'attività. Lei sa forse dalle nostri prime conversazioni che il miò motto per tutta la vita è una piccola modificazione dèlia celebre frase di Zola al tempo dell'affare Dreyfus: 'La vèritè est lentament en marche et à la fin des fins rien ne l'arrêtera."29 29 . La lettera è già citata in A. Infranca, "Lukàcs e il domani delia democratizzazione" in Marxismo Oggi, nº 4, luglio, 1988.

La prospettiva ontologica e metafìsica permette a Lukàcs di comprendere nella loro intimità e, allo stesso tempo, con chiarezza le contraddizioni dèlia propria realtà storica. Sulla base di questa compreensione si possono fondare le leggi del futuro sviluppo storico e si puô nuovamente ritornare a parlare, ma in senso forte, di liberta. La lezione del Lukàcs metafisico è la stessa di quella di Aristotele, che spiega con precisione qual'è il rapporto tra metafìsica e liberta: "È chiaro che noi ci dedichiamo a taie indagine senza mirare ad alcun bisogno che ad essa sia estraneo, ma corne chiamiamo libero un uomo che vive per se e non per un altro, cosi anche consideriamo tale scienza come la sola che sia libera, giacchè essa soltanto esiste di per se."30 30 . Aristotele, Metafisica, Libro A, 982 b 15-25. Se un individuo è libero potrà parlare di liberta. Se un filosofo è ancora capace di leggere dentro la storia, nonostante le tragèdie di essa, allora rimane la speranza di ritornare a sentirè parlare di liberta e ciò non è mai un semplice esercizio di parole.

  • 1 La frase è dello stesso Lukàcs e si riferisce ad Ernest Bloch. Lukàcs ricorda con queste parole l'influsso della filosofia di Bloch su di lui: "adesso incontravo in Bloch il fenomeno che qualcuno filosofava corne se Tintera filosofia odierna non esistesse, che era possibile filosofare al modo di Aristotele o di Hegel" (G. Luckàcs, Pensiero vissuto, a cura di A. Scarponi, Roma, 1983, p. 27).
  • 2. G. Lukàcs, Ontologia dell'essere sociale, tr. it. A. Scarponi, v. II, Roma, 1981, p. 14.
  • 4. G. Hegel, Scienza della Logica, tr. it. C Moni, riv. C Cesa, Bari, 1975, p. 52.
  • 6. La frase di Lukàcs è tratta da un'intervista in Franco Ferrarotti, Colloquio con Lukàcs, Milano, 1975, p. 15.
  • 7. N. Tertulian, "Teleologìa e causalità nell'ontologia di Lukàcs", in Critica marxiste, fase. 5, 1980, Roma, p. 90.
  • 8. Aristotele, Metafìsica, Libro D, 1, 1003a-20, tr. it. A. Russo, Bari, 1971.
  • 9. G. Lukàcs, Conversazioni con W. Abendroth, H.H. Holz L. Kofler, tr. it. C. Pianciola, Bari, 1968, p. 17.
  • 10. I. Kant, Metafìsica del costumi, tr. it. G. Vidari, riv. N. Merker, Bari, 1989, p. 221.
  • 13. Karl Marx, Il Capitale, tr. it. D. Cantimori, Torino, 1975, p. 376.
  • 15. G. Lukàcs, Ontologia dell'essere sociale, a cura di A. Scarponi, v. II, Roma, 1981, p. 79.
  • 16. G. Lukàcs, Il giovane Hegel e iproblemi della società capitalista, tr. it. R. Solmi, Torino, 1975, p. 757.
  • 20. G. Lukàcs, Prefazione a Storia e coscienza di classe, tr. it. G. Piana, Milano, 1978, p. XXVIII.
  • 23. G. Lukàcs, Sulla povertà di spirito, a cura di P. Pullega, Bologna, 1981, p. 149.
  • 24. Th. Mann, "Adesione al socialismo", in Opere, v. XII, Milano, 1958.
  • 27. G. Lukàcs, Estètica, tr. it. A. Marietti Solmi, Torino, 1970, p. 535-536.
  • 29. La lettera è già citata in A. Infranca, "Lukàcs e il domani delia democratizzazione" in Marxismo Oggi, nş 4, luglio, 1988.
  • 1
    . La frase è dello stesso Lukàcs e si riferisce ad Ernest Bloch. Lukàcs ricorda con queste parole l'influsso della filosofia di Bloch su di lui: "adesso incontravo in Bloch il fenomeno che qualcuno filosofava corne se Tintera filosofia odierna non esistesse, che era possibile filosofare al modo di Aristotele o di Hegel" (G. Luckàcs,
    Pensiero vissuto, a cura di A. Scarponi, Roma, 1983, p. 27).
  • 2
    . G. Lukàcs,
    Ontologia dell'essere sociale, tr. it. A. Scarponi, v. II, Roma, 1981, p. 14.
  • 3
    . Idem.
  • 4
    . G. Hegel,
    Scienza della Logica, tr. it. C Moni, riv. C Cesa, Bari, 1975, p. 52.
  • 5
    . Cf. G. Lukàcs,
    L'uomo e la democrazia, tr. it. A. Scarponi, Roma, 1987, p. 42.
  • 6
    . La frase di Lukàcs è tratta da un'intervista in Franco Ferrarotti,
    Colloquio con Lukàcs, Milano, 1975, p. 15.
  • 7
    . N. Tertulian, "Teleologìa e causalità nell'ontologia di Lukàcs", in
    Critica marxiste, fase. 5, 1980, Roma, p. 90.
  • 8
    . Aristotele,
    Metafìsica, Libro D, 1, 1003a-20, tr. it. A. Russo, Bari, 1971.
  • 9
    . G. Lukàcs,
    Conversazioni con W. Abendroth, H.H. Holz L. Kofler, tr. it. C. Pianciola, Bari, 1968, p. 17.
  • 10
    . I. Kant,
    Metafìsica del costumi, tr. it. G. Vidari, riv. N. Merker, Bari, 1989, p. 221.
  • 11
    . G. Lukàcs,
    Ontologia dell'essere sociale, cit., p. 19.
  • 12
    . Ibidem, p. 55-56.
  • 13
    . Karl Marx,
    Il Capitale, tr. it. D. Cantimori, Torino, 1975, p. 376.
  • 14
    . G. Lukàcs,
    Ontologia de Wessere sociale, cit., p. 51.
  • 15
    . G. Lukàcs,
    Ontologia dell'essere sociale, a cura di A. Scarponi, v. II, Roma, 1981, p. 79.
  • 16
    . G. Lukàcs,
    Il giovane Hegel e iproblemi della società capitalista, tr. it. R. Solmi, Torino, 1975, p. 757.
  • 17
    . Questi appunti consistono di 39 fogli manoscritti, utilizzati da Lukàcs come schede nella lettura della Fenomenologia.
  • 18
    . Il passo della
    Fenomenologia qui citato è rintracciabile nella tr. it. di E. De Negri, Firenze, 1976, vol. II, p. 251.
  • 19
    . G. Lukàcs,
    Il giovane Hegel e i problemi della società capitalista, cit., p. 671.
  • 20
    . G. Lukàcs, Prefazione a
    Storia e coscienza di classe, tr. it. G. Piana, Milano, 1978, p. XXVIII.
  • 21
    . Per un ulteriore approfondimento di questo problema rimando al mio saggio
    Fenomenologia e ontologia nel marxismo di Lukàcs. Dall'Ontologia de Wessere sociale a Storia e coscienza di classe in "Giornale di Metafìsica", 1986, a. VIII (n.s.), Gènova, p. 357-370); apparso poi in ungherese col titolo:
    "A tàrsadalmi lèt ontologiàja-tòla Tortenelem ès osztàlytudat-ig (Fenomenolgia ès ontologia mint a lukàcsi marxizmus kontinuitàsàns jegyei)" in
    MagyarFilozòìiai Szemle, tr. ungh. I. Feher, nº 4, 1987, p. 770-781.
  • 22
    . G. Lukàcs,
    Storia e coscienza di classe, cit., p. 2.
  • 23
    . G. Lukàcs,
    Sulla povertà di spirito, a cura di P. Pullega, Bologna, 1981, p. 149.
  • 24
    . Th. Mann, "Adesione al socialismo", in
    Opere, v. XII, Milano, 1958.
  • 25
    . La lettera è conservata presso l'Archivio Lukàcs di Budapest. Si ringrazia il direttore del TArchivio prof. Sziklai per l'autorizzazione ad usare tutto il materiale inèdito.
  • 26
    . Cfr. Gy. Mezei, "Lukàcs Guorgy filozòfiai etikàjàhoz",
    Vilagossà
    g, nº 11, november 1985, a. XXVI, Budapest,
    Doxa, nº 8, 1986, Budapest, p. 157-164.
  • 27
    . G. Lukàcs,
    Estètica, tr. it. A. Marietti Solmi, Torino, 1970, p. 535-536.
  • 28
    . Per comprendere quanto grande fosse la passione di Lukàcs per la politica prima e durante le vicende della rivoluzione del 1956 si veda l'intervista di Miklòs Vàsàrhelyi "György rhelyi Lukàcs nel '56", a cura di A. Infranca, in
    Il Ponte, n.4-5, luglio-ottobre 1987, a.XLIII, Firenze, p. 88-95.
  • 29
    . La lettera è già citata in A. Infranca, "Lukàcs e il domani delia democratizzazione" in
    Marxismo Oggi, nº 4, luglio, 1988.
  • 30
    . Aristotele,
    Metafisica, Libro A, 982 b 15-25.
  • Publication Dates

    • Publication in this collection
      28 Nov 2011
    • Date of issue
      Dec 1992
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