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DA ALTHUSSER AGLI ANNI TRENTA: LA FILOSOFIA MARXISTA IN FRANCIA TRA HEGELISMO E MATERIALISMO

FROM ALTHUSSER TO THE 1930S: MARXIST PHILOSOPHY IN FRANCE BETWEEN HEGELISM AND MATERIALISM

RIASSUNTO

L’articolo si propone di ricostruire la preistoria della riformulazione althusseriana del materialismo dialettico in chiave epistemologica. Attraverso lo studio del lavoro pionieristico svolto negli anni Trenta dagli intellettuali del Cercle de la Russie Neuve, si vuole cogliere, da un lato, in che misura la loro rilettura di Marx sulla base della filosofia hegeliana della natura, distinta dall’ontologizzazione engelsiana della dialettica, anticipi il pensiero althusseriano e, dall’altro, le ragioni della repressione con cui questo tentativo fu successivamente stroncato, anche a causa dello stesso Althusser. La conclusione è che una nuova alleanza tra l’epistemologia di Althusser e la filosofia di Hegel sarebbe in grado di ristabilire la portata propriamente politica dell’autonomia relativa della teoria, cioè di affrontare in modo nuovo il rapporto tra verità, storia e politica.

Parole chiave:
Althusser; Materialismo dialettico; Hegelismo; Epistemologia storica; Filosofia della natura; Marxismo

ABSTRACT

This article aims to reconstruct the prehistory of the Althusserian reformulation of dialectical materialism in an epistemological key. Through the study of the pioneering work carried out in the 1930s by the intellectuals of the Cercle de la Russie Neuve, the aim is to grasp, on the one hand, the extent to which their reinterpretation of Marx on the basis of the Hegelian philosophy of nature, as distinct from the Engelsian ontologizing of the dialectic, anticipates Althusserian thought and, on the other, the reasons for the repression with this attempt was subsequently crushed, also due to Althusser himself. The conclusion is that a new alliance between Althusser’s epistemology and Hegel’s philosophy would be able to re-establish the properly political scope of the relative autonomy of theory, i.e. to address the relationship between truth, history and politics in a new way.

Keywords:
Althusser; Dialectical materialism; Hegelism; Historical epistemology; Philosophy of nature; Marxism

Introduzione

Nella prima metà degli anni Trenta, alcuni intellettuali raccolti attorno al Cercle de la Russie neuve (CRN) intrapresero un progetto di studio, verifica e divulgazione dei principi fondamentali del marxismo, con lo scopo di introdurre in Francia il materialismo dialettico, inteso come «filosofia scientifica». Fino ad allora, infatti, il marxismo francese era rimasto circoscritto nei limiti della teoria economica e della lotta sindacale. Nel Partito comunista francese (Pcf) si era poi fatta strada l’esigenza, eminentemente politica, di far penetrare la dottrina di Marx negli ambienti accademici, al fine di consolidare l’alleanza con i ceti intellettuali. È alla luce di questa strategia che possiamo comprendere le forme e i contenuti specifici del programma di definizione filosofica e scientifica del marxismo. Il riferimento alla dialettica hegeliana appare centrale in questa prima appropriazione francese della filosofia marxista come teoria generale della conoscenza, che mira a definire le leggi universali della dialettica, valida per tutti di campi del sapere ae da applicare in tutte le scienze, comprese le scienze della natura. Il nome di Hegel, benché ancora assente nell’Università francese, avrebbe dovuto servire da garante nell’impresa che consisteva nel conferire al materialismo dialettico la dignità filosofica necessaria affinché potesse essere riconosciuto anche dagli intellettuali. Auguste Cornu, il «paisible héros solitaire» (Althusser, 2005, p. 17ALTHUSSER, L. «Sur le Jeune Marx». La Pensée, Nr. 96, mars-avril 1961. In: Pour Marx (1965). Paris: La Découverte, 2005.) al quale Althusser dedica il suo articolo Sur le Jeune Marx (p. 47), era membro del CRN e, nel suo studio sulla genesi del materialismo storico (1934), pone anch’egli l’accento sulla «fonte tedesca» del marxismo, mettendo in evidenza il ruolo che la filosofia di Hegel ebbe nella formazione del pensiero marxiano.

Tuttavia, nel secondo dopoguerra, nella prefazione a una nuova pubblicazione dei suoi studi sulla formazione del marxismo, Cornu estende la sua indagine sulla genesi del marxismo al rapporto tra Marx e il pensiero moderno (1948) e ritiene di dover giustificare l’ampio spazio che riserva ancora alla dialettica hegeliana, a discapito dell’altra fonte filosofica del marxismo tradizionalmente riconosciuta (Kautsky, 1947KAUTSKY, K. (1908). «Les Trois Sources du marxisme. L’oeuvre historique de Marx». Paris: Spartacus, 1947.), riconducibile alla tradizione francese. L’editore interviene nell’Avvertenza al lettore ricordando che il limite del volume, che consiste nel non affrontare se non marginalmente «il materialismo francese del XVIII sec. e il socialismo del XIX sec.», deriva da un progetto inziale incentrato sui rapporti tra Hegel e Marx (Cornu, 1948a, p. 18CORNU, A. [1936-1939]. «Marx et la pensée moderne. Contribution à l’étude de la formation du marxisme» Paris: Editions Sociales, 1948a.). Ritroviamo un’avvertenza simile in un altro articolo di Cornu, sull’alienazione in Hegel, Feuerbach e Marx (1948b), in cui il lettore viene nuovamente «messo in guardia da un’impressione che potrebbe suscitare una lettura superficiale del testo»: «mostrando tutto ciò che Marx ha preso in prestito dai suoi predecessori, e in particolare da Hegel», lo studio di Cornu rischia di ridurre la portata rivoluzionaria del marxismo e trascurare l’importanza del capovolgimento che Marx stesso afferma aver impresso alla dialettica hegeliana.

Nell’attribuzione di un primato all’una o all’altra fonte del marxismo, si esprimevano in realtà lotte ideologiche, che solo recentemente sono state riconosciute (Carlino, 2015CARLINO, F. «Sur l’introduction du matérialisme dialectique en France: le programme du Cercle de la Russie neuve dans le processus de formation du ‘rationalisme moderne’». Actuel Marx, Nr. 57, 2015.) e che affondavano le loro radici nel decennio precedente. Gli studi che negli anni Trenta erano incentrati sulla filiazione hegeliana, vengono ricollocati nel secondo dopoguerra in una nuova strategia. Ciò che andava ormai sottolineato era l’apporto della tradizione nazionale del razionalismo materialista nella formazione del marxismo e, di conseguenza, era necessario enfatizzare la rivoluzione impressa alla concezione della dialettica, dopo che Marx l’aveva rifondata sul materialismo. La riconfigurazione della gerarchia tra le fonti si traduce nell’attribuzione di un diverso statuto al marxismo: se il primato del riferimento alla dialettica hegeliana innervava la definizione di una epistemologia marxista, il cui compito consisteva nel definire le leggi della conoscenza, con il primato del riferimento al materialismo la dialettica marxista acquista valenza ontologica, descrivendo il movimento della realtà stessa e non più solo della conoscenza della realtà. Così si definisce quel razionalismo moderno, di cui La Pensée si presenta come l’organo, che altro non è che la traduzione francese del diamat staliniano. Con il processo di destalinizzazione, nella seconda metà degli anni Cinquanta, si apre una nuova fase in cui la filosofia marxista, cessando di essere teoria generale della natura, si avvicina a riflessioni di tipo morale e «diventa più umanista» (Vargas, 2018, p. 15VARGAS, Y. (eds). «Penser Hegel». Paris: Le temps des cerises, 2018.). Il riferimento a Hegel ritorna ad occupare una posizione cruciale, ma l’interesse si concentra ora sul tema dell’alienazione, che sembra poter servire da appoggio filosofico per la critica umanista allo stalinismo.

E’ in questa breccia aperta dal disgelo che Althusser interviene nel dibattito marxista, proponendo una critica di sinistra e non umanista allo stalinismo, attraverso una lettura allo stesso tempo epistemologica e anti-hegeliana dell’opera di Marx. Nelle pagine che seguono tenteremo di indicare alcune piste di ricerca che si delineano attraverso la considerazione delle risignificazioni, prima epistemologiche e poi ontologiche, del riferimento a Hegel nel corso degli anni Trenta, per gettare nuova luce sul significato dell’intervento althusseriano nei primi anni Sessanta.

Althusser e l’anti-hegelismo

È proprio nell’articolo dedicato a Cornu, apparso nella rivista del razionalismo moderno, La Pensée, che Althusser sostiene che lungi dal contenerlo, il marxismo volta le spalle a Hegel. La filosofia di Marx non è «l›enunciato della verità di ciò che è contenuto in Hegel» e il passaggio da Hegel e Marx non deve essere pensato sotto il segno di un «superamento dell’errore verso la verità». Il marxismo presuppone invece «una dissipazione dell’illusione e un ritorno indietro, dall’illusione dissipata verso la realtà» (Althusser, 1961, pp. 74-75). Questa posizione è legata alla celebre tesi della «rottura epistemologica» che costituisce il cuore degli articoli raccolti in Pour Marx (2005, p. 25). Rilevando nel 1845 un momento di cesura nell’opera di Marx, Althusser indica una rottura anche tra Marx e Hegel, tracciando così delle linee di demarcazione che toccano allo stesso tempo lo statuto del marxismo e il suo rapporto con la dialettica hegeliana. La metafora marxiana del rovesciamento – per cui la dialettica hegeliana, stando a testa in giù andrebbe necessariamente capovolta, «per scoprire il nocciolo razionale entro il guscio mistico» (Marx, 2011, p. 211MARX, K. “Il Capitale”. Libro I. Napoli: La città del sole, 2011.) – assurta a partire da Lenin (1913)LENIN, V. I. (1913). “Tre fonti e tre parti integranti del marxismo”. In: Opere Scelte. Roma: Editori Riuniti, 1965. a riferimento principale per descrivere l’eredità hegeliana nel marxismo, viene giudicata da Althusser del tutto inadeguata per render conto della rivoluzione operata da Marx e del suo rapporto con Hegel. Se Marx si fosse limitato a capovolgere la dialettica hegeliana, rimettendola in piedi, non avrebbe fatto altro che confermarne una «certa verità», poiché raddrizzando ciò che era capovolto, con una semplice rotazione dell’oggetto, non si cambia né la sua natura né il suo contenuto (Althusser, 2005, p. 70ALTHUSSER, L. «Sur le Jeune Marx». La Pensée, Nr. 96, mars-avril 1961. In: Pour Marx (1965). Paris: La Découverte, 2005.).

È su questo punto che si gioca la rottura che determina in un solo movimento la «doppia fondazione» di una scienza e di una filosofia (p. 25), con la quale Althusser fa riferimento alla distinzione canonizzata da Stalin (1938)STALIN, J. «Le matérialisme dialectique et le matérialisme historique» (Pravda, 12 septembre 1938). In: Histoire du Parti communiste (bolchevik) de l’URSS (précis rédigé par une commission du Comité central du P.C. (b) de l’URSS). Paris: Bureau d’éditions, 1939. tra i due aspetti che compongono l’unità della dottrina marxista – il materialismo storico (che corrisponde alla scienza) e il materialismo dialettico (che corrisponde alla filosofia) –, senza tuttavia render conto di questa ripresa paradossale di una dottrina, quella staliniana, contro la quale sta rivolgendo la sua critica. Inoltre, sin dalla Prefazione a Pour Marx, Althusser intende presentarsi come «solitario di fronte al mistero del capovolgimento» (Sève, 1997, p. 109SÈVE, L. «Althusser et la dialectique». In: RAYMOND, P. (eds.). Althusser philosophe. Paris: Puf, 1997.) e si rappresenta il campo in cui interviene come assolutamente vergine, caratterizzato dall’assenza di un’opera teorica. A parte Cornu, anch’egli «eroe solitario», e Georges Politzer, che non sarebbe andato oltre qualche «errore geniale», nessuna figura avrebbe potuto contrastare quel provincialismo che condannava il marxismo francese al «vuoto teorico» (Althusser, 2005, pp. 16-17ALTHUSSER, L. «Sur le Jeune Marx». La Pensée, Nr. 96, mars-avril 1961. In: Pour Marx (1965). Paris: La Découverte, 2005.). In realtà, non solo l’anti-hegelismo nel 1962 può essere ormai considerato come una «perfetta banalità» (Sève, 1997, p. 108SÈVE, L. «Althusser et la dialectique». In: RAYMOND, P. (eds.). Althusser philosophe. Paris: Puf, 1997.), ma nel marxismo francese, come vedremo più avanti, la riduzione della dialettica materialista a una dialettica hegeliana capovolta era stata rimessa in questione sin dagli anni Trenta, insieme con la continuità tra Hegel e Marx.

L’idea di un «vuoto teorico» sul quale sarebbe stato fondato il Pcf e l’assenza di un’«autentica tradizione marxista» nel movimento operaio francese (Althusser, 2005, pp. 15-16ALTHUSSER, L. «Sur le Jeune Marx». La Pensée, Nr. 96, mars-avril 1961. In: Pour Marx (1965). Paris: La Découverte, 2005.) sembrano corrispondere anzitutto al carattere inaugurale che Althusser vuole imprimere al suo intervento. E questo anche al prezzo di negare non solo una parte del marxismo filosofico francese, rispetto al quale è costretto nondimeno a definire la sua posizione, ma anche il proprio ruolo all’interno di un dibattito, come quello sull’uso borghese o reazionario di Hegel (1994), che è indissociabile dalla sua tesi della rottura epistemologica, la cui posta in gioco riguarda proprio il modo in cui si pone il rapporto tra Marx e Hegel.

Occorre riferirsi a diverse ragioni specifiche, di ordine politico o strategico, per spiegare il carattere inaugurale che Althusser attribuisce alla sua lettura di Marx, pur rimanendo fedele, almeno fino alla metà degli anni Sessanta, alla terminologia della tradizione marxista. Mi limiterò qui a segnalare alcuni aspetti della prima recezione del materialismo dialettico in Francia, che l’autore di Pour Marx sembra dimenticare e che invece giocano un ruolo nella genesi della congiunzione tra epistemologia e anti-hegelismo di cui Althusser si attribuisce la paternità. Si può dischiudere in questo modo una nuova prospettiva sul rapporto complesso tra la concezione althusseriana della causalità marxiana e la dialettica hegeliana. Come diversi studi hanno già mostrato (Bourgeois, 1997BOURGEOIS, B. «Althusser et Hegel». In: RAYMOND, Pierre (eds.). Althusser philosophe. Paris: Puf, 1997.; Sève, 1997SÈVE, L. «Althusser et la dialectique». In: RAYMOND, P. (eds.). Althusser philosophe. Paris: Puf, 1997.; Rametta, 2012; Lo Iacono, 2015LO IACONO, C. “Introduzione”. In: ALTHUSSER, L. Il contenuto in Hegel. Milano: Mimesis, 2015.), non si tratta di un rapporto di semplice opposizione.

Nei suoi antecedenti storici, non riconosciuti, potrebbero quindi essere individuati i presupposti teorici della lettura althusseriana di Marx. La negazione di questi antecendenti apparirebbe così come il risultato e allo stesso tempo l’operatore di un processo storico del quale le tesi di Pour Marx e Lire le Capital farebbero parte. L’origine di questo oblio risale infatti agli inizi degli anni Trenta, al momento in cui, attraverso le lotte ideologiche attorno al rapporto di Marx con Hegel, si è formato il campo teorico-politico in cui l’espistemologia althusseriana, proprio negandone il processo di formazione, ha potuto sorgere. Vedremo infatti che l’accusa di stalinismo, che sarà rivolta nel secondo dopoguerra a questo primo marxismo filosofico, e che l’althusserismo contribuirà a fissare e generalizzare, finisce per lasciare nell’ombra tutta una parte delle correnti che lo costituivano. Il programma di ricerca iniziale, sostenuto da questa parte del marxismo francese degli anni Trenta che non può essere ridotta allo stalinismo, proponeva una lettura epistemologica di Marx e si richiamava allo stesso tempo alla dialettica hegeliana. Si delineava così un abbozzo di epistemologia storica che, nonostante il suo ricorso alla filosofia di Hegel, avrebbe dovuto attirare l’interesse di Althusser.

Il carattere anti-hegeliano del programma epistemologico althusseriano presenta quindi un carattere paradossale: l’uso che i primi marxisti francesi fecero di Hegel sembra anticipare la lettura epistemologica althusseriana, la quale tuttavia, senza fare riferimento ai suoi antecedenti storici, in quanto si autorappresenta come inaugurale, si definisce in opposizione a Hegel. Per questo motivo, una messa in relazione tra, da un lato, il marxismo francese degli anni Trenta ricostruito nella sua complessità, e dall’altro la posizione di Althusser negli anni Sessanta ricollocata all’interno della storia del materialismo dialettico in Francia, può contribuire a gettare nuova luce su una delle contraddizioni maggiori del percorso althusseriano – il quale, certamente, fa del rigetto dell’hegelismo un punto strategico essenziale, ma al contempo non cessa mai di confrontarsi filosoficamente con Hegel (Sève, 1997SÈVE, L. «Althusser et la dialectique». In: RAYMOND, P. (eds.). Althusser philosophe. Paris: Puf, 1997.). In altri termini, nella misura in cui la sua epistemologia si basa su un antihegelismo ideologico che nasconde un certo hegelismo teorico, Althusser reagisce a una precisa eredità nazionale, la quale ha legato ogni tentativo di pensare una teoria della conoscenza attraverso Hegel all’articolazione, propria della versione francese del diamat, della ripresa della dialettica come metodo con un’ontologia fondata sul materialismo illuministico. In questa reazione, egli non può tuttavia richiamarsi – poiché ne nega l’esistenza – alla corrente che precede l’uso ontologico della dialettica hegeliana e che agli inizi degli anni Trenta aveva tentato di elaborare una filosofia marxista precisamente a partire da un’appropriazione e una rielaborazione della dialettica hegeliana su un piano epistemologico.

Possiamo quindi affermare, con André Tosel (2001)TOSEL, «A. Matérialisme, dialectique et ‘rationalisme moderne’. La philosophie des sciences à la française et le marxisme (1931-1945)». In: MATTEI, J. F. (eds.). Philosopher en français. Langue de la philosophie et langue nationale, (actes du colloque Nice 1999). Paris: Puf, 2001., che l’opera di Althusser ha potuto apparire per un momento come una ripresa adeguata del programma proprio del marxismo francese degli anni Trenta, pur riconoscendo la sua responsabilità nella rimozione di alcuni dei suoi elementi, come l’uso epistemologico di Hegel. La presa in conto degli sbocchi della lotta tra le diverse correnti nel primo dopoguerra e della conseguente trasformazione delle poste in gioco iniziali le cui tracce sono in seguito state cancellate, può infatti spiegare il senso sia della disgiunzione tra hegelismo ed epistemologia operata da Althusser, sia della trasformazione di questa disgiunzione in rigetto radicale del marxismo francese degli anni Trenta accompagnato da una sua ripresa incosciente o dissimulata. È dunque ora necessario percorrere rapidamente la traiettoria di questo processo di introduzione e di rielaborazione del materialismo dialettico in Francia, al fine di cogliervi i punti di inversione in cui si fissa l’immagine semplificata, se non mistificata, del marxismo à la française rispetto alla quale la posizione di Althusser prende forma.

Il momento cruciale per la formazione di questa immagine risale alla pubblicazione, nel 1935, di una raccolta di saggi, elaborati a partire da una serie di conferenze tenutesi nel quadro delle attività di un gruppo di intellettuali “filo-sovietici”, il CRN, generalmente considerato come il luogo di origine della declinazione del materialismo dialettico come “razionalismo moderno”. Questo programma di ricerca, sostenuto da diverse iniziative sempre più legate al Partito, si sviluppa fino alla fondazione, nel 1939, de La Pensée, che sarà nel secondo dopoguerra una delle riviste di riferimento nel dibattito marxista suelle questioni culturali e scientifiche, e la cui importanza per Althusser è nota – fu infatti La Pensée che pubblicò alcuni dei suoi articoli che vennero poi raccolti in Pour Marx. Tra questi, l’articolo Sur le jeune Marx, che abbiamo già evocato, trae origine da una polemica scaturita dalla pubblicazione di alcuni lavori sul Giovane Marx in una rivista (Recherches internationales à la lumière du marxisme) che negli anni Cinquanta riprende il titolo della raccolta del 1935, A la lumière du marxisme (ALM).

Il legame innegabile dei lavori di ALM con il marxismo ontologico, antropologico e in seguito umanista, del secondo dopoguerra, e con alcune derive come quelle del lyssenkismo, ha contribuito a rendere illegibile il carattere specifico del programma originario della Commissione scientifica del CRN, ma anche a lasciare nell’ombra le pressioni subite nel corso di un decennio che hanno determinato quel riorientamento delle ricerche che ha portato alla definizione del razionalismo moderno e alla fondazione de La Pensée.

Marx, Hegel e Comte

Sul finire degli anni Venti, i primi animatori del CRN si proponevano di istruirsi sulla cultura sovietica e di farla conoscere in Francia, principalmente attraverso l’organizzazione di dibattiti pubblici e la proiezione di film. In seguito, a partire dal 1932, grazie anche all’impegno crescente di accademici noti, come Paul Langevin e Henri Wallon, il lavoro del gruppo si precisa, per concentrarsi sullo studio di un marxismo che non si riduca alla lotta politica o all’analisi economica: un marxismo filosofico la cui elaborazione era presupposta essere già avanzata in Unione sovietica, ma ancora inesistente in Francia. Trent’anni prima che Althusser denunciasse l’assenza di contributi teorici nel movimento operaio francese, si era già diffusa l’idea che in Francia il marxismo, non andando al di là del sindacalismo e dell’economicismo, fosse in ritardo rispetto ad altri paesi e che occorresse dotarsi, affinché il lavoro teorico dei militanti comunisti fosse riconosciuto, di strumenti filosofici che soli avrebbero potuto fornire sia la garanzia del valore scientifico dell’opera di Marx, sia di conseguenza il suo diritto di cittadinanza nell’Università. Solo così sarebbe stato possibile avviare un processo di penetrazione nelle istituzioni.

È nel quadro di questa strategia che il nome di Hegel, in questa raccolta come in altre pubblicazioni dello stesso periodo (Lefebvre, 1932aLEFEBVRE, H. «Une lettre de M. Jean Wahl; Sée, Challaye et Alain sur la philosophie de Hegel”. L’Université syndicaliste, Nr. 4 (V), janvier 1932a., bLEFEBVRE, H. «Introduction à Les problèmes de la dialectique matérialiste». L’Université syndicaliste, Nr. 5 (V), février 1932b., cLEFEBVRE, H. «Notre enquête sur Hegel». L’Université syndicaliste, Nr. 8 (V), mai 1932c.; Lefebvre; Guterman, 1938LEFEBVRE, H.; GUTERMAN, N. «Introduction». In: LENIN, V. I. Cahiers sur la dialectique de Hegel. Eds. N. Guterman, H. Lefebvre. Paris: Gallimard, 1938.-1939LEFEBVRE, H. “Introduction”. In: HEGEL. Morceaux choisis. Eds N. Guterman, H. Lefebvre. Paris: Gallimard, 1939.; Maublanc, 1935), appare strettamente legato a quello di Marx: a metà strada tra i due mondi, quello universitario in virtù del suo valore filosofico, e quello militante in virtù del suo potenziale critico nei confronti della tradizione nazionale, la dialettica hegeliana era in effetti percepita come lo strumento più efficace di appropriazione del marxismo da parte degli accademici che si avvicinavano al marxismo.

Gli autori della raccolta1 1 È opportuno precisare che i due volumi di ALM si compongono di saggi di valore ineguale, che fanno ricorso a metodologie diverse e giungono a conclusioni talvolta contradditorie. Per maggiori dettagli, si veda la tesi di Carlino dedicata all’introduzione del materialismo dialettico in Francia (2014). Se qui non si dà conto di tutte le differenze interne, anche al CRN, è non solo per limiti di spazio, ma anche perché, ai fini del presente lavoro, importa anzitutto sottolineare come la diversità dei punti di vista sia da ricondurre al senso stesso del programma comune, condiviso e supportato non solo da Wallon, che ha supervisionato e garantito l’unitarietà di ALM, ma anche dai saggi principali presi in esame, di Labérenne e di Maublanc. tentano di articolare la definizione del marxismo, in quanto filosofia, alla storia delle scienze, stabilendo così un nuovo rapporto, di cui si intendeva mettere in rilievo il carattere politico, tra la pratica scientifica, la teoria marxista della conoscenza e le condizioni sociali del loro sviluppo congiunto. Lungi dal potersi ridurre allo studio di qualche testo di divulgazione proveniente dall’Unione sovietica e all’applicazione delle leggi che vi si trovano enunciate, l’apprendimento del materialismo dialettico era affrontato sulla base di un programma di ricerca aperto e fondato sull’esperienza propria di ogni disciplina. In seguito alla divisione del CRN in diverse Commissioni, nella fase preparatoria che precede la pubblicazione della raccolta del 1935, lo strumento privilegiato è infatti l’inchiesta, nella forma di questionari, redatti da ognuno dei gruppi composti da specialisti, inviati non solo in un primo tempo in Unione sovietica, ma in seguito indirizzati anche agli scienziati francesi e discussi all’interno delle Commissioni e presentati infine nel corso di riunioni plenarie. I risultati, scrive Wallon nel testo che apre la raccolta (1935, pp. 9-11), mostrano che la pretesa libertà scientifica non è altro che un’illusione, a causa dei vincoli cui è sottoposta la scienza, quali i programmi di concorso, gli interessi economici e militari e i residui ideologici. Infatti, ciò che è chiamato in questa introduzione «sovrastrutture ideologiche», al plurale, funziona come un insieme complesso di istanze materiali che legano la teoria scientifica a determinate condizioni sociali e costituisce l’operatore attraverso il quale si mostra il carattere storico e politico delle scienze. Se queste sovrastrutture sono «inconcepibili senza l’azione dell’uomo» e quindi senza il «regime attuale di produzione» sul quale si fondano, è a causa del fatto che «esse ne sono reciprocamente un elemento e un fattore necessario che reagisce sull’insieme, che gli confererisce la sua fisionomia e che produce in particolare nuovi bisogni e nuovi scopi». Non si tratta quindi di una semplice azione en retour: gli scarti tra l’ideologia e la struttura possono comportare anche la possibilità di un’azione non meccanicamente reattiva, ma piuttosto autonoma e originaria, dell’ideologia: «lungi dall’essere superflue e necessariamente in ritardo, le sovrastrutture possono incitare al contrario l’azione a rompere con il passato. Sfuggendo all’inerzia del regime instaurato, possono anticipare sull’avvenire» (Wallon, 1935, p. 13WALLON, H. et al. «À la lumière du marxisme». T. I. Paris: Éditions sociales internationales, 1935.).

Certo, la problematizzazione così formulata del rapporto tra struttura e sovrastruttura, con l’affermazione che ne consegue di indipendenza relativa e di efficacia specifica delle ideologie, non può essere ricondotta alla critica althusseriana della metafora dell’edificio né alla tesi dell’autonomia relativa della teoria. In primo luogo, perché gli autori di ALM non prendono in conto nessuna distinzione tra scienza e ideologia, né tra le diverse sovrastrutture, di cui sottolineano nondimeno la pluralità. Inoltre, situano l’azione delle ideologie e delle scienze su una linea progressiva teleologicamente orientata, in cui ciò che il progresso delle teorie anticipa in relazione al progresso reale è già presupposto dal loro sviluppo precedente. Questo potere di anticipazione si giustifica in fin dei conti grazie all’idea di azione reciproca, di origine engelsiana, tra struttura e sovrastruttura, fondata sulla reversibilità delle cause e degli effetti: «tra gli effetti e le cause, l’azione è reciproca. Ciò che è effetto può essere allo stesso tempo causa» (Wallon, 1935, p. 13WALLON, H. et al. «À la lumière du marxisme». T. I. Paris: Éditions sociales internationales, 1935.). Invece, il tentativo di elaborazione del concetto di azione relativamente autonoma delle istanze sovrastrutturali sulla struttura, benché inscritta nella tesi dell’azione reciproca e non lineare, sembra maggiormente avvicinarsi a una forma di epistemologia che non è incompatibile con quella che Althusser tenterà di integrare nel materialismo storico. Il riferimento degli autori del CRN sarà tuttavia Hegel, introdotto con l’intermediazione di Léon Brunschwicg per quanto riguarda la storicizzazione delle scienze, e di Emile Meyerson, per quanto riguarda l’approccio epistemologico alla dialettica della natura.

È ciò che fanno il matematico Paul Labérenne e il filosofo René Maublanc, autori di due saggi che aprono rispettivamente le sezioni «Scienze e tecniche» e «Metodo dialettico e materialismo» che compongono il primo volume di ALM. L’ordine che ne consegue, che antepone le analisi della storia delle scienze all’esposizione del metodo, esprime già con chiarezza il rifiuto di concepire il metodo come un insieme di leggi già stabilite, da applicare dall’esterno alla pratica scientifica, affermando invece la sua indissociabilità dalle procedure scientifiche e dalla loro successione storica.

Nel suo saggio su «Matematiche e tecniche», Labérenne (1935) mira a mostrare che «la scienza non esiste al di fuori delle classi e della vita economica», che «non è neutra», come non sono neutre neanche le scienze «più astratte come le matematiche» (ibidem, p. 37). E sostiene che sia la «portata costruttiva» che Hegel, nell’interpretazione che ne dà Brunschvicg, assegna alla storia delle scienze, che consentirebbe di pensare la storicità dello sviluppo delle scienze che è alla base della loro non-neutralità. Labérenne riprende così dal razionalismo idealista ed hegelianizzante di Brunschvicg l’idea per cui «il pensiero scientifico non può essere [...] interamente spiegato senza considerare tutti gli elementi che caratterizzano la società in cui esso si produce». Per questo motivo, «la storia della scienza dipende intimamente dalla storia tout court» (ibidem, p. 22). Il solo limite di Brunschvicg, e indirettamente quindi di Hegel, riguarderebbe la concezione idealista di una descrizione dinamica della storia delle scienze che sarebbe, una volta rimessa sui suoi piedi, del tutto corretta. Infatti, tra gli storici delle scienze sovietici e Bruschvicg, scrive ancora Labérenne, ci sarebbe una sola differenza essenziale:

quella che separa la dialettica marxista dalla dialettica hegeliana. Mentre Brunschvicg, in merito alla storia delle matematiche, parla di un “dinamismo inerente alla ragione” che porterebbe la scienza sin dalle sue prime attività “al di là dei limiti del sapere positivo”, e parla di un pensiero scientifico “esempio di disinteresse e di chiarezza”, l’idea essenziale dei marxisti russi è che “i metodi di produzione dell’esistenza materiale condizionano il processo sociale, politico e intellettuale della vita e della società”. Al primato dell’idea pura, caro a Hegel, Marx sostituisce il primato della materia (ibidem, pp. 22-23).

L’idea che ciascuna istanza sovrastrutturale sia dotata di efficacia propria si lega così alla concezione brunschvicghiana, ma riferita a Hegel, del carattere dinamico delle scienze. Sarebbe sufficiente rendere materialista questo dinamismo, trasponendo nella realtà concreta ciò che è originariamente, secondo Labérenne, pensato da Hegel come inerente unicamente all’ordine della ragione. Se è vero che «non bisogna mai dimenticare che ogni sovrastruttura ha le sue proprie leggi di sviluppo e che può a sua volta reagire sulla struttura che la condiziona», si rivela essere ancor più necessario, anche per le matematiche, «lo studio dei fenomeni nel loro insieme, non solo dal punto di vista dei loro legami apparenti a un istante determinato, ma anche e soprattutto dal punto di vista del loro sviluppo storico, non dal punto di vista “statico”, ma dal punto di vista “dinamico”» (ibidem, p. 25). La tesi dell’azione reciproca, legata alla dialettica hegelo-brunschvincghiana che regge l’evoluzione delle scienze, comporta così la storicizzazione della loro autonomia relativa. E poiché la storicità che costituisce le teorie scientifiche, lungi dall’essere puramente interna al loro sviluppo, concerne la totalità storica, e dipende dunque dalla base economica che è determinante in ultima istanza, la storicizzazione dell’autonomia delle scienze rende possibile allo stesso tempo la sua politicizzazione. Non solo, quindi, ciò che Wallon evocava con la non-neutralità delle scienze, che discende dalla loro storicità, non è in contraddizione con il valore generale della loro razionalità interna, ma nel programma di ALM emerge anche il tentativo di presentare l’autonomia delle scienze come la forma stessa del loro carattere al contempo storico (inscritto nella storia come totalità), politico (dipendente dalla lotta di classe) e universale (relativo alla razionalità nella storia concreta).

Questa continuità tra il programma inizialmente portato avanti dal CRN e quello di Pour Marx e Leggere il Capitale può forse aiutarci a comprendere meglio la ragione per cui Althusser (1964)ALTHUSSER, L. «Présentation». In: MACHEREY, P. La philosophie de la science de Georges Canguilhem. Épistémologie et histoire des sciences. La Pensée, Nr. 213, janvier-février 1964. In: Penser Louis Althusser. Paris: Le Temps des Cerises, 2006. scelga di aprire un testo che mira a stabilire un nesso tra l’epistemologia storica francese il materialismo storico con un omaggio a Paul Langevin, fisico teorico e figura di spicco della Commissione scientifica del CRN. In questo testo di presentazione di un articolo di Pierre Macherey, a partire da una citazione di Comte che «Canguilhem non smentirebbe» (ibidem, p. 28), Althusser delinea, come scrive Andrea Cavazzini (2015, p. 130)CAVAZZINI, A. «Althusser/Bachelard: une coupure et ses enjeux». Revue de Synthèse. Vol. 136, 1, 2015. «una filosofia storica delle scienze che lo reimmerge nell’insieme delle forme della società umana». Alla fine della citazione, Comte conclude che «non si può conoscere la vera storia di ogni scienza [...] senza studiare, in modo generale e diretto, la storia dell’umanità» (Althusser, 1964, p. 28ALTHUSSER, L. «Présentation». In: MACHEREY, P. La philosophie de la science de Georges Canguilhem. Épistémologie et histoire des sciences. La Pensée, Nr. 213, janvier-février 1964. In: Penser Louis Althusser. Paris: Le Temps des Cerises, 2006.). La posta in gioco di questa inscrizione delle scienze in un orizzonte storico è la storicizzazione completa della verità scientifica (cf. Cavazzini, 2006, p. 91CAVAZZINI, A. “Razionalità e storia nell’opera di Auguste Comte. Per un’archeologia dell’epistemologia francese”. In: CAVAZZINI, A., GUALANDI, A. (eds.). L’epistemologia francese e il problema del trascendentale storico. Discipline filosofiche. Macerata: Quodlibet, 2006.). Anche per gli scienziati del CRN, questa storicizzazione mirava a tenere insieme la razionalità propria di ogni scienza e il loro nucleo intrattabile, in ultima istanza politico (cf. Cavazzini, 2015, p. 121CAVAZZINI, A. «Althusser/Bachelard: une coupure et ses enjeux». Revue de Synthèse. Vol. 136, 1, 2015.). Nel programma di ALM, Comte occupa, con Hegel, un posto importante tra i precursori della dialettica materialista, arrivando a proporre un’alleanza tra Marx e il positivismo, che verrà aspramente criticata (Werth, 1935WERTH, N. «Compte-rendu d’A la lumière du marxisme». Europe, XXXIX, Nr. 155, 1935.; Razumovskij, 1936RAZUMOVSKIJ, I. P. «A la lumière du marxisme». Commune, Nr. 31, mars 1936.). A Comte saranno inoltre dedicati due saggi nel secondo tomo della raccolta: Lucie Prenant su Marx et Comte e Paul Labérenne sull’Efficacité politique et sociale du positivisme et du marxisme (Wallon et al., 1937WALLON, H. et al. «A la lumière du marxisme». T. II. Paris: Editions sociales internationales, 1937.). René Maublanc in particolare aveva già affermato, nella sua risposta al questionario di Lefebvre (1932c, p. 3)LEFEBVRE, H. «Notre enquête sur Hegel». L’Université syndicaliste, Nr. 8 (V), mai 1932c. una continuità forte tra la dialettica dei costumi di Comte, la filosofia hegeliana e il materialismo dialettico. Inoltre, per dimostrare il carattere rivoluzionario della dialettica di Hegel, Maublanc sottolinea la rottura che sarebbe intervenuta tra la tradizione materialista e il marxismo, evocando la concezione comtiana della storia delle scienze: se «il materialismo marxista non ha nulla a che vedere con il materialismo [...] del XVII secolo», è perché quest’ultimo pretende, come ricorda Comte, di spiegare il superiore con l’inferiore, mentre «la sintesi, nel materialismo dialettico, non è mai contenuta interamente nei momenti che sono stati superati, ma porta con sé una realtà più elevata, che ha le sue proprie leggi» (ibidem, p. 122).

Non è quindi solo l’eredità di Comte e di Bruschvicg, rilevabile sia nella tradizione epistemologica francese sia in alcuni autori del CRN, che consente di stabilire un’analogia tra la concezione althusseriana della pratica teorica e il programma di ALM. Anche Hegel, associato a Comte, gioca un ruolo fondamentale, in particolare poiché sembra poter fornire gli elementi concettuali richiesti per legare la concezione della storia come totalità dialettica alle questioni epistemologiche sollevate dall’affermazione della natura storica della conoscenza della totalità. Infatti, nei primi scritti di Althusser (1947)ALTHUSSER, L. (1947). «Du contenu dans la pensée de G.W.F. Hegel». In: Écrits philosophiques et politiques, t. I. Paris: Stock/IMEC, 1994., se da un lato troviamo già Marx come riferimento per un nuovo trascendentale (Raimondi, 2014RAIMONDI, F. “Verità e politica in Althusser: genesi di una problematica (1947-1956)”. Consecutio temporum, Nr. 7, Novembre 2014.), all’interno di una problematica che mira alla costruzione di una scienza della storia suscettibile di articolare verità e politica, dall’altro è il sistema hegeliano che, avendo incorporato la storia nel concetto, fornisce il punto di partenza di questo trascendentale storico, lasciandogli in eredità i frammenti della sua decomposizione (la scienza e la politica) provocata dall’azione della storia stessa (Rametta, 2012, p. 112).

È insomma proprio in Hegel che Althusser ritrova gli elementi essenziali che gli consentiranno di vedere nell’opera di Marx la costruzione di una nuova epistemologia. Infatti, se Althusser (1947, p. 212)ALTHUSSER, L. (1947). «Du contenu dans la pensée de G.W.F. Hegel». In: Écrits philosophiques et politiques, t. I. Paris: Stock/IMEC, 1994. può definire il trascendentale storico come «politico o scientifico», come un trascendentale che «è al contempo a priori, in quanto condizione di ogni evento, ma anche a posteriori in quanto non è mai dedotto, ma trovato», è solo nell’orizzonte di una storia concepita come «condizione a priori di ogni impresa» e «totalità condizionante che dà un senso all’attività rivoluzionaria come alla ricerca scientifica». Questo legame, che permette di mettere in valore il carattere al contempo politico e scientifico dell’epistemologia storica, non può stabilirsi se non attraverso ciò che Althusser (1947, pp. 212-213)ALTHUSSER, L. (1947). «Du contenu dans la pensée de G.W.F. Hegel». In: Écrits philosophiques et politiques, t. I. Paris: Stock/IMEC, 1994. considera come «l›acquisizione maggiore che dobbiamo a Hegel», che rimaneva inaccessibile alla filosofia kantiana: «il tempo non solo come forma a priori, ma come elemento di ogni forma», cioè la storia. Liberato il sistema hegeliano dalle interpretazioni che lo piegano nella direzione della «fine della storia», dell’«eternità dei significati», della «circolarità assoluta del reale», la storia in Hegel «diventa elemento generale nel quale abbiamo il movimento e la vita, trascendentale concreto, il solo luogo in cui nascono gli esseri e i sensi, che ci condiziona e ci determina». La ragione stessa cessa di essere una facoltà, per divenire una struttura storica che sorge dai conflitti sociali reali, organicamente legata alla totalità storica data, interna alla storia. Ne consegue che il trascendentale hegeliano, essendo esso stesso totalità storica concreta, deve essere concepito come Ragione. Ciò che dobbiamo a Hegel, scrive ancor più esplicitamente Althusser (1947, pp. 213-214)ALTHUSSER, L. (1947). «Du contenu dans la pensée de G.W.F. Hegel». In: Écrits philosophiques et politiques, t. I. Paris: Stock/IMEC, 1994., è non solo una «concezione della storia come elemento fondamentale e totalità significante», ma anche l’identificazione della «natura razionale di questa totalità con la natura della totalità umana».

Ora, il trascendentale così concepito rimane astratto e occorrerà aspettare l’intervento di Marx perché diventi davvero storico e se ne possa cogliere il valore politico-scientifico. Tuttavia, questo limite riconosciuto da Althusser non sembra discendere necessariamente dal sistema di Hegel, ma piuttosto da una imperfezione accidentale. Il problema è che «Hegel non ha tratto la conseguenza maggiore» della sua concezione della storia in quanto trascendentale. È quindi traendo le conclusioni da quanto già posto da Hegel che Marx potrà andare al di là dell’affermazione vuota e astratta della «totalità umana storica» come «totalità di riferimento» e «condizione a priori di ogni attività umana», apportando «la tavola delle categorie umane, che governano il nostro tempo, nella struttura fondamentale della totalità umana», richiesta dal trascendentale storico così come la tavola kantiana delle categorie è richiesta dalla dominazione dell’Io trascendentale.

Per Althusser (1947)ALTHUSSER, L. (1947). «Du contenu dans la pensée de G.W.F. Hegel». In: Écrits philosophiques et politiques, t. I. Paris: Stock/IMEC, 1994., questa analitica trascendentale è dunque fornita da Marx nel Capitale, ma tutta l’analisi che precede mira a mostrare come fosse già presente, benché solo in potenza, nella concezione hegeliana della totalità storica. Inoltre, anche il «contenuto concreto» che il Capitale conferirebbe alla totalità storica hegeliana non sarebbe sufficiente per pensare fino in fondo la storia come trascendentale: «resta un lavoro enorme da fare, di ricerche epistemologiche da compiere, per stabilire la tavola delle categorie scientifiche moderne», senza dimenticare che questa lista di categorie è anch’essa astratta se non si riesce a stabilire «la relazione tra le categorie epistemologiche e le categorie economico-sociali che le comandano» (ibidem, p. 215).

Questi propositi conclusivi della tesi di Althusser sembrano annunciare le ricerche che la sua lettura del Capitale avrebbe dovuto contribuire a sviluppare nella prima metà degli anni Sessanta; ma riprendono anche, come abbiamo visto, alcuni aspetti del programma della Commissione scientifica del CRN. I due progetti si riferiscono, inizialmente, alla filosofia hegeliana come luogo di origine del trascendentale storico marxiano, che solo consentirebbe di sviluppare studi dialettico-materialisti sul contenuto concreto della totalità storica, sulla base del rapporto tra le categorie utilizzate e le condizioni materiali nelle quali queste sono forgiate. Questo implica per entrambi che la natura, l’oggetto e il metodo della scienza, quindi la realtà, così come il processo di conoscenza e la teoria di questo processo, siano allo stesso titolo delle realtà storiche. E tuttavia, è nella direzione di una negazione di questo tipo di filiazione, sul piano epistemologico, del materialismo dialettico dalla dialettica hegeliana, per ricondurre il marxismo a una ontologia basata sulla tradizione razionalista e materialista francese, che le ricerche di ALM si svilupperanno nella seconda metà degli anni Trenta, contribuendo così a forgiare l’immagine del CRN di cui il Pcf si approprierà, canonizzandola nel secondo dopoguerra. E sarà in opposizione a ogni hegelismo che Althusser riprenderà la tradizione epistemologica francese, rimuovendo così il proprio tentativo, solidale con quello dei primi teorici marxisti in Francia, di riconnettere questa tradizione alla concezione hegeliana della totalità storica.

In entrambi i casi, il capovolgimento dello statuto teorico di Hegel deriva dal cambiamento della sua funzione ideologica: se la dialettica hegeliana si vede sempre più negare ogni funzione positiva nella costruzione dei presupposti epistemologici del Capitale, è perché si è legata, nel corso degli anni Trenta, al programma di inscrizione della versione ontologica del marxismo nella tradizione nazionale, ed era stata per questo motivo ridotta da Althusser, a partire dagli anni Cinquanta, ai suoi usi borghesi, conservatori o reazionari.

Inversione e rimozione

L’analisi delle recensioni al primo volume di ALM mostra che, nei mesi che seguono la pubblicazione, l’affermazione del rapporto di filiazione diretta tra Hegel e Marx era individuato come il fulcro del progetto del CRN. Alcuni autori sostengono l’importanza strategica di questo legame, che strappava il marxismo alla sola lotta politica collocandolo in una dimensione filosofica, e più particolarmente epistemologica, in cui l’istanza politica, lungi dall’essere esclusa, si trovava incorporata ai presupposti del lavoro teorico stesso. Altri rigettano il progetto poiché considerano questo legame frutto di un’appropriazione illegittima. La centralità della questione non sfugge al controllo sovietico. In una recensione con chiari intenti prescrittivi, uno degli autori del celebre Manuale sovietico di materialismo storico e dialettico (Razumovski, 1936) interviene per fare l’elogio del lavoro svolto dagli «apprendisti» francesi, ma muove una critica in merito all’hegelismo che attraversa il lavoro. Maublanc in particolare, facendo della dialettica materialista una semplice ripresa della dialettica hegeliana, non avrebbe potuto comprendere «l›opposizione radicale che esiste tra il metodo materialista di Marx e la dialettica idealista di Hegel» (ibidem, p. 861).

Tuttavia, affermando l’indipendenza di Marx nei riguardi di Hegel, Razumovskij non anticipa in alcun modo la tesi di una rottura epistemologica. Il suo scopo è piuttosto spingere gli intellettuali francesi a seguire una «via nazionale» allo studio e alla diffusione della teoria marxista: la separazione tra l’idealismo hegeliano e il marxismo va di pari passo con l’accentuazione del ruolo del pensiero francese nell’«evoluzione filosofica di Marx», la cui fonte maggiore, trascurata nel lavoro del CRN, sono «le teorie rivoluzionarie dei materialisti francesi e il socialismo utopico francese ad esse strettamente legato» (ibidem, p. 861)2 2 Per comprendere le contraddizioni nell’appropriazione del marxismo sovietico da parte del CRN, occorrerebbe considerare anche l’influenza che hanno avuto gli interventi di B. Hessen e N. Bucharin al Secondo Congresso delle Scienze e delle tecniche di Londra, raccolti in Science on the Cross Roads (1931). Per ragioni di spazio, si rimanda al lavoro di I. Gouarné (2013, pp. 111-113). .

Alcuni autori reagiscono difendendosi da queste accuse e non sembrano disposti a seguire acriticamente la linea indicata (Maublanc, 1936MAUBLANC, R. «A la lumière du marxisme - réponse à quelques critiques». Commune, Nr. 33, mai 1936.). Ciononostante, constatiamo che da quel momento in poi lo sviluppo del programma della Commissione scientifica del CRN prosegue precisamente sulla strada indicata da Razumovskij. L’articolo che segna la fine dell’esperienza di ALM, apparso nell’ultimo numero della rubrica eponima della rivista Commune, che ne presentava regolarmente i lavori e i dibattiti che ne scaturivano, si riduce a un elogio incondizionato della politica staliniana della «via nazionale» (Bruhat, 1937BRUHAT, J. «La question nationale». Commune, N. 50, ottobre 1937.).

Il radicamento del marxismo nella tradizione francese diventa sempre più profondo, tanto che la genesi del marxismo si trova collocata su una linea continua che da Descartes, passando per Voltaire, arriva fino a Marx, per sfociare infine, attraverso Stalin, nelle ricerche di Paul Langevin e nella fondazione della rivista del “razionalismo moderno”, La Pensée, che rappresentava il compimento di questo percorso. D’altra parte, l’attacco condotto contro le letture hegelianizzanti si generalizza e diversi tentativi di appropriarsi della filosofia di Marx a partire dallo studio di Hegel falliscono di conseguenza. Ha luogo così una lotta ideologica silenziosa ma tenace, che sarà dimenticata negli anni Quaranta. Alcuni filosofi non rinunciano ad interrogarsi sul «valore rivoluzionario» della dialettica hegeliana. È il caso di Henri Lefebvre, anch’egli legato al CRN. Benché la sua riflessione sia incentrata non tanto sulla scienza della storia quanto sui temi della coscienza e dell’alienazione, il che lo orienta verso un percorso opposto a quello di Althusser, Lefebvre considera tanto centrale il suo progetto di inchiesta su Hegel che, nonostante le difficoltà, vorrà riproporlo a più riprese nel corso degli anni Trenta (1932c; 1935).

Lo stesso Maublanc reagisce alle critiche sovietiche difendendo coraggiosamente la sua interpretazione di Marx a partire da Hegel (1936). All’interno del CRN, la resistenza mira a difendere il ricorso alla filosofia hegeliana come fondamento del processo di appropriazione epistemologica del materialismo dialettico, inteso come teoria generale delle pratiche scientifiche, autonome riguardo al proprio oggetto specifico, in opposizione al processo di ontologizzazione del marxismo che presenta le leggi dialettiche come leggi universali della realtà.

La marginalizzazione di Hegel va di pari passo anche con la separazione, ugualmente sostenuta dall’ideologia sovietica, tra il metodo – definito una volta per tutte e universalmente valido per ogni campo della conoscenza – e le diverse pratiche scientifiche. Secondo il progetto iniziale, esposto nel primo volume di ALM, gli studiosi avrebbero condotto ricerche «ognuno nel proprio campo di indagine» (Wallon, 1935, p. 7WALLON, H. et al. «À la lumière du marxisme». T. I. Paris: Éditions sociales internationales, 1935.), legando sempre i progressi nello studio del metodo marxista agli sviluppi concreti delle scienze in cui le leggi della dialettica potevano manifestarsi. La pluralità dei metodi e la loro dipendenza dalle pratiche scientifiche nei lavori del CRN sono negate man mano che si impone il materialismo dialettico nella sua versione staliniana. Ma già l’editore, opponendosi nella prefazione a quanto Wallon afferma nell’introduzione, presenta la dialettica materialista come un metodo predefinito e pronto per essere applicato a qualsiasi oggetto. L’obiettivo dei lavori della Commissione scientifica, che per Wallon era la discussione e la definizione di una teoria a partire da ricerche scientifiche, diventa così il semplice apprendimento di una dialettica ridotta a leggi prestabilite che formano un metodo ricavato dalla scienza della storia ma valido universalmente, da applicare meccanicamente alle scienza della natura. È così che l’allargamento, la generalizzazione e l’universalizzazione della filosofia marxista, ridotta a metodo separato dalla pratica scientifica, si traduce nell’abbandono del progetto epistemologico iniziale, al quale Hegel avrebbe dovuto fornire la dimensione storicoprocessuale, a favore di una ontologia materialista a-storica e fondata sulla tradizione materialista francese.

Una parte decisiva della lotta per l’appropriazione del marxismo filosofico in Francia si giocava quindi attorno allo statuto della dialettica della natura in Hegel. Le diverse posizioni a tale riguardo potevano essere ricondotte a tre diverse posture. Alcuni autori, tra cui Alexandre Kojève, negavano la possibilità stessa di un’estensione della dialettica storica alla natura, poiché l’azione negatrice della dialettica è considerata come prerogativa antropologica. Altri, seguendo Engels, si rappresentavano le leggi della dialettica come al contempo leggi del pensiero e leggi del reale, affermando così il valore ontologico della dialettica e dunque la necessità di estendere alle scienze naturali il campo di validità delle leggi scoperte nella scienza della storia – ed è questa la direzione che nella seconda metà degli anni Trenta il CRN era invitato a seguire. Altri ancora cercano di riabilitare la filosofia hegeliana della natura per estrarne, integrandola all’opera di Marx, una epistemologia storico-materialista. Quest’ultima via, che era stata intrapresa sin dai primi lavori del CRN attraverso un confronto con Emile Meyerson, sopravvive ai margini delle pubblicazioni ufficiali e non lascerà tracce evidenti nel secondo dopougerra.

Nel primo volume di ALM, infatti, le citazioni di Hegel sono tratte principalmente da De l’explication dans les sciences, l’opera maggiore di Meyerson, alla quale si riconosce il merito di aver colto l’importanza della filosofia della natura all’interno del Sistema hegeliano (Renault, 2001, pp. 8-9RENAULT, E. «Hegel. La naturalisation de la dialectique». Paris: Vrin, 2001.). Al di là del giudizio che porta sul razionalismo idealista (Cf. Bensaude-Vincent, 2010, pp. 255-274BENSAUDE-VINCENT, B. «Meyerson rationaliste?» Corpus, Nr. 58, 2010.), Meyerson non solo discute l’opera di Hegel, di cui mostra una profonda conoscenza – mentre in Francia gli studi su Hegel erano ancora rari – ma si interessa inoltre alla riflessione epistemologica sul pensiero scientifico, prendendo sul serio quella parte del sistema hegeliano che era definita honteuse (Hoeffding. In Meyerson, 1995, p. 439MEYERSON, E. «De l’explication dans les sciences». 2 Vols. Paris: Payot, 1921; rééd. Paris: Fayard, 1995.), poiché su di essa si riteneva pesasse l’ignoranza di Hegel in merito alle scienze contemporanee (Meyerson, 1995, pp. 439-440, 923MEYERSON, E. «De l’explication dans les sciences». 2 Vols. Paris: Payot, 1921; rééd. Paris: Fayard, 1995.). Sotto questo aspetto, la lettura di Meyerson appare pioneristica, poiché anticipa l’idea, ripresa in Francia negli anni Novanta, secondo cui Hegel si sarebbe interrogato sulla vera natura della scienza, della verità e della conoscenza, autorizzando così un’interpretazione epistemologica della sua filosofia della natura. Certo, il termine “epistemologia” va inteso qui nel senso più ampio possibile, indicando solo un insieme di teorie della conoscenza, ma l’epistemologia hegeliana ha una caratteristica in comune con l’epistemologia sottesa ai saggi raccolti in ALM, che consiste, per utilizzare i termini di Emmanuel Renault (2007, p. 364)RENAULT, E. «Les ambiguïtés de l’épistémologie hégélienne». In: CARON, M. (eds.). Hegel. Cahiers d’Histoire de la philosophie. Paris: Cerf, 2007., nell’essere cosciente «della diversità dei modi di conoscenza e dell’indipendenza delle scienze nei riguardi della filosofia», a partire dal principio dell’«indipendenza del sapere costituito e [della] restrizione del filosofare all’esposizione di questo sapere» (Renault, 2001, p. 389RENAULT, E. «Hegel. La naturalisation de la dialectique». Paris: Vrin, 2001.).

Ben prima di questi sviluppi, l’originalità del lavoro di Meyerson non era sfuggita ad Alexandre Koyré, il quale, nel suo Rapport sur l’état des études hégéliennes en France, faceva già l’elogio del suo lavoro pioneristico (1971, p. 236), senza tuttavia poter riconoscere il ruolo di mediazione che giocherà, a titolo postumo, nell’appropriazione marxista della dialettica hegeliana. La mediazione di Meyerson consentirà di comprendere Hegel non solo come «fonte del marxismo», ma anche in quanto epistemologo che proponeva, con una concezione dialettica della storia, anche una filosofia della natura suscettibile di essere utilizzata per la definizione di una teoria materialista della conoscenza.

Hegel poteva così essere mobilitato a doppio titolo nel programma di elaborazione dell’epistemologia storica del CRN. Infatti, la lettura meyersoniana influenzerà anche studi successivi, alcuni dei quali pubblicati solo postumi anche a causa della marginalizzazione alla quale è condannata la corrente epistemologica e hegelianizzante del gruppo di ALM. Il terzo tomo, rimasto inedito, avrebbe dovuto contenere un saggio del fisico Jacques Solomon, membro del CRN, su Marx et Meyerson, recentemente pubblicato (2013). Questo saggio si proponeva di definire, indipendentemente dalla dottrina staliniana, «il punto di vista che il fisico può adottare quando si tratta di studiare le relazioni tra i lavori di Marx e la teoria del materialismo dialettico» (ibidem, p. 157). Solomon vi afferma non solo la necessità di rispettare la specificità della disciplina scientifica, ma anche che il punto di partenza della sua indagine deve essere la distanza tra la scienza storica, fondata da Marx, e il materialismo dialettico, concepito come una teoria da costruire collettivamente, ognuno a partire dalla propria pratica scientifica, dal proprio «caso particolare» e dalla propria «situazione concreta». Meyerson ha potuto quindi servire allo stesso tempo per difendere l’autonomia di ciascuna disciplina scientifica e per elaborare una teoria della conoscenza scientifica. La legittimità della comparazione tra Marx e Meyerson è fondata sul fatto che «la dottrina di Marx non è per nulla un sistema rispetto al quale è possibile classificare delle ricerche determinate, ma è piuttosto ogni movimento, ogni evoluzione, che prende forme diverse secondo lo sviluppo delle scoperte scientifiche», e che «le ricerche di Emile Meyerson riguardano l’epistemologia, vale a dire propriamente le vie secondo cui progredisce il pensiero scientifico».

Il frutto di questo incontro tra Marx, Meyerson e il fisico francese è una epistemologia che è possibile accostare a quanto diversi studi hanno potuto vedere nella filosofia hegeliana della natura, cioè una epistemologia orientata verso il pluralismo e il realismo, attenta a non applicare alle scienze dei principi estranei alla loro pratica specifica: come in Hegel, il filosofo non deve intervenire attivamente nelle scienze, se non «per far sorgere una verità di cui [le scienze] rimangono incoscienti» (Renault, 2001, p. 289RENAULT, E. «Hegel. La naturalisation de la dialectique». Paris: Vrin, 2001.). D’altra parte, la figura del «dialettico incosciente» e il rapporto che occorre rispettare tra scienza e filosofia strutturano già il primo volume di ALM (Drabovitch, 1937, p. 293DRABOVITCH, W. «Autour du ‘matérialisme dialectique’». Mercure de France, T. 273, 15 janvier 1937.), nel quale l’esposizione del metodo è posta significativamente dopo l’analisi di ciascuna pratica scentifica. Al centro del programma iniziale del CRN troviamo infatti la duplice idea per cui la dialettica è già all’opera in ogni scienza e il materialismo dialettico ha il compito di rendere lo scienziato cosciente della filosofia che applica, affinché la conoscenza delle leggi proprie di un dominio scientifico possa retroagire sull’avanzamento concreto delle conoscenze scientifiche (Wallon, 1936WALLON, H. et al. «Quelques remarques sur la signification du matérialisme dialectique». Commune, Nr. 35, juillet 1936.).

Ora, nel corso della seconda metà degli anni Trenta, da un lato, questa volontà di sottoporre ogni studio epistemologico alle dinamiche interne a ogni scienza cederà il passo ad altre preoccupazioni più direttamente politiche, come l’obbedienza alla canonizzazione staliniana della dialettica. Dall’altro, la lotta contro il positivismo – che diventa il solo terreno di alleanza con Hegel – e la difesa del realismo – che diventa il solo terreno di alleanza con Meyerson – saranno invece promosse. Un altro progetto epistemologico, quello di Bachelard, diventava uno dei bersagli principali di Solomon, che gli consacrerà diversi articoli che saranno pubblicati ne La Pensée, diversamente dal suo scritto su Meyerson che rimarrà a lungo inedito.

Dopo la guerra, passando per la Resistenza che celebra alcune figure centrali del CRN, come Solomon e Politzer, fissandone l’immagine di «eroi», il programma iniziale del gruppo di «filosovietici» si trasforma radicalmente. L’idea di un’ontologia marxista che fonde il diamat e la filosofia dei Lumi rappresenta, sotto diversi aspetti, un capovolgimento del progetto epistemologico che abbiamo illustrato, ma corrisponde anche, innegabilmente, allo sbocco reale di un processo contradditorio che ha attraversato un intero decennio. È in ogni caso con la realizzazione di questa idea che Althusser si trova a confrontarsi allorquando, nei primi anni Sessanta, deve posizionarsi in un campo marxista che in Francia ha da poco rigettato la «dottrina delle due scienze», la quale, affermando l’esistenza di una scienza proletaria opposta alla scienza borghese, sembrava essere la deriva ultima della problematica epistemologica degli anni Trenta. Partendo da questo risultato, senza prendere in considerazione l’intero processo che l’aveva prodotto, Althusser sembrava quindi avere valide ragioni per rappresentarsi il suo intervento come un’irruzione nel vuoto teorico.

Dall’epistemologia all’ontologia

Althusser appare tuttavia consapevole della lotta ideologica che tra le due guerre si giocò attorno allo statuto della dialettica, epistemologico o ontologico a seconda che le sue leggi siano da considerarsi limitate al processo di conoscenza, oppure interne al processo reale e solo di conseguenza valide anche nei modi di appropriazione teorica del reale. Nel saggio centrale di Leggere il Capitale, la critica che rivolge a Politzer ruota infatti precisamente attorno alla confusione tra concreto di pensiero e concreto reale, nella quale vede un’eredita del marxismo degli anni Trenta di cui intende liberarsi. Gli «errori geniali» del membro del CRN deriverebbero dall’aver ceduto alla concezione empirista della conoscenza, avendo posto la distinzione tra oggetto reale e oggetto di conoscenza nel reale, mentre è «nella teoria stessa» che Marx avrebbe instaurato un nuovo rapporto tra la teoria e la pratica. Infatti, ciò che secondo Althusser separa il processo reale dal processo di conoscenza è una distanza eminentemente epistemologica. Anche la distinzione tra materialismo storico e materialismo dialettico, così come stabilita da Althusser (2008, p. 324)ALTHUSSER, L. et al. (1965). «Lire le Capital». Paris: Puf, 2008. nel brano di Leggere il Capitale sul quale Etienne Balibar (2015)BALIBAR, E. et al. «Althusser: une nouvelle pratique de la philosophie entre politique et idéologie. Conversation avec Étienne Balibar et Yves Duroux (Partie I)». Cahiers du GRM, Nr. 7, 2015. emette un giudizio fortemente negativo in quanto sarebbe perfettamente aderente al «metodo staliniano», è in realtà presa in prestito solo per essere profondamente trasformata grazie al suo spostamento nei limiti insuperabili della teoria della conoscenza. Althusser ritiene infatti che l’errore di ogni empirismo consista nella trasposizione della differenza epistemologica tra oggetto della conoscenza e oggetto reale sul piano ontologico. Di conseguenza, egli presenta il materialismo storico e il materialismo dialettico come i «due luoghi» in cui Marx stabilisce un rapporto epistemologico e non ontologico tra teoria e pratica, fornendo allo stesso tempo una «teoria del ruolo delle ideologie e del ruolo di una teoria scientifica nella trasformazione delle ideologie esistenti» e una «teoria marxista della teoria e della pratica, e del loro rapporto, in ciò che si è soliti chiamare “teoria materialista della conoscenza”» (2008, p. 324).

Se da un lato è vero che la possibilità di una riflessione sull’ideologia nel senso althusseriano era inaccessibile per il campo teorico degli anni Trenta, dall’altro abbiamo anche visto che la posizione del rapporto tra teoria a pratica in una prospettiva allo stesso tempo epistemologica e storica attraversava, strutturandolo, il lavoro del CRN. Il percorso che abbiamo rapidamente descritto non spiega solo le ragioni per le quali Althusser non riconosce alcun debito nei confronti di un dibattito le cui tracce erano state cancellate, ma può ugualmente apportare degli elementi utili per la comprensione dell’evoluzione non lineare della posizione di Althusser nei confronti di Hegel. L’origine di alcuni principi che la «rottura epistemologica» fa ricadere dal lato del «Marx divenuto Marx» era stata attribuita a Hegel non solo dagli autori di ALM, ma anche a più riprese da Althusser stesso nel corso della sua intera produzione. Le diverse letture che Althusser dà di Hegel contraddicono la parola d’ordine di Zdanov posta in esergo dell’articolo sul «ritorno a Hegel», secondo la quale «il y a longtemps que la question de Hegel est résolue» (Althusser, 1994, p. 251ALTHUSSER, L. «Le retour à Hegel, dernier mot du révisionnisme universitaire». La Nouvelle Critique, Nr. 20, 1950. In: Écrits philosophiques et politiques, t. I. Paris: Stock/IMEC, 1994.). La questione di Hegel non è stata risolta e le oscillazioni di Althusser su questo nodo sembrano essere un ritorno ininterrotto sulle stesse impasses, come hanno mostrato diversi studi (Bourgeois, 1997BOURGEOIS, B. «Althusser et Hegel». In: RAYMOND, Pierre (eds.). Althusser philosophe. Paris: Puf, 1997.). Qui ci limitiamo a notare che sin dal 1950 Althusser prende posizione contro ogni alleanza con la filosofia hegeliana: Le retour à Hegel marca una cesura, poiché finisce per schiacciare la filosofia hegeliana sui suoi «usi revisionisti», pur presupponendo una differenza tra l’opera di Hegel e il modo in cui viene sfruttata dal «revisionismo universitario». È dunque non solo con lo scopo di «far emergere l’immensa rivoluzione di Marx» (Rametta, 2012, p. 38), ma anche a causa della limitazione di Hegel alla sua esistenza nel campo nemico, avendolo ridotto alla sua funzione di strumento in un campo ideologico di cui ignorava la complessità, che Althusser rifiuta di riconoscere la distinzione, fondamentale in Hegel, tra il tempo storico e il tempo logico, che è anche la differenza tra il tempo dell’azione e il tempo del pensiero, tra il tempo della politica e il tempo della filosofia (Rametta, 2012, pp. 36-37). È per una ragione eminentemente strategica, ben più che teorica, che la funzione storicizzante che Althusser aveva attribuito a Hegel, nella tesi del 1947, si trova come spostata, nel 1967, in una epistemologia storica nei confronti della quale a Auguste Cornu è attribuito un «ruolo inaugurale» (Cavazzini, 2015, p. 121CAVAZZINI, A. «Althusser/Bachelard: une coupure et ses enjeux». Revue de Synthèse. Vol. 136, 1, 2015.).

Un altro scarto si sarebbe tuttavia prodotto nella rappresentazione althusseriana dell’hegelismo, con l’introduzione di una nuova distinzione, tra il «detto» di Hegel, che sarebbe possibile ricondurre a una concezione materialistica del processo, e un «dire» telelogico-idealista, come nota ancora Bourgeois (1997, p. 101)BOURGEOIS, B. «Althusser et Hegel». In: RAYMOND, Pierre (eds.). Althusser philosophe. Paris: Puf, 1997.. Questo doppio statuto della filosofia hegeliana consente a Althusser di rivalutare, in Lénine et la philosophie, ciò che la dialettica hegeliana apporta alla dialettica marxista, ritrovando così le analisi della tesi del 1947. In Sur le rapport de Marx à Hegel (1972, pp. 67-68), egli afferma infatti che «Marx deve a Hegel la categoria decisiva di processo», e più precisamente il concetto di «processo senza soggetto», il che significa che viene riconosciuto a Hegel il merito di «aver dialettizzato il divenire storico» (Bourgeois, 1997, p. 101BOURGEOIS, B. «Althusser et Hegel». In: RAYMOND, Pierre (eds.). Althusser philosophe. Paris: Puf, 1997.).

È quindi ancora sul terreno della storia che Althusser ritrova Hegel, al quale si era già rivolto nel 1947 nella ricerca di un transcendentale storico. Se il suo progetto epistemologico doveva passare per l’anti-hegelismo, è soprattutto a causa della scelta, compiuta nel 1950, di ridurre Hegel ai suoi usi, tra i quali non era possibile trovare quello epistemologico, cancellato dalla storia del marxismo francese per cedere il posto proprio a quella versione ontologica del materialismo dialettico che Althusser intendeva rigettare. Pur avendo in seguito rivolto i suoi sforzi teorici verso altre problematiche, Althusser ritrova le stesse questioni che aveva lasciato in sospeso nella sua tesi e che hanno fatto ritorno nella forma di una difficoltà persistente ad articolare la sua epistemologia ai contenuti della storia concreta. Da un punto di vista marxista, scrive nel 1947, «l›essere della scienza sarebbe [...] storico e non naturale, e l’oggetto stesso della scienza sarebbe sottoposto alla dominazione delle categorie storiche». È fin qui che Hegel può spingersi: l’ambiguità di queste formulazioni marxiste, che riproduce quella di Kant a proposito del «dato della sensibilità», ci riporta davanti alla «contraddizione dello scadimento hegeliano della realtà e della verità». Marx si ferma invece davanti all’identità trascendentale e storica, poiché non è riuscito a «concepire che si possa pensare la storia in generale al di fuori del contenuto concreto della totalità storica dominante» (ibidem, pp. 220-222).

È qui che Althusser situa il suo intervento, assegnandosi il compito di completare il marxismo con un lavoro epistemologico che mira a stabilire la lista delle categorie scientifiche moderne, che andrebbero in seguito messe in relazione con le categorie socio-economiche che le comandano (ibidem, p. 221). Il progetto di articolazione tra le categorie e il concreto rimarrà centrale per Althusser, anche dopo l’abbandono del terreno fornito dalla filosofia hegeliana, e la sua incompiutezza può essere letta come il sintomo di una difficoltà più profonda. Alle analisi epistemologiche che hanno mostrato una certa efficacia, anche da un punto di vista politico, Althusser non è riuscito a far corrispondere delle analisi di situazioni concrete dotate di potenza comparabile. Riposizionando in una prospettiva storica il suo anti-hegelismo, è possibile liberare delle vie di ricerca suscettibili di riarticolare il rapporto tra lavoro teorico e la capacità di presa sulla storia reale, ripartendo da Althusser ma senza rinunciare all’apporto della filosofia hegeliana, nella misura in cui tale apporto è implicato sia nel tentativo epistemologico di tenere insieme «verità e storicità» e di pensare la verità condizionata da un divenire invece che da un’adeguazione definitiva a una realtà (Renault, 1995, p. 50RENAULT, E. «Les philosophies de la nature d’aujourd’hui et la Naturphilosophie d’hier». In: MALER, H. (eds..), Hegel passé, Hegel à venir. Futur antérieur. Paris: L’Harmattan, 1995.), sia nella definizione di un «processo senza soggetto» interamente immerso in un presente storico concreto.

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    È opportuno precisare che i due volumi di ALM si compongono di saggi di valore ineguale, che fanno ricorso a metodologie diverse e giungono a conclusioni talvolta contradditorie. Per maggiori dettagli, si veda la tesi di Carlino dedicata all’introduzione del materialismo dialettico in Francia (2014). Se qui non si dà conto di tutte le differenze interne, anche al CRN, è non solo per limiti di spazio, ma anche perché, ai fini del presente lavoro, importa anzitutto sottolineare come la diversità dei punti di vista sia da ricondurre al senso stesso del programma comune, condiviso e supportato non solo da Wallon, che ha supervisionato e garantito l’unitarietà di ALM, ma anche dai saggi principali presi in esame, di Labérenne e di Maublanc.
  • 2
    Per comprendere le contraddizioni nell’appropriazione del marxismo sovietico da parte del CRN, occorrerebbe considerare anche l’influenza che hanno avuto gli interventi di B. Hessen e N. Bucharin al Secondo Congresso delle Scienze e delle tecniche di Londra, raccolti in Science on the Cross Roads (1931). Per ragioni di spazio, si rimanda al lavoro di I. Gouarné (2013, pp. 111-113)GOUARNÉ, I. «L’introduction du marxisme en France. Philosoviétisme et sciences humaines 1920-1939». Rennes: PUR, 2013..

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Publication Dates

  • Publication in this collection
    03 Nov 2023
  • Date of issue
    Aug 2023

History

  • Received
    25 June 2022
  • Accepted
    08 Nov 2022
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