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LA MISSIONE EDUCATIVA DELLA GENERAZIONE DI MEZZO IN TEMPO DI GUERRA: GLI SCRITTI PER LA SCUOLA E PER LA GIOVENTÙ DI LUIGI BERTELLI DEGLI ANNI 1914-1918

Sommario

L'idea per cui la Grande Guerra rappresenti uno "spartiacque del mondo contemporaneo" è ormai assodata nella storia tout court (Gibelli, 1991, p. 43). Meno indagate sono, invece, le ripercussioni che il primo conflitto bellico mondiale ebbe sulla scuola del tempo. Una fonte preziosa per esplorare questo terreno è rappresentata certamente dai libri di scuola scritti e pubblicati in questo periodo. Da queste considerazioni muove il contributo che si presenta in questa sede, il quale si concentra sulla produzione per la scuola e la gioventù realizzata da un personaggio illustre della letteratura italiana per ragazzi: Luigi Bertelli. Il noto autore di Gian Burrasca e fondatore del periodico per ragazzi Il Giornalino della Domenica, scrisse numerosi testi destinati alla scuola e alle nuove generazioni durante la prima guerra mondiale. Il presente contributo intende esaminarli, per la prima volta, in modo analitico e puntuale, al fine non solo di restituire un'immagine più articolata del Bertelli autore ed educatore, ma anche di offrire un contributo alla comprensione di quella vera e propria pedagogia della guerra promossa negli anni del primo conflitto mondiale.

Parole-chiave:
prima guerra mondiale; Italia; scuola; infanzia; manuali scolastici; Luigi Bertelli

Resumo

A ideia de que a Grande Guerra representa uma divisão de águas do mundo contemporâneo já está firmemente estabelecida na história (Gabelli, 1991). As repercussões que o primeiro conflito bélico mundial trouxe à escola da época, contudo, têm sido menos investigadas. Uma fonte preciosa para explorar esse campo encontra-se, sem dúvida, nos livros didáticos escritos e publicados nesse período. Este artigo tem origem nessas considerações e se concentra na produção escrita de uma ilustre figura da literatura infantil italiana: Luigi Bertelli. O famoso autor de Gian Burrasca e fundador da revista infanto-juvenil Il Giornalino della Domenica escreveu diversos textos destinados à escola e às novas gerações durante a Primeira Guerra Mundial. Neste artigo busca-se examinar esses textos, pela primeira vez, de maneira analítica e pontual, não apenas com o objetivo de estabelecer uma imagem mais articulada de Bertelli como autor e educador, bem como oferecer uma contribuição para o entendimento dessa verdadeira pedagogia da guerra promovida durante os anos da Primeira Guerra Mundial.

Palavras-chave:
primeira guerra mundial; Itália; escola; infância; livros didáticos; Luigi Bertelli

Abstract

The idea that the Great War represents a watershed in the contemporary world is by now well established in the history tout court (Gibelli, 1991). On the other hand, the impact that the First World War conflict had on the schools of the time has not been as well investigated. A valuable source for exploring this field is undoubtedly those school books which were written and published during this period. The article which we are presenting here starts from such considerations and focuses on the works of a prominent figure of Italian children's literature, Luigi Bertelli, who wrote for schools and young people. The well-known author of the novel for young readers, Gian Burrasca, and founder of the children magazine, Il Giornalino della Domenica, wrote several books for schools and the young generation during the First World War. This article intends to examine these writings for the first time, in a careful and analytical way, not only to re-establish Bertelli's position as an author and educator, but also to contribute to the understanding of the real pedagogy of war, those teachings promoted during the years of the First World War.

Key-words:
First World War; Italy; school; childhood; school textbooks; Luigi Bertelli

Résumé

L'idée selon laquelle la Grande Guerre représente un tournant dans le monde contemporain est désormais admise dans l'histoire tout court (Gibelli, 1991). En revanche, les répercussions que le premier conflit mondial eut sur l'école de cette époque sont moins étudiées. Les livres scolaires écrits et publiés au cours de cette période représentent certainement une source précieuse pour explorer ce domaine. L'article que nous présentons ici provient de ces considérations et se concentre sur la production pour l'école et la jeunesse réalisée par un personnage célèbre de la littérature italienne pour enfants: Luigi Bertelli. L'auteur bien connu du roman pour la jeunesse Gian Burrasca, et fondateur du magazine pour enfants Il Giornalino della Domenica, écrivit plusieurs textes destinés à l'école et aux nouvelles générations au cours de la Première Guerre mondiale. Cet article se propose d'examiner, pour la première fois, ces écrits d'une manière analytique et ponctuelle, afin non seulement de rétablir une image plus articulée de Bertelli en tant qu'auteur et éducateur, mais aussi d'apporter une contribution à la compréhension de cette vraie pédagogie de la guerre promue dans les années de la Première Guerre Mondiale.

Mots-clé:
Première Guerre Mondiale; Italie; école; enfance; manuels scolaires; Luigi Bertelli

Introduzione

Il tema dell'educazione nazionale in tempo di guerra non ha suscitato particolare interesse tra gli storici italiani. Fatta eccezione per i lavori di Andrea Fava (1982FAVA, Andrea. Assistenza e propaganda nel regime di guerra (1915-1918). In: ISNENGHI, Mario (org.). Operai e contadini nella Grande Guerra. Bologna: Cappelli, 1982, p. 174-212., 1993, 2010), di Ester De Fort (1996) e Antonio Gibelli (2005GIBELLI, Antonio. Il popolo bambino: infanzia e nazione dalla Grande Guerra a Salò. Torino: Einaudi, 2005.), e per gli articoli accolti nel numero monografico della Rivista di storia dell'educazione del 2015 dedicato al tema de La gioventù europea e la grande guerra.

Scuola, pubblicistica ed associazioni, notiamo che la maggior parte delle ricerche si sono concentrate sul periodo pre e post bellico, che è segnato da due novità importanti per l'ordinamento scolastico italiano - rispettivamente - l'avocazione della scuola elementare allo Stato, sancita dalla legge Daneo-Credaro del 1911, e la cosiddetta Riforma Gentile de 1923, emanata proprio agli esordi dell'era fascista. Gli studi a nostra disposizione, tuttavia, dimostrano come la guerra si abbatté sulla scuola comportando non solo una drastica riduzione delle risorse finanziarie ad essa destinate, ma anche un radicale cambiamento negli obiettivi e nei contenuti della didattica scolastica, che portò a sancire il primato della guerra. A questo riguardo, Angelo Fava ha sottolineato come, davanti ad una guerra che "invade la vita quotidiana della popolazione [e che] pretende la resistenza a oltranza del fronte interno [..., si] ricorre all'uso di una inedita didattica di guerra e d'una coriacea rappresentazione patriottica dell'infanzia, dei suoi bisogni e dei suoi destini" (Fava, 2010, p. 149).

Alla scuola del '15-'18 si chiede uno sforzo enorme. A fronte del drammatico taglio delle spese destinate all'istruzione e alla cultura e alle difficili condizioni di un'infanzia e di una gioventù stretta tra necessità di carattere materiale e contraccolpi di ordine psicologico, si chiede alla scuola - in particolar agli insegnanti e ai quadri dirigenti - di offrire uno specifico contributo alla mobilitazione civile, operando per irrobustire la base del consenso e alimentare lo spirito patrio nelle aule e presso le famiglie.

Di tale compito la scuola fu investita attraverso "un mix di promozione dall'alto e di raccolta-organizzazione dal basso delle adesioni personali" (Fava, 2010FAVA, Andrea. Mobilitazione patriottica, assistenza all'infanzia, educazione nazionale nella scuola elementare dell'Italia in guerra (1915-1918). In: MENOZZI, Daniele; PROCACCI, Giovanna; SOLDANI, Simonetta (orgs.). Un paese in guerra: la mobilitazione civile in Italia (1914-1918). Milano: Unicopli, 2010, p. 147-182., p. 160). La classe dirigente del periodo bellico istaurò uno stretto rapporto di collaborazione con il mondo dell'associazionismo magistrale, - a cominciare dalla battagliera Unione Magistrale Nazionale - UMN - fino alla neo istituita Unione Generale degli Insegnanti Italiani per la guerra nazionale - Ugii -, alla quale aderì la stessa UMN - e con le Opere Federate di Assistenza Civile e Propaganda Nazionale, il raggruppamento di associazioni che, nato nel 1917 ed attivo fino al 1919, costituì il vero strumento di coordinamento della mobilitazione civile e della propaganda interna, tanto che la stessa UGII ne entrò a far parte come una delle associazioni fondatrici (Fava, 1982; Fava, 1993; de Fort, 1996; Barausse, 2002BARAUSSE, Alberto. L'Unione magistrale nazionale: dalle origini al fascismo, 1901-1925. Brescia: La Scuola, 2002.; Barausse, 2015). Se era chiaro che la scuola doveva proporre una nuova didattica, adeguata allo stato di guerra del paese, era altrettanto palese che il lavoro degli insegnanti in classe andava supportato con nuovi materiali didattici, in grado di veicolare quei contenuti educativi e quei valori patriottici che questa specifica fase storica richiedeva.

Su questo versante, la stampa scolastica si mostrò particolarmente attiva. La rivista magistrale I Diritti della Scuola, ad esempio, promosse la rubrica Dalla scuola alla trincea, poi denominata Echi di guerra sui banchi di scuola e pensata proprio con l'intento di offrire sussidi didattici agli insegnanti, e propose anche spunti e schemi di lezioni nel supplemento didattico La scuola in azione (Fava, 2010FAVA, Andrea. Mobilitazione patriottica, assistenza all'infanzia, educazione nazionale nella scuola elementare dell'Italia in guerra (1915-1918). In: MENOZZI, Daniele; PROCACCI, Giovanna; SOLDANI, Simonetta (orgs.). Un paese in guerra: la mobilitazione civile in Italia (1914-1918). Milano: Unicopli, 2010, p. 147-182.). Da non dimenticare, poi, che a seguito dell'introduzione della cosiddetta 'ora patriottica' presso gli istituti medi e superiori italiani, avvenuta dopo la sconfitta di Caporetto (Kobarid) per iniziativa del Ministero della Pubblica Istruzione e poi estesa anche alla scuola elementare, al fine di "infondere nel paese e nei giovani una maggiore coscienza dell'ora storica che la Patria attraversa" (Fava, 2010, p. 171), furono predisposti specifici sussidi didattici. In questo assunse un ruolo guida l'Ugii che, non solo mise a disposizione degli insegnanti incaricati di tenere il corso un'apposita Guida, ma che produsse anche una raccolta di opuscoli costituita da 28 fascicoli inerenti gli Aspetti e problemi della guerra e, successivamente, una serie di diapositive sull'esercito, la marina e le terre irredente (Fava, 1993).

Vi furono, inoltre, molteplici iniziative editoriali nate a livello locale. Il comitato laziale dell'UGII tra il febbraio '17 e l'aprile '19 pubblicò e distribuì nelle scuole della regione il quindicinale patriottico per bambini e maestri Il Piccolissimo, pensato per una lettura sia in classe che in famiglia, mentre le opere federate e comitato cittadino di preparazione civile di Rovigo curarono la stampa del quindicinale Scuola e Patria, che dal 1918 iniziò ad ospitare la rubrica Per l'ora patriottica, per fornire ai maestri spunti di lezione capaci di alimentare lo spirito patriottico dei fanciulli. Numerosi, poi, furono i catechismi patriottici, gli schemi di lezione e i dettati sul valore del sacrificio e dell'eroismo, i cartelli murali, le strofe e i versi di contenuto patriottico stampati in questo periodo (Fava, 2010FAVA, Andrea. Mobilitazione patriottica, assistenza all'infanzia, educazione nazionale nella scuola elementare dell'Italia in guerra (1915-1918). In: MENOZZI, Daniele; PROCACCI, Giovanna; SOLDANI, Simonetta (orgs.). Un paese in guerra: la mobilitazione civile in Italia (1914-1918). Milano: Unicopli, 2010, p. 147-182.; Fava 1993). Non mancarono, infine, gli scritti su scuola e patria o su scuola e guerra, pubblicati da editori noti e meno noti e composti da insegnanti, funzionari e scrittori in forma di opuscoli, cronache di cerimonie, raccolte di conferenze o di veri e propri testi scolastici, così come non mancarono esempi di narrativa per l'infanzia di intonazione patriottica, finalizzata ad una vera e propria operazione di mitologizzazione della guerra (Todaro, 2015TODARO, Letterio. Bellicismo e mistica della rigenerazione nazionale nel racconto per l'infanzia: la collana Faville di guerra dell'editore Biondo. Rivista di storia dell'educazione. Pisa: ETS , 2015, 2, p. 81-88.; Grassi, 2015GRASSI, Chiara. La I Guerra mondiale illustrata nei testi della casa editrice Bemporad. Rivista di storia dell'educazione. Pisa: ETS , 2015, 2, p. 89-100.).

Tra coloro che misero la loro penna al servizio della causa nazionale ci fu anche un personaggio di spicco del panorama della letteratura per l'infanzia e la gioventù dell'epoca, come Luigi Bertelli. Il presente contributo intende focalizzare l'attenzione sull'analisi del consistente corpus di scritti prodotto dall'intellettuale toscano durante la prima guerra mondiale e destinato in modo specifico alla gioventù italiana. Riteniamo che riprendere le opere scritte da Bertelli in tempo di guerra per i ragazzi possa offrire un contributo innovativo agli studi sull'educazione in tempo di guerra. Questo non solo perché è nostra intenzione soffermarci su una fonte che si offre a diversi livelli di analisi, come la manualistica scolastica, ma anche perché prenderemo in esame la produzione di un personaggio che offrì un contributo eccezionale al dibattito sulla formazione etico-civile delle nuove generazioni. Un autore che, come dimostreremo, è stato strumentalizzato e merita ancora di essere restituito ai lettori e agli studiosi nell'autenticità del suo messaggio.

Luigi Bertelli e l'impegno etico-civile di uno scrittore per l'infanzia

Il letterato, giornalista e scrittore per l'infanzia Luigi Bertelli, meglio noto con lo pseudonimo di Vamba, nasce a Ponticelli, piccola frazione di Firenze, il 19 marzo 18601 2 Con la categoria storica di Risorgimento si intende, com'è noto, il movimento politico e culturale che, nel corso del 19 secolo, accompagnò il processo di unificazione della penisola italiana. Per un primo approccio all'argomento, vedi Banti (2004); Della Peruta (1997). . Viene educato presso l'istituto di padri Scolopi di Firenze e già a partire dagli inizi degli anni ottanta comincia a lavorare come giornalista e disegnatore umoristico per diversi giornali, come i quotidiani romani Capitan Fracass e Fanfulla. La sua penna pungente e le sue caricature dei politici italiani, chiamate pupazzetti, riscuotono ampio successo. Convinto mazziniano e difensore della tradizione laica e democratica di matrice risorgimentale2 2 Con la categoria storica di Risorgimento si intende, com'è noto, il movimento politico e culturale che, nel corso del 19 secolo, accompagnò il processo di unificazione della penisola italiana. Per un primo approccio all'argomento, vedi Banti (2004); Della Peruta (1997). , Bertelli utilizza la satira scritta ed illustrata per denunciare gli scandali del trasformismo politico e le ambiguità dell'Italia giolittiana e umbertina. Nel 1887 interrompe la collaborazione con il Capitan Fracassa, che da posizioni radical-democratiche e progressiste era passato a posizioni filo-governative, fonda il Don Chisciotte della Mancia (1887-1892), divenuto poi Don Chisciotte di Roma (1893-1899), che unito al Fanfulla, diviene Il Giorno (1899-1901). Queste testate saranno molto apprezzate per il taglio umoristico e per le divertenti illustrazioni realizzate da Bertelli e dal direttore di questi giornali, Luigi Arnaldo Vassallo.

Nel corso di questi anni Bertelli collabora con altri giornali: fa parte della redazione de Il Pupazzetto (1886-1890), la rivista illustrata diretta sempre da Vassallo, e realizza caricature per il settimanale di critica teatrale il Carro di Tespi (1889-1891), fondato e diretto da Edoardo Boutet.

Nel 1889 ritorna a Firenze e assume temporaneamente la direzione del giornale "Il Corriere Italiano", vale a dire l'organo di stampa dei circoli radical-democratici fiorentini. L'anno successivo fonda "L'O di Giotto", settimanale illustrato di ispirazione radical-democratica, ispirato al modello del giornale romano di satira politica e costume "Capitan Fracassa". Su questo giornale Bertelli pubblica una serie di articoli che hanno per protagonista l'Onorevole Qualunquo Qualunqui e che saranno poi raccolti nel volume L'onorevole Qualunqui e i suoi ultimi diciotto mesi di vita parlamentare (Roma, 1898). Egli crea una figura grottesca, per l'appunto l'onorevole qualunquo qualunqui, un personaggio opportunista e propugnatore di un vuoto conservatorismo, di cui segue le avventure parlamentari.

Nel 1891 torna a Roma, dove fonda e dirige insieme a Emilio Faelli il Folchetto (1891-1894), un giornale di orientamento radical-democratico, che intende dar voce al malcontento della classe media per la caotica situazione politica del Paese. Nel 1893 torna definitivamente a Firenze, dove dà vita al settimanale politico Bruscolo (1901-1905), dalle cui pagine dà battaglia ai gruppi liberal-moderati toscani. È in questo stesso anno che egli pubblica, per i tipi dell'editore fiorentino Bemporad, il libro per ragazzi intitolato Ciondolino. Si tratta di un evento significativo nella vita di Bertelli, che deciderà di lì a breve di dedicarsi completamente alla scrittura per ragazzi. Egli sente che le sue idee radical-democratiche debbono cambiare destinatari, dal pubblico degli adulti a quello dei ragazzi, per poter contribuire in modo significativo alla formazione di una nuova coscienza etico-civile presso gli italiani.

La scrittura di Ciondolino costituisce un punto di svolta nella vita di Bertelli. Il 24 giugno 1906, infatti, esce Il Giornalino della Domenica, un settimanale illustrato per ragazzi, nutrito di ideali patri e principi democratici, che si propone di educare divertendo. Gli intenti che animo la rivista sono espressi chiaramente da Bertelli nel manifesto programmatico della testata, che fa circolare nel periodo precedente all'uscita del primo numero de Il Giornalino, per promuovere il lancio di un'impresa che sente del tutto inedita ed innovativa, per realizzare la quale chiede la collaborazione dei migliori scrittori ed illustratori del tempo, con l'idea di non rivolgersi solo a professionisti della scrittura per l'infanzia ma ad intellettuali capaci di cogliere l'alto valore civile del suo appello:

Per chi intenda quale grave e pur delicata responsabilità sia nel procurar letture ai fanciulli, piccole anime ingenue alle quali la parola ha da esser ben pesata e misurata per non turbarne la purità e la limpidezza, non parrà esagerata la importanza che noi abbiam voluto dare a questa nostra intrapresa, da lungo tempo meditata ed accarezzata, di pubblicare in Italia un giornalino per i ragazzi, che corrisponda ai desideri e ai bisogni della loro età nei nostri tempi e che si proponga a programma il seguente decalogo: Dare tutte le domeniche al suo giovine pubblico una lettura che sia istruttiva senza stancarne l'attenzione; che sia educatrice senza essere noiosa; interessante senza troppo sforzare la immaginazione; divertente senza sguaitaggini e senza volgarità. Accendere e tenere viva sempre nel cuore dei piccoli lettori la fiamma degli eterni ideali per la Patria e per la Umanità, non con la vana rettorica di frasi fatte, ma con la forza che viene dalla sincerità dell'accento di chi comunica affetti profondamente sentiti; e sopra tutto schiuder l'anima delle giovani generazioni alla religione del Dovere che affratella tutti i buoni e tutti i giusti di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Appagare sempre il desiderio di sapere del minuscolo pubblico intorno a uomini e cose e avvenimenti della giornata; spiegargli via via le invenzioni e le scoperte nel campo della scienza; adornare gli scritti con riproduzioni e illustrazioni che non offendano - come spesso pur troppo accade - il gusto estetico con figure mal disegnate e peggio colorate; offrire, insomma, ai nostri amati ragazzi un giornalino vario, utile e gaio la cui collezione (quando essi saranno divenuti grandi) rimanga caro ricordo della loro infanzia, rinnovatore gradito di serene impressioni che ne allietarono gli anni giovani e di sani stimoli alla onesta operosità utile a sé e ad altrui. A conseguire tali intenti Il Giornalino della Domenica - redatto ed amministrato con cura sollecita e coscienziosa - si è procurato la sicura e duratura collaborazione dei più illustri scrittori e degli artisti più geniali. [...] Il Giornalino della Domenica infine non lascia nulla intentato per riuscire il regalo migliore, perché il più utile e più gradito che un buon babbo possa fare a un buon figliolo. (Il Giornalino della Domenica, 1906, I, 24 giu. 1906)

In questo manifesto Bertelli afferma chiaramente che non considera la scrittura per ragazzi un impegno meno gravoso e di minor prestigio rispetto alla scrittura per adulti, mostrando in ciò di anticipare i tempi e di non essere vittima di quel pregiudizio di inferiorità di cui ancora, per certi versi, è vittima la letteratura per l'infanzia. Tale atteggiamento scaturisce da un rispetto profondo per l'infanzia, che ai suoi occhi richiede di essere compresa e trattata secondo la sua alterità e diversità, senza omologazioni, paternalismi e precetti calati dall'alto. C'è alla base la volontà di adottare un linguaggio adeguato ai ragazzi, capace di rispondere ai loro bisogni e di stimolare i loro interessi. Non sciatteria, né pressapochismo, dunque, servono ad uno scrittore per ragazzi. Su questo Vamba è chiaro e inflessibile. Ciò che egli richiede è sincerità nei rapporti con un pubblico del quale considera sacri ed inalienabili i diritti. Partire dalla percezione che l'infanzia è altro dall'adulto è il più grande merito di Vamba, che in questo sembra precorrere la cosiddetta scoperta dell'infanzia del novecento maturo ed è entro questi orizzonti che egli definisce il suo impegno e la sua militanza pedagogia nelle diverse fasi storiche in cui si trovò ad esercitare la sua vocazione di educatore delle nuove generazioni.

Da queste premesse si può comprendere, allora, come Il Giornalino della Domenica segni un capitolo nuovo nella storia della pubblicistica per ragazzi, che spezza definitivamente i legami con i vecchi modelli educativi e letterari di stampo ottocentesco. Il tutto muove da un progetto formativo forte, scaturito dalla fervida mente del fondatore e direttore de Il Giornalino della Domenica, per cui questa testata si prefigge sin dalle origini e persegue con chiarezza e determinazione l'obiettivo di accompagnare la crescita etico-civile e culturale dei ragazzi del ceto medio, ovvero di coloro che sarebbero diventati i futuri quadri dirigenti del paese.

Bertelli diviene sin da subito il vero e proprio cuore pulsante della testata, per la quale scrive editoriali, compone versi e reportage giornalistici, firmandosi con vari pseudonimi, il più noto dei quali fu appunto Vamba. Accanto a lui sfilano grandi nomi della letteratura per ragazzi, come Emilio Salgari, Ida Baccini, Grazia Deledda, Luigi Capuana, Giovanni Pascoli, Edmondo De Amicis e Matilde Serao. Ma sulle pagine de Il Giornalino della Domenica scrivono anche promettenti autori per l'infanzia come Augusto Vittorio Vecchi (Jack La Bolina), Maria Antonietta Torelli Vaillier (La Marchesa Colombi) e Virginia Tedeschi Treves (Cordelia). Tra i collaboratori più stretti troviamo: lo scrittore Giuseppe Fanciulli, curatore tra le altre cose della fortuna rubrica Dal libro dei perché di Maestro Sapone; l'illustratore Filiberto Scarpelli, a cui era affidata la rubrica Chiacchiere artistiche con i miei lettori; Aldo Valori (Ceralacca), che tenne fino al 1909 la rubrica Pagine rosa, strumento di raccordo tra il giornale e i suoi lettori, in quanto in essa venivano pubblicate le lettere scritte dai ragazzi, nelle quali i giovani abbonati parlavano della loro scuola, della famiglia, dei viaggi, dei piccoli avvenimenti della vita quotidiana; e lo scolopio nonché professore presso l'Università di Firenze, Ermenegildo Pistelli (Omero Redi), molto apprezzato per la rubrica Le pistole di omero, divertenti articoli scritti in modo un po' sgrammaticato, ma ricchi di umanità e di buoni precetti.

Ma Il Giornalino della Domenica non è solo un giornale per ragazzi, diviene presto uno straordinario organo di promozione di iniziative di mobilitazione della gioventù. Nel 1908 nasce la Confederazione giornalinesca, poi detta del Girotondo, descritta dallo stesso Bertelli, come una piccola repubblica formata da tutti gli abbonati del giornale, costituita da "un popolo sparso in tutta l'Italia, comprese naturalmente le provincie di Trieste, dell'Istria, di Gorizia, della Dalmazia e di Trento, poiché il nostro popolo non riconosce barriere politiche" (Ascenzi, 2009ASCENZI, Anna. Metamorfosi della cittadinanza: studi e ricerche su insegnamento della storia, educazione civile e identità nazionale in Italia tra otto e novecento. Macerata: EUM, 2009., p. 199). La Confederazione riproduceva le istituzioni di un vero e proprio stato-repubblica. Il presidente era Vamba, il parlamento era presieduto da Giuseppe Fanciulli, il governo centrale aveva sede a Firenze, mentre le prefetture si trovavano nelle città maggiori - comprese anche le città irredente di Trento e Trieste - e ad esse rispondevano i sindaci e le sindachesse delle varie sedi. Ma il tutto non si limitava ai confini del territorio italiano, perché vi erano anche ambasciatori in vari paesi - Ungheria, Austria, Germania, Francia e Dalmazia. La rubrica Pagine rosa fungeva da strumento di comunicazione tra le varie cariche.

Furono istituite anche delle Leghe, destinate a raccogliere ragazzi uniti da interessi comuni. Nacquero, così, la Lega dei golosi, la Lega Artistica, dei Fotografici, degli Sportivi etc. Ma la lega più importante fu l'Aidai - Associazione indissolubile di anime italiane, che aveva il compito di diffondere Il Giornalino della Domenica tra i fanciulli e ragazzi dei ceti meno abbienti e presso le istituzioni educative e assistenziali, procurando loro i mezzi per attivare un abbonamento. Il grande successo riscosso dalla Confederazione giornalinesca portò ad istituire una sorta di festa nazionale: la Festa del grillo - grilli erano chiamati gli abbonati del giornale -, che fu celebrata per la prima volta nel 1908 presso il Club Sportivo alle Cascine e che divenne un appuntamento fisso negli anni di vita del giornale, celebrato nel giorno dell'Ascensione.

Purtroppo l'esperienza de Il Giornalino della Domenica fu breve. Presto subentrarono problemi economici. Il giornale fu sostenuto nel primo anno di attività dall'editore fiorentino Bemporad, poi si fece carico del finanziamento del giornale lo stesso Bertelli. Nonostante il buon successo di pubblico riscosso, i costi di stampa e di distribuzione de Il Giornalino della Domenica erano alti e gli abbonamenti non riuscivano a coprire le spese. Tra il 1909 e il 1911 la passività aumentò notevolmente, a causa anche della concorrenza di riviste molto 'agguerrite' come il "Corriere dei piccoli" distribuito insieme alla massima testata giornalistica per adulti nazionale, ovvero il "Corriere della sera" di Milano (Loparco, 2011LOPARCO, Fabiana. I bambini e la guerra: il Corriere dei piccoli e il primo conflitto mondiale (1915-1918). Firenze: Nerbini, 2011.). Nel congedarsi dai suoi lettori, Bertelli spiegava in questi termini La morte del Giornalino:

Il vostro Giornalino muore. - Come! Ma se andava tanto bene! Già: andava molto bene ... moralmente. Ma non si è mai riusciti ad assicurarlo materialmente, perché ... Perché, miei cari, un giornale per essere una buona impresa industriale deve essere creato principalmente con questa mira e aver quel tanto di volgarità necessaria ad aprirgli le porte del gran pubblico. Mentre invece il Giornalino, fin dalla sua origine, si propose sempre di svolgere un serio programma educativo per avviare i suoi piccoli lettori a divenir buoni e bravi cittadini italiani i quali della propria italianità sentano gli alti doveri e le grandi idealità; e assorto in questo suo programma non pensò mai a farsene anche uno commerciale. (Il Giornalino della Domenica, 1911, VI, 23 lug. 1911, p. 17).

Successivamente Bertelli tentò di far rivivere Il Giornalino della Domenica. Ne riprese la pubblicazione il 22 dicembre 1918, proseguendo la vecchia numerazione. Furono ripristinate le rubriche di corrispondenza, Pagine rosa, quelle di enigmistica e quelle di filatelia. Fu recuperata la tradizionale Festa del grillo. Tuttavia il rilancio della rivista fu di breve durata. Bertelli morì il 27 novembre 1920 e l'ultimo numero de Il Giornalino della Domenica uscì listato a lutto, in onore del suo fondatore, il 5 dicembre 1920. La pubblicazione fu ripresa nel 1921 sotto la direzione di Giuseppe Fanciulli, che rimase fedele all'impostazione originaria de Il Giornalino. Poi dal 1924 fino al 1927 la testata fu diretta da Ferdinando Palazzi, il nome era lo stesso "ma il giornale era fondamentalmente diverso" (Michieli, 1965MICHIELI, Armando. Vamba. Brescia: La Scuola , 1965., p. 116).

Negli anni compresi tra la chiusura de Il Giornalino della Domenica del 1911 e la ripresa del 1918, Bertelli si dedicò principalmente alla scrittura di libri di lettura e di storia per ragazzi e alla raccolta in volume di alcuni suoi scritti precedentemente pubblicati in forma di articoli o rimasti inediti, tra i quali occupa un posto di primo piano il capolavoro assoluto di Vamba, ovvero Il Giornalino di Gian Burrasca, destinato a diventare un classico della letteratura giovanile. Bertelli firmò in questo periodo testi scolastici, editi da Bemporad, come la serie in 4 volumi Il giardino: letture per le scuole elementari, scritta insieme a Giuseppe Fanciulli e pubblicati nel 1914-1915, e i libri di letture storiche della collana in 4 volumi Come l'Italia diventò nostra, usciti nel 1917-19183 3 Sul programma editorale della Bemporad in tempo di guerra vedi Gibelli (2005). .

Diversi furono anche i libri di lettura di contenuto storico e morale destinati alla gioventù, editi sempre da Bemporad, come I bimbi d'Italia si chiaman Balilla. I ragazzi italiani nel risorgimento, pubblicato per la prima volta nel 1915; poi Resistere per esistere, edito nel 1917, e Un secolo di storia italiana (1815-1918), stampato dopo la guerra nel 1919.

Ancora a Firenze uscirono nel 1916, per i tipi dell'editore Landi, l'opuscolo di propaganda per il Prestito Nazionale Il segreto della vittoria, dove Bertelli, accompagnato dalle belle illustrazioni di Filiberto Scarpelli, incoraggia ciascun italiano a contribuire proporzionalmente ai propri mezzi per realizzare la "santa fusione di tutta l'anima nazionale in un solo pensiero, in un solo voto, in una sola volontà: la vittoria dell'Italia!" (p. 7)4 4 In merito al tema dei prestiti nazionali si veda Gibelli (2005, p. 53-55). ; presso la Tipografia Spinelli L'epitaffio di Francesco Giuseppe, raccolta di epigrafi di patrioti italiani condannati a morte dall'imperatore austriaco, introdotta da una significativa dedica a due patrioti irredentisti Cesare Battisti e Nazario Sauro e presentata quale documento di santo odio italiano oltre le tombe dei martiri e dei carnefici; e, ancora, nel 1916, Bertelli pubblicava per iniziativa dell'editore Bemporad l'appassionato ritratto della mazziniana e propagandista della causa italiana Jessie White Mario, che immaginava esultante in cielo nel vedere "le sue due patrie", l'Inghilterra e l'Italia, "unite nella stessa guerra santa contro la barbarie turca e tedesca" (p. 84). Presso l'editore romano Industria Grafica Nazionale, invece, fu data alle stampe nel 1918 la raccolta di documenti dedicati al risorgimento Ora e allora: documenti del nostro Risorgimento nazionale riprodotti in facsimile e illustrati.

In questo periodo Vamba scrittore ed uomo è animato da un principale obiettivo: formare il fronte interno educando le nuove generazioni ai valori patri. Interrotto l'impegno con Il Giornalino della Domenica, Bertelli si dedica con rinnovate energie alla missione civile di sempre, dando alle stampe un'ampia varietà di scritti destinati ai ragazzi, per completare l'opera che aveva già avviato sin dalle origini della sua vocazione di scrittore per ragazzi. Bertelli si sente parte di quella che lui definisce la generazione di mezzo, ovverosia una generazione che non ha partecipato alle imprese risorgimentali e che, per motivi anagrafici, non sarà chiamata a completare l'opera di edificazione nazionale (Ascenzi, Di Felice, Tumino, 2008ASCENZI, Anna; DI FELICE, Maila; TUMINO, Raffaele. Santa Giovinezza: lettere di Luigi Bertelli (1883-1920). Macerata: Alfabetica, 2008.). Questa precisa percezione della propria condizione, porta lo scrittore toscano a scegliere di dedicarsi totalmente alla causa dell'educazione etico-civile delle nuove generazioni. È questo infatti, a suo giudizio, l'unico contributo concreto che la generazione di mezzo può offrire: mantenere viva la memoria dei padri, per alimentare l'azione di coloro che saranno chiamati a completare l'opera degli antenati:

Quando i soldati italiani entrarono in Roma io ero entrato, invece, nel mio decimo anno di età ... e voglialtri ragazzi, al contrario non eravate ancora usciti all'onor del mondo. Felici i soldati che andarono a riconquistare alla patria la sua capitale - il suo cuore fiammante - e si trovarono a quell'incredibile scoppio di entusiasmo che Edmondo De Amicis (egli era tra loro) sa così ben racchiudere in un suo bel sonetto. E felici pur voi giovani di Italia, che non eravate allora nati e a cui forse un amico destino riserva la invidiabil fortuna di riconquistare alla Patria nell'avvenire altre sue membra doloranti sotto l'artiglio predatore di uno straniero. Chi sta peggio siam noi, nati troppo tardi e troppo presto per far qualcosa; noi che comparimmo alla luce mentre i nostri bravi babbi si battevano per l'Italia, noi che spariremo nell'ombra quando i nostri bravi figli si batteranno per completarla ... Pazienza! E cerchiamo almeno di fare una cosa: ricordare i nostri babbi che si batterono ai figli che si batteranno, consegnando all'avvenire pieno di speranza sempre accesa la fiaccola sacra dell'Ideale che affidò il passato pieno di gloria. (Il Giornalino della Domenica, 1906, I, n. 13, 16 set. 1906, p. 1)

Ciò che Vamba aveva intuito sin dalla fondazione de Il Giornalino della Domenica, per cui sentiva il compito educativo come la vera sfida della generazione di mezzo, alla quale dedicare ogni energia per arginare la corruzione morale e politica dilagante della classe dirigente, formando i giovani ad uno spirito nuovo e costruttivo, improntato sui valori della democrazia e della fratellanza, emerge con tutta la sua forza nel momento della prova estrema a cui viene sottoposto il paese durante il periodo bellico. In questo preciso frangente, le motivazioni etico-civili che caratterizzavano da sempre l'opera di Bertelli, assumevano una spinta nuova e più intensa. L'entrata in guerra dell'Italia andava sostenuta anche e soprattutto attraverso un'azione formativa di ampio raggio, che richiedeva di coinvolgere in primo luogo le nuove generazioni, impegnate a loro modo sul fronte della resistenza interna (Gibelli, 2005GIBELLI, Antonio. Il popolo bambino: infanzia e nazione dalla Grande Guerra a Salò. Torino: Einaudi, 2005.). Da qui, l'impegno profuso da Bertelli nella scrittura di manuali ed opuscoli destinati all'ampio pubblico degli alunni di scuola, specie delle elementari, e ai giovani non ancora pronti per la guerra.

Vamba e i libri di scuola in tempo di guerra

Durante il periodo del primo conflitto bellico mondiale i contenuti dell'insegnamento cambiano: "solo gli argomenti del patriottismo sembrano [...] dotati di parole legittime, capaci di scovare spiegazioni per dar senso a un discorso pedagogico sulla realtà della guerra in atto, della quale nessun maestro può in ultima analisi, e in coscienza, permettersi di tacere" (Fava, 2010FAVA, Andrea. Mobilitazione patriottica, assistenza all'infanzia, educazione nazionale nella scuola elementare dell'Italia in guerra (1915-1918). In: MENOZZI, Daniele; PROCACCI, Giovanna; SOLDANI, Simonetta (orgs.). Un paese in guerra: la mobilitazione civile in Italia (1914-1918). Milano: Unicopli, 2010, p. 147-182., p. 173). Tale cambiamento investe i programmi scolastici, i titoli dei dettati e dei componimenti, gli argomenti trattati a lezione e, naturalmente, anche i libri di scuola. I connotati patriottici dei testi scolastici di questo periodo emergono maggiormente dall'analisi dei manuali disciplinari destinati all'insegnamento di materie come la storia, investita da sempre del compito di forgiare lo spirito patrio degli italiani (Ascenzi, 2009ASCENZI, Anna. Metamorfosi della cittadinanza: studi e ricerche su insegnamento della storia, educazione civile e identità nazionale in Italia tra otto e novecento. Macerata: EUM, 2009.). In essi un tema classico come quello dell'esaltazione eroica dell'epopea risorgimentale assume una nuova valenza. La prima guerra mondiale diviene "l'ultima guerra del risorgimento" (Fava 1993, p. 147). Richiamare il passato serve per legittimare la guerra come strumento di riscatto dell'Italia e delle nazioni oppresse dagli imperi centrali. La prima guerra mondiale diviene per l'Italia l'occasione propizia per riconquistare le terre irredente - Trentino, Venezia Giulia, Istria, Dalmazia - e i manuali di storia non intendono solo rendere edotte le nuove generazioni sulle ragioni della guerra, ma vogliono legittimarla, educando ad un'idea di patria che richiede la prova delle armi. I giovani, allora, diventano i destinatari di un progetto di educazione civile che mira a fare degli scolari i custodi e i continuatori delle virtù nazionali e il perno di una strategia di guerra che non andava vinta solo con l'esercito e i cannoni, ma anche con la resistenza interna, con la mobilitazione sociale e la compattezza morale della popolazione, a cominciare dai giovanissimi (Gibelli, 2005GIBELLI, Antonio. Il popolo bambino: infanzia e nazione dalla Grande Guerra a Salò. Torino: Einaudi, 2005.).

La didattica della guerra si serve di esempi tratti dalla storia italiana e di gesta eroiche di soldati che combattono al fronte, per educare al patriottismo l'infanzia e la gioventù e, insieme ad essi, le loro famiglie. Alla base c'è l'idea di una popolazione scolastica che è destinataria di precisi messaggi ideologici e nel contempo strumento di propaganda del sentimento nazionale. Le pubblicazioni di Bertelli del 1915BERTELLI, Luigi. I bimbi d'Italia si chiaman Balilla: i ragazzi italiani nel Risorgimento nazionale. Firenze: Bemporad, 1915.-1918 sono, com'è stato giustamente rilevato, scritti "di propaganda per la resistenza" (Michieli, 1965MICHIELI, Armando. Vamba. Brescia: La Scuola , 1965., p. 151), che assumono connotati diversi a seconda del periodo in cui sono redatti e dei destinatari a cui si rivolgono, ma che nel loro complesso si presentano come una perfetta esemplificazione del tenore di quella pedagogia della guerra che anima la gran parte della manualistica scolastica italiana prodotta durante il primo conflitto mondiale.

Così i libri di lettura della collana Il Giardino, scritta da Bertelli insieme a Fanciulli nell'anno scolastico 1914BERTELLI, Luigi. Il giardino: letture per le scuole elementari. Firenze: Bemporad , v. 4, 1914-15.-1915, si popolano di fanciulli che sentono profondamente l'importanza del momento storico e che si mostrano ansiosi di dare il loro piccolo contributo al Paese. Ecco, allora, che nel libro per la terza classe troviamo Luisina, Mariuccia e Nella intente a realizzare "lunghe sciarpe di lana bigia con l'uncinetto" per soldati lontani dalle proprie case che, indossando queste sciarpe, potranno sentire, "oltre al calore della lana, [...] anche quello dei pensieri buoni" delle bimbe che le hanno confezionate (p. 28). Ma incontriamo anche Giovanni che, sapendo del passaggio di una truppa di soldati nel suo paese, organizza con i suoi compagni un piccolo angolo di ristoro con acqua, vino e sciroppi per regalare un po' di sollievo alle truppe in marcia (p. 131). Non mancano poi mamme che, nonostante il cuore stretto dall'angoscia e dal dolore, salutano i figli che partono per il fronte, incitandoli a compiere tutto il loro dovere (p. 123). Abbiamo ovviamente anche episodi che esaltano il valore e l'eroismo dei soldati che combattono per la patria, come nella lettura Gli alpini del libro di quarta classe, dove Alberto e suoi amichetti hanno l'onore di fare l'incontro con una gloriosa sezione di alpini e di apprendere dal racconto diretto del babbo di Alberto l'importanza del ruolo svolto da "questi soldati scelti, che difendono i nostri confini [... e] custodiscono le porte della patria, e sono stati i primi ad offrire la vita quando l'Italia ha voluto recuperare le terre che lo straniero ingiustamente occupava", tanto da suscitare nel piccolo Alberto il desiderio di seguire le loro orme, espresso con un'esclamazione di slancio fanciullesco: "Quando sarò grande farò l'alpino!" (p. 204). Si incontrano anche scuole trasformate in ospedali, che accolgono i feriti di guerra, come nel libro di lettura per la classe quinta (p. 269), attraverso le quali i bambini comprendono che quella storia del risorgimento, della quale hanno appreso a scuola i primi capitoli, continua nella "nuova guerra" (p. 271).

Uno dei temi chiave dei libri di testo di storia, sin dagli esordi del sistema scolastico nazionale, è rappresentato dal risorgimento. Gli episodi di valore di singoli eroi, le gloriose imprese di grandi padri della patria come Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II e le numerose traversie affrontate dal popolo italiano per raggiungere l'unità nazionale sono caricati di rinnovato valore nei libri scolastici prodotti durante la prima guerra mondiale e gli scritti di Bertelli rispecchiano perfettamente questo trend.

Sul fronte dei testi di natura precipuamente scolastica balza subito agli occhi, ad esempio, come lo scrittore toscano dedichi al risorgimento italiano un volume specifico dei libri di storia per le classi elementari della collana Come l'Italia diventò nostra. Si tratta del volume per la VI classe, intitolato per l'appunto Risorgimento, del quale la Commissione ministeriale per l'esame dei libri di testo delle scuole primarie e popolari del 1923-24 riferiva:

Nel volume per la VI classe il Bertelli illustra il nostro Risorgimento nazionale con sicura informazione di fatti avvincendo con la sua parola d'artista. Certi capitoli non si leggono senza commozione: oltre le battaglie con le armi il Bertelli lumeggia quelle combattute con la penna; e non dimentica mai la forza incivilitrice delle arti belle. (Michieli 1965MICHIELI, Armando. Vamba. Brescia: La Scuola , 1965., p. 153)

Ma lo scritto più importante della produzione di Bertelli di questo periodo, incentrato per l'appunto sulle vicende risorgimentali italiane, è senza dubbio I bimbi d'Italia si chiaman Balilla : i ragazzi italiani nel risorgimento nazionale. L'opera, come già ricordato, uscì nel novembre del 1915. L'Italia era entrata in guerra il 24 maggio di quell'anno. In realtà, Bertelli vi stava lavorando a tempo, in quanto aveva messo da parte, negli anni, diversi materiali sull'argomento. Certamente la nuova situazione vissuta dal Paese aveva rappresentato l'occasione e la spinta per la raccolta e pubblicazione di un lavoro meditato da tempo. L'opera appariva con una dedicata "a Giacomo e Augusto Morpurgo, soldati d'Italia nell'ora più bella della storia d'Italia" (p. VI). L'appellativo attribuito da Bertelli a questi giovani studenti fiorentini veniva presto chiarito. Bertelli, convinto interventista, vedeva nella prima guerra mondiale l'occasione per far sì che l'Italia raggiungesse i suoi confini naturali, con l'acquisizione delle cosiddette terre irredente. Quella di Bertelli non era una posizione condivisa da tutti in Italia, dove vi erano diversi partiti contrari alla guerra, ma certamente fu quella che prevalse tanto da determinare l'entrata del Paese nel primo conflitto mondiale5 5 Si veda ad esempio la posizione espressa dagli ambienti magistrali socialisti milanesi: Ghizzoni (2014, p. 21-30). Un panorama sulle forze politiche scese in campo a favore o contro l'intervento in guerra dell'Italia è proposto da Isnenghi e Rochat (2000, p. 85-122). . Nel settembre del 1914 i Morpurgo si erano fatti portavoce di un gruppo di studenti ancora troppo giovani "per servire la patria con le armi" che, in previsione dell'imminente guerra, volevano costituire a Firenze un'organizzazione con il compito di sostituire nei servizi pubblici i cittadini chiamati a combattere. Essi avevano invitato Bertelli a tenere una conferenza per "lanciare e illustrare l'idea". Da qui prendeva le mosse la conferenza dal titolo I ragazzi nel Risorgimento nazionale, che Bertelli tenne nel gennaio del 1915, presso la sala dell'Associazione degli Impiegati Civili di Firenze (p. X). L'evento servì per misurare le forze della popolazione poco prima dell'avvio di quella che veniva sentita da molti come la conclusione di una guerra di liberazione cominciata il secolo prima. Purtroppo l'iniziativa dei Morpurgo, come aveva a sottolineare Bertelli nella prefazione, veniva soffocata dagli "egoismi della miserrima burocrazia borghese e proletaria" (p. XI). Ma l'idea ormai era germogliata e, nonostante questi impedimenti esterni, aveva la possibilità di attecchire all'interno dei Comitati di Preparazione Civile, sorti a Firenze come in numerose altre città italiane per sostenere con un'"azione civile varia, intensa, feconda" l'azione militare (p. XI). Da queste circostanze Bertelli traeva spunto per dar forma a quei materiali sul risorgimento raccolti negli anni, per dare alle stampe un libro che, narrando "le virtù dei ragazzi di ieri", alimentasse "le virtù dei ragazzi di oggi" (p. VII).

L'opera prendeva il titolo da un verso de Il Canto degli italiani di Goffredo Mameli, divenuto poi inno ufficiale della Repubblica italiana, ed era descritto dall'autore stesso come un "amorevole commento storico" a quella strofa che ai suoi occhi appariva come la più degna e alta sintesi della "storia dei ragazzi del nostro risorgimento nazionale" (p. XII). In fondo, la figura del giovane ragazzo genovese, detto Balilla, che aveva innescato la rivolta popolare contro l'impero asburgico nel 1746, rappresentava un simbolo del risorgimento e per Bertelli il verso di Mameli, che richiamava questa figura ormai divenuta mitica, dovette apparire come il titolo più idoneo per questa sua opera dedicata alla gioventù nell'ora della "bella guerra liberatrice" (p. XIV)6 6 Sul tema dei piccoli eroi come modelli letterari e protagonisti della cronaca giornalistica nella fase della guerra: Gibelli (2005, p. 74-100). .

Nel testo egli proponeva una storia d'Italia, dal periodo delle repubbliche giacobine al 1915, che aveva per filo conduttore proprio l'eroismo giovanile. Brevi capitoli scandivano le fasi salienti di questo percorso: Prima dell'inno di Mameli, Le provocazioni austriache, Le cinque giornate di Milano, Durante la guerra del '48, Nel Mezzogiorno, La difesa di Venezia, La difesa di Brescia, L'Austria in Toscana, La difesa della repubblica romana, Il Cinquantanove, I Mille, Dopo il sessanta, Ai ragazzi d'oggi. Lo stile rapido e semplice, era proprio di una scrittura agile e avvezza a parlare ai ragazzi, che muoveva dalla volontà di offrire una lettura limpida e avvincente della recente storia nazionale alle nuove generazioni. Nella stesura del testo, infatti, Bertelli aveva in mente tutti i suoi ragazzi de Il Giornalino della Domenica, sia quelli che erano già caduti per la libertà della patria, come Mario Slataper e Giosuè Borsi, sia quelli che, come Giacomo e Augusto Morpurgo, si preparavano ad entrare in azione per portare a compimento l'unificazione italiana. A tutti dalle pagine de Il Giornalino prima e ora attraverso quelle de I bimbi d'Italia si chiaman Balilla aveva rivolto, in fondo, la stessa lezione improntata sulle virtù umane "più semplici e possibili a tutti, della bontà umana, della devozione alla Patria, dell'amore alla Libertà" (p. 207).

In questa prospettiva, il racconto del risorgimento nazionale fatto dai ragazzi per i ragazzi proposto da Bertelli ne I bimbi d'Italia si chiaman Balilla non poteva che concludersi con un augurio che voleva fungere da profezia, permettendo l'inverarsi di un sogno accarezzato da lunghi anni:

Così il Balilla dell'antica leggenda sta per apparire nella storia contemporanea. In quella che a voi ragazzi han fatto studiare finora - nella storia del nostro risorgimento nazionale che vi danno fin dalla terza elementare - avete imparato a mente che l'Italia, dopo il Congresso di Vienna del 1815 che vi iniziò il periodo della preponderanza austriaca, era divisa così e così. Ebbene: io, voi, i vostri fratelli, i vostri babbi e le vostre mamme, tutti quanti siamo italiani d'anima italiana, per tutto quel che amiamo sulla terra, per tutto quel che adoriamo nel cielo, per il sangue innocente di tanti bambini di cui fu bagnata la nostra Patria, per il ricordo del nostro passato, per la sicurezza del nostro avvenire e dell'avvenire d'ogni popolo civile, facciamo voto che i ragazzi abbiano a leggere quest'altro anno nel loro libro di storia nazionale questa aggiunta: "E dopo un secolo l'Italia, raggiunta finalmente la sua completa unità - questa nostra Italia così ben definita nazione dalla natura e dalla storia, e che un principe austriaco definì un'espressione geografica - cancellò interamente dalla carta geografica d'Europa quella vergognosa macchia multicolore la quale aveva preteso per secoli il titolo di nazione col nome di Austria". (p. 218)

I bimbi d'Italia si chiaman Balilla, come si è accennato, fu la prima di un significato nucleo di opere per ragazzi scritto da Bertelli durante la prima guerra mondiale. Nel 1917BERTELLI, Luigi. Resistere per esistere. Firenze: Bemporad , 1917. usciva l'opuscolo Resistere per esistere. Nel frontespizio dell'opera compariva una frase di particolare effetto del ministro degli esteri Sidney Sonnino: "Mai come oggi si può affermare con sicurezza che vincerà sui nemici chi saprà meglio vincere se stesso". Il 1917 è un anno topico per l'Italia, in quanto coincide con la sanguinosa sconfitta di Caporetto subita dalle truppe italiane nella valle dell'Isonzo ad opera dell'esercito austro-ungarico-tedesco7 7 Caporetto è un toponimo adottato nella lingua italiana per indicare una località situata tra le Alpi Giulie, un tempo italiana, oggi parte del territorio sloveno e denominata Kobarid. A Caporetto si svolse un evento centrale della storia della prima guerra mondiale, che ha segnato profondamente la memoria collettiva italiana. Nella notte tra il 24 e il 25 ottobre 1917 l'esercito austro-ungarico-tedesco sfondò il fronte italiano, occupò Caporetto e, nelle due settimane successive, prese possesso della fascia di territorio estesa tra il fiume Isonzo e il fiume Piave, costringendo le unità italiane ad una tragica ritirata, che si arrestò sul Piave, da dove fu riorganizzata la linea difensiva italiana. L'esercito italiano fu preso di sorpresa e le conseguenze della sconfitta, passata alla storia come la 'disfatta di Caporetto', furono ingenti: 130 chilometri di arretramento del fronte italiano, 11.000 morti, 29.000 feriti, 280.000 prigionieri, 350.000 militari sbandati, 400.000 civili in fuga dalle aree occupate verso il territorio italiano. Una puntuale ricostruzione degli eventi militari che segnarono la vicenda di Caporetto è proposta da Mario Isnenghi e Giorgio Rochat, che offrono anche un quadro di sintesi sulla vasta eco che ebbe la sconfitta presso l'opinione pubblica italiana (2000, p. 367-385). Antonio Gibelli (2004, p. 162-211), invece, ci ha offerto una narrazione particolare di questa tragica pagina della prima guerra mondiale, prendendo in esame le testimonianze scritte, per lo più lettere e pagine di diari, degli uomini e delle donne che come militari o civili furono testimoni diretti della disfatta di Caporetto. . Dopo quella che passò alla storia come la disfatta di Caporetto, il trattamento dei contenuti bellicistici entrò prepotentemente nelle aule italiane. Alla scuola venne chiesto il contributo massimo nell'attività di resistenza morale e militare, anche perché proprio la scuola veniva messa sul banco degli imputati, come la principale responsabile di questa sconfitta (Fava, 2010FAVA, Andrea. Mobilitazione patriottica, assistenza all'infanzia, educazione nazionale nella scuola elementare dell'Italia in guerra (1915-1918). In: MENOZZI, Daniele; PROCACCI, Giovanna; SOLDANI, Simonetta (orgs.). Un paese in guerra: la mobilitazione civile in Italia (1914-1918). Milano: Unicopli, 2010, p. 147-182.). Tale accusa era stata esplicitata da Luigi Einaudi, che il 18 novembre 1917EINAUDI, Luigi. La scuola ha adempiuto al suo dovere? Il Corriere della sera. Milano, 18 novembre 1917, p. 1-2. firmava con lo pseudonimo di Junius un articolo di fuoco, apparso sulle pagine del più autorevole giornale nazionale, il Corriere della sera. L'articolo si intitolava La scuola ha adempiuto al suo dovere? e proponeva una lettura moralistica della vicenda di Caporetto come dovuta allo sciopero dei militari italiani, che non erano stati educati alla sacralità della patria. La scuola italiana non era riuscita ad eguagliare quella delle altre potenze europee, quali Francia, Inghilterra, Germania e la stessa Austria, in quanto non era stata in grado di inculcare nel suo popolo un sentimento di amore incondizionato per la patria. In particolare, Einaudi attaccava l'inefficacia delle metodologie didattiche adottate per l'insegnamento della storia, ancorato ad un'impostazione obsoleta, basata su astratti elenchi di date e parole da mandare a mente. Egli invitava gli insegnanti ad un esame di coscienza, ma il suo vero bersaglio era in realtà la scuola dell'età giolittiana, che condannava in blocco (Einaudi, 1917). L'articolo innescò un ampio dibattito, dal quale emerse l'urgente necessità di un cambio di passo nel sistema scolastico nazionale, al quale si chiedeva di abbandonare gli astratti valori del passato per assolvere al suo compito primario di formare l'identità e la coscienza nazionale degli italiani (Fava, 2010).

È in questo clima che Bertelli scrive Resistere per esistere, un'opera apparsa nel 1917BERTELLI, Luigi. Resistere per esistere. Firenze: Bemporad , 1917. con una dedica "alla gioventù delle nostre scuole mentre al confine d'Italia si decide forse la lotta fra le civiltà e la barbarie". Donato dall'autore e dall'editore Bemporad al Comune di Firenze, il testo si proponeva come una sorta di appello alla resistenza, scritto per combattere il disfattismo ed incoraggiare la riscossa del popolo italiano8 8 Sulle insidie ordite dal cosiddetto nemico interno vedi Gibelli (2014, p. 168-174). , la quale andava alimentata in primis dalle giovani generazioni, quale nerbo della resistenza e della propaganda interna:

A voi giovani, di mente limpida non annebbiata dai meschini egoismi del bene immediato, apparirà subito evidente la necessità della guerra fino alla vittoria, malgrado abbiate sentito ogni tanto da parti diverse ripetere come in un sospiro una dolce parola: Pace. [...]. Pace di morte sarebbe per la Patria oggi la pace - e non possono consigliarla che i corvi e gli sciacalli. Bisogna dunque resistere per non morire. Resistere ... resistere ancora tutti, poi che l'Italia ha già cominciato a esistere di nuova vita, della via che intravidero i suoi eroi e i suoi martiri di oggi e di ieri morendo [...]. Ella esiste, ella deve esistere; e poi che la sua esistenza è vita di libertà e di progresso, vita di civiltà, vita di bene, noi dobbiamo tutti, dunque, unire le nostre voci in un solo grido: - Viva l'Italia! (p. 23).

In questo appello accorato alla resistenza fino alla vittoria risiede tutta la fiducia di Bertelli nella giusta causa della guerra combattuta dagli italiani, superata la quale egli era convinto che sarebbe iniziata una nuova stagione della storia nazionale, quella dell'Italia finalmente unita e libera:

E intanto anche a voi, giovani delle nostre scuole, tocca l'obbligo di concorrere alla propaganda per la resistenza in questa suprema ora della Patria; a voi anzi più che ad altri, poi che la vostra generazione godrà nella Italia rinnovata i bei frutti della vittoria raggiunta col sangue de' vostri padri e dei vostri maggiori fratelli. (p. 9)

La dolorosa pagina di Caporetto veniva ricostruita da Bertelli in un altro libro di storia destinato alla scuola, Un secolo di storia italiana (1815-1918):

La giornata di Caporetto, che aveva fatto risalire le azioni degli austriaci, sembrò per un momento dovesse abbattere il nostro coraggio, e decidere a nostro danno le sorti della guerra. Ma invece di avvilirci sotto i colpi dell'avversa fortuna, noi traemmo dalla immeritata sventura nuova lena per affrontare le prove che ancora ci attendevano. [...]. Durante un primo tentativo di sbarramento lungo il corso del Tagliamento, le nostre unità ebbero il tempo di ricostituirsi. Poi dovemmo ancora arretrare per andarci ad appoggiare sulle predisposte linee di difesa del Piave, dove l'avanzata nemica fu nettamente arrestata, e di dove prese le mosse la nostra vittoriosa controffensiva. (p. 253)

Finalmente, in Un secolo di storia italiana (1815-1918) Bertelli poteva raccontare il capitolo conclusivo della storia del risorgimento nazionale che, questa volta, a differenza del testo I bimbi d'Italia si chiaman Balilla, veniva ripercorso con un taglio storiografico classico, lungo il quale l'autore mostrava di muoversi con la sua solita creatività e verve scrittoria, alternando i grandi episodi dell'epopea risorgimentale ai profili biografici dei più illustri artefici del processo unitario: L'Italia dal 1815 al 1820, I primi moti, Il periodo delle illusioni, L'apostolo e i primi martiri dell'Unità (Giuseppe Mazzini), Sangue e inchiostro, Il Quarantotto, L'anno degli sfortunati eroismi, Garibaldi, Dal Quarantanove al Cinquantanove, Il Cinquantanove, Dalla pace di Villafranca alla spedizione di Marsala, L'Italia vuol Roma, Il Sessantasei, L'Italia a Roma, Dall'Italia redenta scompaio i redentori (Giuseppe Garibaldi, Vittorio Emanuele II), Umberto I e il suo regno, L'Italia all'alba del XX secolo, La quarta guerra dell'indipendenza italiana. Anche Un secolo di storia italiana (1815-1918) nasceva come testo da adottare nelle scuole e da far circolare nelle case. A confermarlo, questa volta non c'era una dedica esplicita, ma quello stile narrativo schietto e semplice, frammisto ad illustrazioni sapientemente posizionate in dialogo con il testo, proprio del Bertelli educatore. L'opera usciva nel 1918-1919, a prima guerra mondiale conclusa, presentata chiaramente come La quarta guerra dell'indipendenza italiana. E se il testo si apriva con un epitaffio di commento molto allusivo al primo capitolo, L'Italia dal 1815 al 1820, nel quale si faceva riferimento alla forma a stivale del Paese, "Una gamba che camminava bene in tutto il mondo anche con le catene al piede"; in chiusura del capitolo La patria compiuta, Bertelli poteva proclamare, con il cuore ricolmo di orgoglio e speranza:

La "gamba" stesa nell'azzurro dei mari finalmente ed incontestabilmente nostri, è oggi munita di un saldo stivale, compiuto fino nelle sue bordure terminali, che le permetterà ormai di affrontare anche i più lunghi, i più disagevoli viaggi verso l'avvenire! [...] Pensate: questa nostra Italia ha potuto affermare la propria superiorità nelle arti, nelle lettere e nelle scienze, ha saputo dettare leggi che, a traverso i secoli costituiscono ancora oggi la base del diritto presso tutti i popoli più grandi e più civili della Terra, e tutto questo ha potuto fare sotto il tormento incessante delle invasioni, delle signorie straniere, sotto le strettoie dei ceppi del servaggio. Ebbene, che cosa dovrà essa fare adesso, libera, grande, forte, rispettata, adesso che vede raccolti in una stessa famiglia tutti i suoi figli, tutti coloro che parlano lo stesso dolcissimo idioma? La risposta a questa domanda la darete voi, ragazzi, perché è a voi che questa grande Madre comune - "espressione geografica" del principe di Metternich - apre amorosamente le braccia, è a voi che essa offre le sue libere terre, le sue vergini forze, le sue inesauribili risorse, affinché le fecondiate col vostro studio, col vostro lavoro. Quella che comincia oggi, è una Storia nuova, ed è proprio a voi, giovani, che è commesso dalla sorte di scrivere, sui fogli dell'avvenire, pagine che sian degne di quelle del passato. Voi dovete essere legittimamente fieri, orgogliosi dei vostri maggiori, e il ricordo delle loro virtù, delle loro opere, deve spronarvi ad emularne le gesta, perché questo retaggio di esempi non vada perduto, ma sia germe fecondo di nuova grandezza per la Patria nostra! (p. 258).

Conclusioni

La gioia di Bertelli per la felice conclusione della prima guerra mondiale fu turbata dalla mancata annessione di Fiume e proprio questa vittoria mutilata aveva spinto il poeta Gabriele D'Annunzio, alla guida di 2.600 legionari, ad occupare la città il 12 settembre 1919. Il Giornalino della Domenica, allora, era rinato da appena un anno, ma non poteva esimersi dall'appoggiare l'impresa fiumana, avendo sostenuto sin dalla fondazione la causa delle terre irredente. L'esperienza de Il Giornalino, infatti, come si ricorderà, si era chiusa nel 1911, ma la sua "grande famiglia [...] era rimasta unita e, una volta risorta, il sentimento di amor patrio si era rivelato nuovamente forte" (Gallo, 2008GALLO, Claudio. Vamba e i ragazzi del Giornalino della Domenica a Fiume. Atti dell'Accademia Roveretana degli Agiati. Rovereto, v. 8, n. 1, 258, 2008, p. 293-329., p. 300). Le Pagine rosa della testata ospitarono prontamente lettere di giovani lettori entusiasti per l'impresa, la Confederazione Giornalinesca aveva lanciato immediatamente una sottoscrizione per Fiume Italiana, la più italiana città d'Italia e i convegni promossi per ricordare la vittoria di Vittorio Veneto ben presto si erano trasformati in occasioni per mobilitare i ragazzi in favore della causa fiumana. Inoltre, l'ormai anziano ma arzillo direttore della testata, in compagnia del fidato Fanciulli e di altri stretti collaboratori, era partito alla volta di Fiume e il racconto del suo viaggio era stato riportato puntualmente nelle pagine del settimanale, che subito dopo aveva accolto anche le appassionate narrazione delle gesta del poeta soldato e dei suoi uomini. Per tutta la durata dell'impresa di Fiume, Il Giornalino fu protagonista di un vasto movimento di mobilitazione. L'occupazione della città si chiuse con il trattato di Rapallo del 1920 e con le terribili giornate del Natale di sangue del 1920, che videro il regio esercito italiano scontrarsi con le forze guidate da D'Annunzio. La morte risparmiò Bertelli dall'assistere all'epilogo della vicenda fiumana. Egli, com'è stato giustamente rilevato, aveva coltivato "il sogno che dalla battaglia per Fiume italiana sarebbe emersa una nuova classe dirigente capace di dare vita a una democrazia compiuta fondata su un nuovo rapporto tra cultura e politica" (Gallo, 2008, p. 297). In realtà, proprio in quegli anni il Fascismo stava preparando la sua ascesa al potere. Il colto mazziniano, repubblicano e federalista direttore de Il Giornalino non visse questa fase buia della storia del Paese, ma i suoi scritti sì.

Com'è noto, infatti, tanta parte della produzione di Bertelli esaminata in questo articolo fu oggetto di una bieca e ampia opera di strumentalizzazione durante il ventennio fascista. L'esempio più noto lo troviamo proprio nel testo più rappresentativo della manualistica scolastica realizzata dall'autore toscano negli anni della prima guerra mondiale, ovvero I bimbi d'Italia si chiaman Balilla. L'opera fu pubblicata, in versione corretta ed accresciuta, nel 1921 e nel 1928, a cura di Ermenegildo Pistelli e nel 1936 a cura di Aldo Valori, due antichi collaboratori de Il Giornalino. In queste edizioni si compì una fascistizzazione dei contenuti del testo, stravolgendo completamente il pensiero dell'autore. La stessa operazione fu attuata con altri testi di Bertelli, in modo così spudorato e dirrispettoso della sua ideologia, che nel 1924 la stessa commissione centrale per l'esame dei libri di testo, presieduta da Giuseppe Lombardo Radice, nel valutare la nuova edizione del libro di lettura per le scuole elementari dell'opera di Vamba O patria mia, giudicava imbarazzanti le integrazioni apportate:

C'è un solo rilievo da fare all'editore [Bemporad], per aver fatto aggiornare il terzo volume delle ultime vicende politiche, senza citare il nome del compilatore. Il Vamba è morto da anni, né era dotato di spirito profetico per dettare la visione della marcia su Roma; per il rispetto dovuto allo scrittore e all'educatore, era opportuno non accreditare con il suo nome pagine che [...] mancano di veri e propri pregi artistici. (Ascenzi, 2009ASCENZI, Anna. Metamorfosi della cittadinanza: studi e ricerche su insegnamento della storia, educazione civile e identità nazionale in Italia tra otto e novecento. Macerata: EUM, 2009., p. 212)

Questa operazione di manipolazione del pensiero di Vamba compiuta negli anni del regime fascista, ha impedito un approccio corretto ed autentico al pensiero dell'autore toscano anche nel secondo dopoguerra. Solo di recente la storiografia ha saputo gettare nuova luce su questo protagonista della scena culturale e politica italiana vissuto a cavallo di due secoli, del cui spirito egli si fece portavoce presso il pubblico dei giovanissimi attraverso la promozione di imprese letterarie fortemente innovative e rispettose delle peculiarità intellettuali dei suoi destinatari.

Questo processo di riscoperta e, in parte, di riabilitazione di Luigi Bertelli scrittore per l'infanzia si è soffermato soprattutto sullo studio della sua creatura più cara e geniale, Il Giornalino della Domenica, ma ha lasciato da parte numerosi altri frutti dell'indomabile penna di questo fertile ingegno. Con il presente articolo si è voluto offrire un saggio del Bertelli patriota, interventistica e irredentista, che operò negli anni del primo conflitto mondiale dando alle stampe numerosi scritti destinati alla scuola e alla gioventù, con l'intento di infondere nelle nuove generazioni quell'amore per l'Italia unita e libera, che riteneva base imprescindibile del progetto di educazione etico-civile avviato dalle pagine de Il Giornalino. Un progetto animato da un'autentica religione civile, dove il termine fede, più volte utilizzato dall'autore, designava il granitico convincimento che il bene comune fosse il valore più alto che ogni singolo individuo doveva perseguire, anche al fine di proteggere e salvaguardare la propria felicità e realizzazione personale. Solo alla luce di queste premesse è possibile comprendere i motivi di fondo e il significato più vero dell'appello accorato rivolto dal Bertelli educatore e scrittore ai suoi ragazzi nel momento estremo della prova del paese successivo alla disfatta di Caporetto, laddove affermava:

Questo libretto che vede la luce in questi giorni di ansia, nei quali si è cambiata la situazione militare dell'Italia, ma non la fede, che abbiamo salda in cuore, nel suo esercito, nella sua vittoria. E se qualcuno tenterà di togliervi la facoltà di discutere a causa della vostra giovine età, ricordategli che, oltreché un dovere, questa propaganda è per voi anche un diritto, dicendogli: - Poiché noi siamo l'avvenire abbiamo bene il diritto d'opporci a che esso sia da ogni malizia e da ogni fiacchezza compromesso o tradito (Resistere per esistere, p. 5)

Figura 1
Arma la prora e salpa verso il mondo, copertina illustrata da Filiberto Scarpelli, Il Giornalino della Domenica, III, 34, 23 ago., 1908, Biblioteca del Centro di documentazione e ricerca sulla storia del libro scolastico e della letteratura per l'infanzia dell'Università di Macerata (in seguito Cesco), coll.: Cesco VMB.II 2 004(1909).

Figura 2
Palloni e dirigibili, copertina illustrata da Aleandro Terzi, Il Giornalino della Domenica, IV, 40, 3 ottobre 1909, Biblioteca Cesco, coll.: Cesco VMB.II 2 005(1910).

Figura 3
Illustrazione tratta dal libro di letture per la scuola elementare di Bertelli Il Giardino. Vol. per la III classe, (1914-1915), p. 133, Biblioteca Cesco, coll.: Cesco RCC.I 00407.

Figura 4
Illustrazione di Filiberto Scarpelli tratta dall'opuscolo di propaganda nazionale scritto da Bertelli Il segreto della vittoria (1917), p. 8, Biblioteca Cesco, coll.: Cesco LET.II 00379.

Figura 5
Frontespizio dell'opera di Bertelli L'epitaffio di Francesco Giuseppe (1916), Biblioteca Cesco, coll.: Cesco LET.II 00375.

Figura 6
Antiporta con ritratto di Jessie White Mario, tratto dalla biografia scritta da Bertelli a lei dedicata (1916); Biblioteca comunale Saffi di Forlì, coll.: Mastri L 5D 0007 28.

Figura 7
Copertina della prima edizione del volume di Bertelli I Bimbi d'Italia si chiaman Balilla (1915), Biblioteca statale di Cremona, coll.: Ragaz.I.5,

Figura 8
Copertina dell'edizione della nuova edizione aggiornata e annotata da Aldo Valori de I Bimbi d'Italia si chiaman Balilla (1936), Biblioteca Cesco, coll.: Cesco LET.II 00010.

Figura 9
Copertina illustrata da Filiberto Scarpelli dell'opera di Bertelli Resistere per esistere (1917), Biblioteca di San Severino Marche, coll.: FA 5 I 1 314.

Figura 10
Copertina illustrata da Dino Tofani della nuova edizione del manuale di storia di Bertelli Un secolo di storia italiana (1928), Biblioteca Cesco, coll.: CRM I 903.

Referências

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  • 1
    Sulla vita di Bertelli: Michieli (1965); Ascenzi, Di Felice, Tumino (2008); Ascenzi (2009).
  • 2
    Con la categoria storica di Risorgimento si intende, com'è noto, il movimento politico e culturale che, nel corso del 19 secolo, accompagnò il processo di unificazione della penisola italiana. Per un primo approccio all'argomento, vedi Banti (2004); Della Peruta (1997).
  • 3
    Sul programma editorale della Bemporad in tempo di guerra vedi Gibelli (2005).
  • 4
    In merito al tema dei prestiti nazionali si veda Gibelli (2005, p. 53-55).
  • 5
    Si veda ad esempio la posizione espressa dagli ambienti magistrali socialisti milanesi: Ghizzoni (2014, p. 21-30). Un panorama sulle forze politiche scese in campo a favore o contro l'intervento in guerra dell'Italia è proposto da Isnenghi e Rochat (2000, p. 85-122).
  • 6
    Sul tema dei piccoli eroi come modelli letterari e protagonisti della cronaca giornalistica nella fase della guerra: Gibelli (2005, p. 74-100).
  • 7
    Caporetto è un toponimo adottato nella lingua italiana per indicare una località situata tra le Alpi Giulie, un tempo italiana, oggi parte del territorio sloveno e denominata Kobarid. A Caporetto si svolse un evento centrale della storia della prima guerra mondiale, che ha segnato profondamente la memoria collettiva italiana. Nella notte tra il 24 e il 25 ottobre 1917 l'esercito austro-ungarico-tedesco sfondò il fronte italiano, occupò Caporetto e, nelle due settimane successive, prese possesso della fascia di territorio estesa tra il fiume Isonzo e il fiume Piave, costringendo le unità italiane ad una tragica ritirata, che si arrestò sul Piave, da dove fu riorganizzata la linea difensiva italiana. L'esercito italiano fu preso di sorpresa e le conseguenze della sconfitta, passata alla storia come la 'disfatta di Caporetto', furono ingenti: 130 chilometri di arretramento del fronte italiano, 11.000 morti, 29.000 feriti, 280.000 prigionieri, 350.000 militari sbandati, 400.000 civili in fuga dalle aree occupate verso il territorio italiano. Una puntuale ricostruzione degli eventi militari che segnarono la vicenda di Caporetto è proposta da Mario Isnenghi e Giorgio Rochat, che offrono anche un quadro di sintesi sulla vasta eco che ebbe la sconfitta presso l'opinione pubblica italiana (2000, p. 367-385). Antonio Gibelli (2004, p. 162-211), invece, ci ha offerto una narrazione particolare di questa tragica pagina della prima guerra mondiale, prendendo in esame le testimonianze scritte, per lo più lettere e pagine di diari, degli uomini e delle donne che come militari o civili furono testimoni diretti della disfatta di Caporetto.
  • 8
    Sulle insidie ordite dal cosiddetto nemico interno vedi Gibelli (2014, p. 168-174).

Publication Dates

  • Publication in this collection
    Sep-Dec 2016

History

  • Received
    13 Mar 2016
  • Accepted
    27 July 2016
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