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Ippone l’ateo e la storia dell’umido

Hippo the Atheist and the story of the moist

Resumo:

A dispetto della stroncatura di Aristotele, Ippone, nel V secolo a.C., si dimostra un pensatore ben inserito nelle correnti culturali più vive ed interessanti del suo secolo. Accomunato ai Milesi per aver posto l’acqua come principio di tutte le cose, è stato considerato anche un pitagorico per aver affermato l’importanza del gioco dei contrari nel nascere e nell’evolversi delle cose. In realtà, queste caratterizzazioni si dimostrano piuttosto generiche, e l’appartenenza a questa o a quella scuola non dà ragione della specificità della sua posizione nell’ambiente culturale mediterraneo e magno-greco, specificità ben rinvenibile anche nella scarsezza delle testimonianze. Più che l’acqua, per Ippone, ammesso che abbia voluto stabilire un’arché di tutte le cose, è l’umido a giocare un ruolo fondamentale nell’essere e nel divenire delle cose. In questo articolo si tenta anche di tracciare un profilo della storia dell’umido, dai Milesi a Eraclito, ad Alcmeone, a Diogene di Apollonia, fino a Democrito. E si vuole inoltre sottolineare come esso rientri anche nel campo specifico delle sue riflessioni, incentrate soprattutto nel campo biologico ed embriologico, riflessioni sempre obbedienti, più che a teorie generali, all’osservazione dell’esperienza concreta.

Palavras-chave:
Ippone; Milesi; Pitagorici; biologia

Abstract:

In spite of Aristotle's criticism, Hippo, in the 5th century BC, proved to be a thinker well inserted in the most lively and interesting cultural trends of his century. Associated with the Milesians for having set water as the principle of all things, he was also considered a Pythagorean for having affirmed the importance of the play of opposites in the birth and evolution of things. In reality, these characterizations prove to be rather generic, and belonging to this or that school does not give an account of the specificity of his position in the Mediterranean and Magna Grecia cultural milieu, a specificity that can also be seen in the scarcity of evidence. More than water, for Ippone, assuming that he wanted to establish an arché of all things, it is the wet that plays a fundamental role in the being and becoming of things. This article also attempts to outline the history of moisture, from the Milesians to Heraclitus, Alcmeon, Diogenes of Apollonia, and Democritus. We also wish to emphasize how this is part of the specific field of his reflections, focused above all on the biological and embryological fields, reflections that are always obedient, rather than to general theories, to the observation of concrete experience.

Keywords:
Hippo; Milesians; Pythagoreans; Biology

Poco sappiamo di Ippone, vissuto nel V secolo, al tempo di Pericle; tuttavia non mancano alcune testimonianze che ci consentono di tracciare un suo profilo di filosofo e di scienziato. Vi è incertezza nelle fonti sul suo luogo di nascita: nel catalogo di Giamblico1 1 v. Pith. 267. è di Samo, e così anche per Aristosseno2 2 in Censor. de. d. nat. 5,2. ; per Censorino, invece3 3 de d. nat. 5, 2. , è di Metaponto; per Menone4 4 In Anonymi Londinensis ex Aristotelis iatricis Menoniis et aliis medicis eclogae, ed. H. Diels, Berlin 1893. è di Crotone; per Sesto Empirico5 5 Pyrr. hypot. III 30. è di Reggio (cfr. DK58A1). Luoghi diversi, come si vede, ma comunque appartenenti ad un’area mediterranea che va da Samo e dalla Ionia alle colonie greche della Magna Grecia, il che ci fa pensare ad una collocazione di Ippone in un ambiente ionico e pitagorico. Può essere probabile che da Samo sia venuto in Magna Grecia6 6 Cfr. Maddalena 1970, pp. 226-227: anche se nella sostanza Ippone si distacca dal pitagorismo, tracce notevoli di influenza pitagorica si scorgono nell’opera sua. ; i riferimenti a Samo, Metaponto e Crotone, fanno subito pensare ad un influsso delle dottrine pitagoriche, ma l’influenza dei pensatori ionici, come quella di Talete, Anassimandro, Anassimene, Diogene di Apollonia, è anche evidente, come vedremo7 7 Per la Timpanaro Cardini 1964, p. 266, in Ippone c’è certamente un’eredità ionica, ma questa, venuta a contatto con l’ambiente razionalistico della scuola medica di Crotone, ne subisce l’influsso e si evolve in una dottrina biologica molto vicina, anche in parte in polemica, con la dottrina di Alcmeone. .

Su Ippone ha pesato forse il giudizio negativo espresso da Aristotele, nella Metafisica, che giudica il suo pensiero “di poca importanza”8 8 Il passo si trova in un contesto, metaph. 983a-985a, nel quale, dopo aver chiarito che per questa scienza, la metafisica appunto, bisogna innanzi tutto acquisire la scienza delle cause (αἰτίων ἐπιστήμη), che, come è noto, per Aristotele sono quattro, l’essenza (οὐσία), la materia e il sostrato (ὕλη καὶ τὸ ὑποκείμενον), ciò da cui dipende l’inizio del movimento (ὅθεν ἡ ἀρχὴ τῆς κινήσεως), e infine “ciò in vista di cui” e il bene (τὸ οὗ ἕνεκα καὶ τἀγαθόν). Segue il famoso passo (983b6-13) in cui si dice che coloro che per primi filosofarono pensarono che i principi di tutte le cose fossero di tipo materiale (ἐν ὕλης εἴδει), ma non tutti dicono lo stesso sul numero e sul tipo di questo principio. E così anche Talete e coloro che teologizzarono sull’acqua (Oceano, Teti, il giuramento sullo Stige); ma certo, si dice come in un inciso, «nessuno collocherebbe tra questi Ippone per la poca importanza del suo pensiero (διὰ τὴν εὐτέλειαν αὐτοῦ διανοίας)» - (εὐτέλεια = a basso prezzo, di poco pregio, grettezza, e quindi povertà di concetti) (DK38A7). Ippone comunque non è il solo a godere di un simile giudizio da parte di Aristotele: Empedocle, per esempio, parlava come un bambino (983a5), e comunque tutti i filosofi che hanno preceduto Aristotele parlarono in modo vago e per nulla chiaro (metaph. 985a10), e tutti sembrano parlare non sapendo quello che dicono, né a sufficienza né con coerenza (985a15-20). Questo passo continua poi così (metaph. 986b25): «per la presente ricerca si possono lasciare da parte due filosofi, Senofane e Melisso, che sono alquanto grossolani (μικρὸν ἀγροικότεροι)». E tra Parmenide e Melisso, infine, questi è «molto più rozzo (μᾶλλον φορτικός)». (Noto che nel tradurre questa testimonianza, in DK30A7, erroneamente, ne I Presocratici, a cura di Reale 2006, si dice «Zenone e Melisso» invece di «Senofane e Melisso», nonostante che nel testo greco, riportato a fronte, si nominino appunto «Senofane e Melisso»). ; e questo giudizio, come sempre, ha influenzato le fonti antiche, giungendo fino alla storiografia dell’età contemporanea9 9 Già Zeller aveva scritto che il giudizio poco favorevole sulla sua capacità filosofica «ci fa lamentare meno la penuria dei dati trasmessici sulla sua dottrina. Egli era forse, piuttosto che un filosofo, un naturalista empirico; ma neppure in quanto tale sembra, da ciò che di lui ci è tramandato, che sia stato autore di grande importanza» (Zeller, p. 257). E perfino un grande studioso come il Mondolfo, poco propenso a seguire i (pre)giudizi di Aristotele, nella sua Nota sugli epigoni della scuola Ionica e Diogene d’Apollonia (in Zeller-Mondolfo 1967, pp. 282-287), notando che la classificazione di Ippone e Diogene come epigoni della scuola ionica è seguita dagli storici successivi allo Zeller (mentre Gomperz, per esempio, colloca Ippone e Diogene, con Archelao, Metrodoro e Ippaso, tra gli eclettici; anche alcuni studiosi contemporanei pongono Ippone tra gli eclettici, come per esempio Preti 1978, p. 125), giudica quest’epoca che comprende Ippone, Archelao, Metrodoro di Lampsaco, Cratilo e Diogene di Apollonia, un’epoca di “deficiente vigore speculativo”, anche riconoscendo a Diogene una statura intellettuale superiore (p. 283). Anche per Maddalena 1970, p. 224, Ippone rappresenta un regresso rispetto agli Ionici. . Inoltre sulla fama di Ippone pesava anche la sua nomea di empio10 10 L’empietà di Ippone fu messa in ridicolo nella commedia da Cratino: cfr. Schol. Aristoph. Nub. 94 sgg. (DK38A2): «“Questo è il pensatotio delle anime sapienti. Qui abitano uomini che, nominando il cielo, ti persuadono ch’è un forno, e che sta intorno a noi, e noi siamo le bragi”. Queste cose le disse già Cratino, nella commedia Gli onniveggenti, del filosofo Ippone, mettendolo in ridicolo». Nella sua commedia Gli onniveggenti (πανόπται), mette in ridicolo la filosofia del suo tempo e i giovani che la professano, capaci di sentir nascere l’erba. Gli onniveggenti erano il coro della commedia e avevano una maschera a due teste e innumerevoli occhi. In uno scolio a Clemente (Schol. Clem. Protr. IV 103 = DK38A2), si dice esplicitamente che Cratino fa menzione di Ippone come empio. Cfr. Gomperz 1967, II, p. 152. o di ateo. Nomea che, a differenza di quella di altri filosofi pure inseriti negli antichi cataloghi di atei, come per esempio Diagora di Melo11 11 Su cui si veda il lavoro di Winiarczik 2016. , aveva un fondamento nella sua filosofia naturale, come si può dedurre da alcune testimonianze significative. Per esempio Simplicio12 12 Phys. 23, 22 = DK38A4. , accostando Talete e Ippone, dice che per loro il principio è l’acqua, e che Ippone sembra essere stato anche ateo, «mossi a dir questo dall’osservazione dei fenomeni percepibili (ἐκ τῶν φαινομένων κατὰ τὴν αἴσθησιν)». Una chiara indicazione che il suo ateismo, se c’è stato, era fondato sui presupposti di una filosofia pienamente naturale; la stessa osservazione trova conferme anche in altre testimonianze. Come per esempio in quelle di Alessandro13 13 Alex. metaph. 27,1. , che sostiene che la qualifica di ateo risaliva già ad Aristotele: «Aristotele dice che Ippone era ateo», aggiungendo che per lui sono solo gli uomini eccezionali ad essere immortali14 14 L’idea che solo gli uomini insigni diventino immortali (che poi sarà riaffermata dal sofista Prodico) è considerata abbastanza benevolmente dal vescovo Clemente (Clem. Alex. protr. 2, 55 = DK38B2): non c’è da irritarsi con Ippone che immortalava la sua morte (ἀπαθανατίζοντι τὸν θάνατον τὸν ἑαυτοῦ). Fece scrivere sul suo sepolcro questo distico: «È questa la tomba di Ippone che dopo la morte / pari agli dèi immortali rese la Moira». Mentre in genere gli scrittori cristiani consideravano atei tutti i pagani, Clemente vedeva in loro una nota positiva, non foss’altro che perché la loro critica alle divinità pagane poteva anche accettarsi: «mi meraviglio come abbiano detti atei… Ippone… [e altri] che hanno visto più acutamente degli altri quanto fosse errata la concezione che si aveva di questi dèi» (Clem. Alex.protr. 2, 24 = DK38A8). ; dello pseudo-Alessandro15 15 [Alex.] in metaph. 462,29 (DK38A9). : Ippone fu detto ateo perché disse che nulla c’è oltre le cose percepibili (παρὰ τὰ αἰσθητά); di Filopono16 16 Philop. de anima 88, 23. Per Maddalena 1970, p. 231, la notizia di Filopono è solo congettura: è possibile che Ippone nella commedia di Cratino fosse rappresentato come ateo, e di lì gli sia nato il soprannome, e questo spiegherebbe appunto perché la qualifica di ateo sia stata data a lui e non a Talete. : fu detto ateo perché causa di tutte le cose era per lui soltanto l’acqua.

L’acqua come principio di tutte le cose, per Ippone, è teoria testimoniata dagli antichi, per esempio da Filopono, nella testimonianza sopra riportata, ed è ciò che ha fatto accomunare il Nostro a Talete, e in genere all’ambiente milesio. Tuttavia sono da notare due cose, che l’acqua è strettamente abbinata all’umido (τὸ ὑγρόν), tanto che si potrebbe dire che per lui è l’umido a costituire il principio delle cose, e l’acqua sarebbe derivata da questo principio; e poi che anche per Ippone, come per i Pitagorici antichi e non solo per loro, lo stabilire un’arché17 17 Ma probabilmente anche quest’esigenza di stabilire ad ogni costo per un filosofo quale sia l’arché delle cose derivava dall’impostazione metodologica di Aristotele. era accompagnato dalla considerazione dell’importanza del gioco dei contrari nel nascere e nell’evolversi delle cose. A proposito della prima questione, c’è da notare che nelle fonti c’è un’oscillazione, nello stabilire il principio, tra l’acqua e l’umido (è ovvio comunque che tra i due concetti c’è una stretta connessione), ma in effetti spesso la considerazione del principio è strettamente legata al gioco dei contrari.

L’umido come principio è testimoniato da Alessandro18 18 Alex. metaph. 26, 21 (= DK38A6): Ippone pose come principio l’umido (τὸ ὑγρόν), senza distinguere e chiarire se sia l’acqua, come per Talete, o l’aria come per Anassimene e Diogene. Anche Simplicio associa Ippone a Talete, sottolineando che per ambedue è fondamentale l’esperienza sensibile: Simplic. phys. 23, 21 = DK11A13: Talete e Ippone, che sembra sia stato anche ateo, dicevano che il principio è l’acqua, spinti a tale conclusione dall’esame sensoriale (κατὰ τὴν αἴστησιν) dei fenomeni, infatti il caldo vive dell’umido e i cadaveri si disseccano e i semi di tutte le cose sono umidi e ogni alimento contiene liquido… l’acqua è il principio della natura umida (ἀρχὴ τῆς ὑγρᾶς φύσεως) e ciò che tiene unita ogni cosa (συνεκτικὸν πάντων). , che pure mostra qualche perplessità sulla determinazione dell’umido, mentre Sesto19 19 Sext. P.h. III 30. IX361 (= DK38A5): Ippone di Reggio pone come principi il fuoco e l’acqua. Cfr. Mondolfo, in Zeller-Mondolfo 1967, p. 255 n. 2: il dualismo di acqua e fuoco non è primordiale, ma derivato dall’unità originaria dell’umido. Quasi sicuramente errata la notizia di Giovanni Diacono (Ioann. Diac. alleg. in Hes. theog. 116 = DK38A6) secondo il quale Ippone l’ateo pose come principio la terra. Cfr. Maddalena 1970, p. 231, e Laurenti ad loc. in Giannantoni 1969. parla di due principi, il fuoco e l’acqua, ma non parla di contrari. Simile a quella di Sesto è la testimonianza di Ippolito20 20 Hippol. Ref. I 16 (= DK38A3): Ippone pose due principi, come freddo l’acqua e come caldo il fuoco. Il fuoco è generato dall’acqua, vinse la forza dell’elemento generante e compose il cosmo. , che accenna ad un gioco dei contrari dei quali l’uno, il fuoco, prevale sull’altro (l’acqua), dal quale pure è generato. Decisamente parla dell’umido, e lo mette in relazione alla vita, alla salute e alla malattia, Menone21 21 Menon ap. Anon. Londin. 11, 22 (= DK38A11) [scritto del I-II sec. d.C.]: Ippone di Crotone pensa che ci sia in noi una nostra umidità (οἰκείαν ὑγρότητα) e che per essa noi abbiamo percezione e vita. Quando l’umidità è nella giusta misura (οἰκείως) l’essere animato (ζῶιον) è sano, quando si dissecca, l’essere animato perde la percezione e muore. I vecchi sono secchi e hanno percezioni deboli perché hanno carenza di umidità; e la base dei piedi non ha percezione perché manca d’umidità. In un altro libro dice che quella che è detta umidità muta per l’eccesso (ὑπερβολή) del caldo e del freddo, causando così le malattie… e per queste modificazioni nascono le malattie, ma non dice quali malattie nascano. Cfr. Enriques-De Santillana 1973: il principio non è l’acqua, ma l’umido, cioè un miscuglio di acqua e aria (p. 17, p. 77). , che in tal modo allude alle riflessioni biologiche di Ippone. Interessante è la teoria di Ippone, riportataci da uno scolio all’Iliade di Omero (21, 195)22 22 Schol. Homer. Genev., p. 197, 19. , secondo la quale tutte le acque potabili della terra derivano dal mare, perché tutte le acque che stanno sopra il mare derivano da esso23 23 «Le acque potabili derivano tutte dal mare, perché i pozzi dai quali si attinge acqua per bere non sono affatto più profondi del mare: solo in tal caso l’acqua che beviamo non deriverebbe dal mare, ma da altro luogo. Ora invece, il mare è più profondo delle acque, quindi le acque che stanno sopra il mare derivano tutte quante dal mare». Per Zeller, che anche l’acqua dolce provenisse dal mare, Ippone provava «in modo stravagante» con l’osservazione che il mare è più profondo delle sorgenti (Zeller, in Zeller-Mondolfo 1967, p. 256; n. 4: questa motivazione perderebbe qualcosa del suo carattere strano nel caso che la sua rappresentazione fosse stata questa: che la terra galleggiasse sul mare e che l’acqua del mare ascendesse nelle sue parti porose e, purificandosi dei suoi elementi amari e salati, diventasse acqua dolce nelle sorgenti). .

In realtà, i due concetti dell’acqua e dell’umido sono connessi: se Talete ha sostenuto che il principio di tutte le cose è l’acqua24 24 Cfr. DL I 27 = DK11A1: sostenne che l’acqua (ὕδωρ) era il principio di tutte le cose. , lo stesso Aristotele, che è l’iniziatore di questa tradizione, relaziona strettamente acqua e umido. Nella Metafisica25 25 Aristot. metaph. 983b17 = DK11A12. suggerisce che Talete abbia desunto la sua convinzione osservando che il nutrimento di tutte le cose è umido (πάντων τὴν τροφὴν ὑγράν) e anche il caldo (θερμόν) si genera dall’umido e vive in esso (γιγνόμενον καὶ ζῶν): questa convinzione Talete la desume dal fatto che i semi (σπέρματα) di tutte le cose hanno una natura umida (φύσιν ὑγράν) e l’acqua è il principio delle cose umide. Ad uno scritto di Talete si riferisce Galeno, che nota come per il milesio l’aver posto come principio l’acqua non esclude che nelle cose ci sia sempre una mescolanza dei quattro elementi tradizionali26 26 Galen. in Hipp. de hom. I 1; XVI 37 = DK11B3: Talete scrisse in Dei principi libri due: i tanto decantati quattro elementi, dei quali diciamo che l’acqua è il primo e lo poniamo quasi unico elemento, si mescolano tra di loro al fine di un’aggregazione e coagulazione e unione (σύγκρισιν καὶ πήγνυσιν καὶ σύστασιν) delle cose terrestri. Il frammento viene considerato dubbio da DK. .

Ma questa connessione non è soltanto di Talete. Potremmo parlare di una lunga tradizione, nell’epoca dei Presocratici, che non solo sottolinea l’importanza dell’elemento umido, o dell’acqua, nella formazione delle cose, ma anche nei fenomeni vitali dell’uomo e degli altri esseri viventi, esplicitamente collegandola, come abbiamo accennato, al gioco dei contrari27 27 Sull’importanza della contrarietà dai Milesi ad Antifonte cfr. Martano 1972. . Così Anassimandro, per il quale il principio di tutte le cose è l’infinito (ἄπειρον), dal quale, grazie al suo eterno movimento, si distaccano e si separano tutti i contrari28 28 Simplic. phys. 24, 13 = DK12A9: principio ed elemento degli esseri è l’infinito; la nascita delle cose avviene non in seguito ad alterazione dell’elemento, ma per distacco dei contrari (ἀποκρινομένον τῶν ἐναντίων) a causa dell’eterno movimento (cfr. anche DK12A14; Simplic. phys. 150, 24: contrari sono caldo e freddo, asciutto e umido e così via). Così anche Aristotele: Aristot. phys. 187a20: per Anassimandro dall’uno si separano per divisione le contrarietà in esso immanenti; Aristot. phys. 204b22: alcuni pongono l’infinito e non l’aria o l’acqua, per evitare che gli altri elementi siano distrutti da quello tra loro che è infinito. Questi elementi hanno tra loro contrarietà, così ad esempio l’aria è fredda, il fuoco caldo (DK12A16). In questa visione puramente naturalistica, come giustamente nota Agostino (de civ D. VIII 2 = DK12A17), non c’è alcun posto per un’azione delle divinità: dall’infinito infiniti mondi si producono e in esso si distruggono, ma Anassimandro «non attribuisce alcuna parte alla mente divina nella produzione delle cose». , affida esplicitamente all’umidità originaria, che in un primo momento avvolgeva tutta la terra, un ruolo importante nella configurazione fisica del cosmo e nell’origine della vita dalla materia inorganica29 29 Aristot. meteor. 253b6 = DK12A27: dapprima tutta la zona intorno alla terra era umida, ma poi fu seccata dal sole e la parte evaporata produsse i venti, le rivoluzioni del sole e della luna, mentre quella che rimase fu il mare, perciò essi pensano che il mare diventi sempre più piccolo e alla fine sarà tutto secco; Alex. meteor. 67, 3: il mare è il residuo dell’umidità originaria; Aët. III 16, 1: il mare è il resto dell’umidità originaria, di cui il fuoco ha disseccato la maggior parte, mentre la parte rimasta s’è mutata per l’ebollizione in acqua salata. Per l’origine della vita dall’umidità originaria si vedano Aezio (Aët. V 19, 4 = DK12A30): Anassimandro sostiene che i primi viventi furono generati nell’umido… e col passare del tempo approdarono all’asciutto e poco dopo mutarono genere di vita, e Plutarco (Plutarch. quaest. conv. VIII 8, 4 p.730E): i discendenti dell’antico Elleno pensano, come i Siri, che l’uomo è nato da una sostanza umida. . Anche Anassimene, per il quale il principio è l’aria, assegna un ruolo importante all’umido e al movimento eterno degli elementi contrari30 30 Hippol. ref. I 7 = DK13A7: quando l’aria è tutta uniforme (ὁμαλώτατος) sfugge alla vista (ἂδελον), mentre si vede col freddo e col caldo, con l’umido e il movimento… Condensata e rarefatta appare in forme differenti: quando si dilata fino a essere molto leggera diventa fuoco, mentre condensandosi diviene vento; dall’aria si producono le nuvole per condensazione e se la condensazione cresce, l’acqua, se cresce ancora, la terra. Sicché i contrari fondamentali per la generazione sono il caldo e il freddo. (Cfr. 13A8); [Pluyarch.] strom. 3 = DK13A6: tutte le cose si producono per condensazione e rarefazione, e il movimento è eterno… Il sole è terra, che per la rapidità del movimento si è molto infuocata ed è diventata incandescente. La lotta dei contrari entra anche nella spiegazione allegorica degli antichi miti, ritenuti non convenienti: tutto ciò che si dice nei miti è detto allegoricamente sugli elementi, come se si trattasse di contrarietà tra gli dèi: così in Teagene Porphyr. quaest. Hom. I 240, 14 = DK8.2. .

Ma non solo nei tre Milesi si sottolinea la funzione dell’umido, come elemento che ha un ruolo importante, insieme al secco e ad altre coppie di contrari, nel nascere e nella trasformazione delle cose. Così è, per esempio, nella visione naturalistica di Senofane, che parlava di cicli di nascita e morte della terra, di una trasformazione (μεταβολή) a cui tutti i mondi sono soggetti. Il filosofo di Colofone riteneva infatti che nella storia passata della terra si fosse verificata una mescolanza della terra col mare e che la terra col tempo fu disciolta dall’elemento umido (ὑπὸ τοῦ ὑγροῦ)31 31 Hippol. ref. I 14, p. 17, 12 = DK21A33: Senofane riteneva di avere le prove (ἀποδείξεις) di questi avvenimenti nel fatto che nella terra ferma e nei monti si trovano delle conchiglie, e «dice che a Siracusa nelle latomie si sono trovate impronte di pesci e di foche, a Paro l’impronta di una sarda e a Malta delle impronte di ogni sorta di pesci. Diceva che questo era avvenuto quando anticamente tutto fu ridotto a fango e in seguito l’impronta nel fango si disseccò. Diceva anche che la specie umana scomparirà quando la terra, sprofondatasi nel mare, diventerà fango, e poi di nuovo la terra ricomincerà a formarsi». . Ma il filosofo che più degli altri ha insistito sul gioco e sulla lotta dei contrari nel nascere, nel perire e nel trasformarsi di tutte le cose, è, come è noto, Eraclito. Che sosteneva che tutte le cose risultano dal fuoco e nel fuoco si dissolvono, realizzando la loro armonia mediante il mutamento32 32 DL IX 1-17 = DK22A1: L’unico cosmo nasce dal fuoco e di nuovo sarà arso dal fuoco secondo periodi determinati... Il fuoco condensandosi si inumidisce (ἐξυγραίνεσθαι) e, fattosi più consistente, diventa acqua, che, solidificandosi, diventa terra, e questa è la via in giù. Il processo inverso è la via in su. Riconduce quasi tutte le cose alle evaporazioni (ἀναθυμίασιν) dal mare. Le evaporazioni provengono dalla terra e dal mare, le une sono luminose, le altre oscure, e mentre il fuoco si accresce per quelle luminose, l’umido si accresce per le altre (9). L’evaporazione luminosa produce il giorno, quella contraria produce la notte. E il caldo, accrescendosi per l’evaporazione luminosa, porta l’estate; mentre l’umido, facendosi più intenso per l’evaporazione oscura, porta l’inverno (11). . Questi sono i “cangiamenti” (τροπαί) del fuoco: il fuoco, ad opera del logos che governa tutte le cose, è trasformato, passando per l’aria, in umido, che è come il seme dell’ordine universale (ὡς σπέρμα τῆς διακοσμήσεως)33 33 Così Clemente (Clem. Alex. strom. V 105 = DK22B31). Cfr. anche DK22B 76 e 126. . Oltre a questa funzione cosmica34 34 DK22B12 = Aët. II 28, 6: Gli astri hanno una figura a forma di catino e, ricevendo i raggi che provengono dalle esalazioni dell’umidità (τὰς ἀπὸ τῆς ὑγρὰς ἀναθυμιάσεως αὐγάς), risplendono alla vista. , però, l’umido ha anche un’influenza, questa volta negativa, sull’anima dell’uomo: l’anima “umida” è infatti quella del bambino e dell’ubriaco, che non hanno coscienza di ciò che fanno35 35 DK22B77 = Numen. fr.35 Thedinga = DK22B77: per le anime è piacere o morte diventare umide; cfr. Stob. flor. V 5, 7 = DK22B117: l’uomo, quando è ebbro, è condotto barcollante da un fanciullo imberbe, senza comprendere dove va, dal momento che la sua anima è umida. Cfr. anche Clem. Alex. strom. VI 16 (II 435, 25) = DK22B36: per le anime è morte diventare acqua. .

L’umido gioca un ruolo importante anche nella medicina antica36 36 E si potrebbe dire anche nella scultura: per Policleto, che scrisse un Canone, fissando le regole della sua arte, e scolpì una statua che aveva lo stesso nome Canone, la salute del corpo nasce dall’esatta proporzione (συμμετρία) di quelli che sono i suoi elementi, ossia caldo, freddo, secco, umido (Galen. de plac. Hipp. et Plat. V p.425, 14 = DK40A3). . In ambiente magnogreco, Alcmeone di Crotone, che era giovane quando Pitagora era vecchio, e per il quale le contrarietà erano la legge della vita e i principi delle cose che sono37 37 Ma, a detta di Aristotele, differentemente dai Pitagorici, non definiva quali fossero le contrarietà, ma nominava quelle che capitavano, mentre essi dicevano quante e quali esse sono: Arist. metaph. 986a22 = DK24A3. , faceva dell’umido l’elemento più importante per la funzionalità dei sensi: distinguiamo gli odori mediante l’umidità e il caldo della lingua, in rapporto alla sua morbidezza38 38 Aët. IV 18, 1 = DK24A9. ; distinguiamo i sapori con la lingua, perché essa, essendo calda e molle, col calore disfa, e mediante la rarefazione dovuta alla sua morbidezza accoglie e distribuisce i sapori; gli occhi vedono mediante l’umidità che li circonda39 39 Theophr. de sens. 25 sgg. = DK24A5. ; e infine dall’umidità che è intorno al cervello si separa la parte più pura per le vie che dagli occhi portano alla meninge circondante il cervello40 40 Aristot. de gen. anim. 744a8 = DK24A10. Ricordiamo che per Alcmeone è il cervello che coordina tutte le sensazioni: tutte le percezioni giungono al cervello e lì s’accordano: ed è appunto per questo che anche s’ottundono quando il cervello si muove e cambia di posto: perché in tal modo ostruisce i canali attraverso i quali passano le sensazioni (DK24A5). . E comunque, anche per Alcmeone è sempre dall’equilibrio tra le contrarietà che compongono l’uomo che si determina la salute, mentre la malattia è la prevalenza eccessiva di un elemento sugli altri41 41 Aët. V 30,1 = DK24B4: Alcmeone dice che la salute dura fintantoché i vari elementi, umido secco, freddo caldo, amaro dolce, hanno uguali diritti (ἰσονομία), e che le malattie vengono quando uno prevale sugli altri (μοναρχία). È da notare qui l’applicazione di termini desunti dal linguaggio politico a denotare stati fisici. . E, sempre in ambiente magnogreco, anche per il grande filosofo-scienziato-poeta di Akragas l’umido aveva l’importante funzione di tenere connesso il tutto, tanto da essere chiamato “amicizia che avvince”42 42 Plutarch. de prim. frig. 16 p. 952 B = DK31B19: in generale è il fuoco ciò che dissolve e disgrega, e l’acqua invece ciò che unisce e tiene insieme, mantenendo le cose aggregate e compatte per mezzo dell’umidità. Al che anche Empedocle allude, di volta in volta, chiamando il fuoco “Contesa funesta” e l’elemento umido “Amicizia che avvince”. Cfr. Hippol. ref. VII 29 p. 211: «l’acqua è l’unico veicolo per il cibo per tutti coloro che si nutrono, benché per se stessa non possa nutrirli… Perciò chiama Nesti l’acqua, poiché pur essendo causa di nutrimento, non è in grado di nutrire». In effetti Empedocle dava nomi di divinità ai quattro elementi fondamentali: Zeus è la sostanza ignea e l’etere, Era l’aria, Edoneo la terra, Nesti l’acqua e il liquido seminale (Aët. I 3,20 = DK31A33). La stessa operazione, ma questa volta in ambito geometrico e cosmico, faceva anche Filolao (Procl. in Eucl. p.166, 25 = DK44A14): attribuì gli angoli del triangolo a quattro dèi, Crono, Ade, Ares e Dioniso… Perché Crono è causa di tutta la sostanza umida e fredda, Ares della natura ignea, Ade abbraccia tutta la vita terrestre, Dioniso sovrintende alla generazione umida e calda, di cui il vino, umido e caldo, è appunto simbolo. .

Sensibile alle problematiche ioniche, ma anche vicino a Eraclito per la funzione che l’umido assume nella vita degli organismi viventi, fu un altro filosofo naturalista del V secolo, Diogene di Apollonia, probabilmente un medico43 43 Suppone un medico, anche a più forte titolo che Ippone, per l’interesse che mostra per le questioni fisiologiche, Mondolfo, in Zeller-Mondolfo 1967, p. 259 n. 2. . Conoscitore di Anassimene e di Anassagora, e forse loro seguace, sostenne che la formazione degli esseri viventi ha origine dall’umido: dall’umido in primo luogo si forma la carne e poi dalla carne nascono le ossa, i nervi e le altre parti44 44 Censorin. de d. nat. 6. 1 = DK64A27. . Come già Anassimene, sostenne che l’aria è ciò che rende possibile tutte le sensazioni45 45 Theophr. de sens. 39 sgg. = DK64A19: come il vivere e il pensare, riporta all’aria anche le sensazioni: ad avere le sensazioni è l’aria interna, infatti quando abbiamo la mente (νοῦν) ad altro non vediamo né ascoltiamo. , e, come già Empedocle, che tutti gli uomini e gli animali partecipano di aria e perciò di intelligenza46 46 Aët. V 20, 5 = DK64A30: gli animali partecipano di intelligenza e di aria, ma non ragionano né percepiscono, alcuni per la densità, altri per l’abbondanza dell’umidità. , perché l’aria è dotata di intelligenza, sia pure in modi e con particolarità diverse47 47 Simplic. phys. 151, 28 = DK64B5: «mi sembra che sia dotato d’intelligenza (νόησιν) quel che gli uomini chiamano aria, che tutti siano da essa governati e che tutto essa domini… e non c’è niente che non ne partecipi, tuttavia niente ne partecipa in modo uguale, ma molti sono i modi (τρόποι) dell’aria e dell’intelligenza; essa è poliforme (πολύτροπος), più calda e più fredda, più asciutta e più umida, più ferma o dotata di più veloce movimento; e ci sono in essa molte altre differenziazioni e un numero infinito di sapori e di colori…Gli esseri viventi non sono simili l’uno all’altro né per forma né per condotta di vita né per intelligenza; eppure tutti per la stessa cosa vivono e vedono e odono, e dalla stessa cosa tutti hanno intelligenza differente». . Vicino a Eraclito è invece nel sostenere che l’umidità ostacola la purezza del pensare (φρονεῖν)48 48 Theophr. de sens. 39 sgg. = DK64A19: il pensare (φρονεῖν) avviene mediante l’aria pura e secca, infatti l’umidità ostacola la mente: per questo durante il sonno o negli stati di ubriachezza o di sazietà si pensa di meno. E una prova che l’umidità toglie la mente si ha in ciò, che gli altri animali sono inferiori all’uomo nell’intelligenza: essi infatti respirano l’aria che viene dalla terra e hanno un cibo più umido… Per questo stesso motivo anche i fanciulli non sono assennati: infatti hanno molta umidità, sicché l’aria non può penetrare in tutto il corpo, ma è bloccata intorno al petto. .

La storia dell’umido continua anche nella seconda metà del V secolo, per esempio in Democrito, che non solo sottolinea l’importanza dell’elemento umido nelle sensazioni49 49 Specialmente nelle sensazioni visive: le immagini provenienti dagli oggetti circostanti si riflettono, come un’impronta, nella parte umida degli occhi, mentre la parte densa non le accoglie, e perciò gli occhi umidi, per la capacità visiva, sono migliori di quelli secchi (Theophr. de sens. 49-83 = DK68A135). , ma anche nella primitiva nascita degli esseri viventi, prima spontaneamente, e poi per generazione reciproca50 50 All’origine della storia della terra c’era una primitiva comunione di tutte le cose (τὴν ἐξ ἀρχῆς τῶν ὅλων σύστασιν), poi i corpi si separarono e avvenne la nascita degli esseri viventi da membrane che si sviluppavano nell’umido, che poi si seccarono, finché, quando la terra divenne sempre più dura per l’azione del calore solare e dei venti, le singole specie dei viventi cominciarono a propagarsi per generazione sessuata: Diodor. I 7, 1-4 = DK68B5, 1. . Anche il sofista Antifonte sosteneva che il sole è fuoco che si effonde nell’aria umida che circonda la terra, e che determina le albe e i tramonti in quanto continuamente abbandona la parte d’aria bruciata e di nuovo si attacca a quella umida51 51 Aët. II 20, 15 = DK87B26. .

Tornando a Ippone e alla sua concezione dell’uomo, nonché alle sue idee biologiche, c’è da sottolineare ancora che la sua posizione è abbastanza lontana dalle teorie dei primi Pitagorici, nonché da altre teorie del V secolo, come per esempio quelle di Empedocle. C’è inoltre da notare che le sue riflessioni in questi campi sono strettamente collegate a quelle più generali sul principio delle cose e sulla formazione del cosmo52 52 Cfr. Gomperz 1967, II. pp.19-21: Ippone è una di quelle «figure nelle quali dietro il filosofo traspare il medico». La persuasione comune a queste figure era che l’uomo, che è una parte del complesso della natura, non si può comprendere indipendentemente da questo. Cfr. anche Mondolfo: le scuole mediche sentono l’esigenza di inquadrare la vita umana coi suoi processi fisiopatologici nell’universo e domandano ai principi e alle leggi del macrocosmo la spiegazione e la norma dei fenomeni del microcosmo organico (Mondolfo in Zeller-Mondolfo 1967, pp. 253-254 n. 3). . Così, per esempio, per quanto riguarda la sua concezione dell’anima, abbiamo una testimonianza di Ippolito che la collega ai principi generali della sua filosofia, anche se il testimone sembra avvicinarla anche all’encefalocentrismo di Alcmeone. «Ippone pose due principi, come freddo l’acqua e come caldo il fuoco. Il fuoco è generato dall’acqua, vinse la forza dell’elemento generante e compose il cosmo. Dell’anima a volte dice che è cervello, a volte che è acqua, perché il seme che vediamo e dal quale nasce l’anima nascerebbe dall’umido (ἐξ ὑγροῦ)»53 53 Hippol. Ref. I 16 = DK38A3; cfr. Aët. IV 3, 9 (= DK38A10): disse che l’anima nasce dall’acqua. .

Anche Aristotele fa riferimento all’anima-acqua di Ippone, e, pur ribadendo la scarsa considerazione che aveva del filosofo, accenna anche al tentativo di quei primi pensatori di collegare alle proprie teorie l’origine del nome “anima”. «Tra i pensatori più rozzi (τῶν δὲ φορτικωτέρων) Ippone disse che l’anima è acqua, forse perché i semi di tutte le cose sono umidi; e confuta quelli che dissero che l’anima è sangue [Empedocle], perché il sangue non è seme (γονή), mentre lo è l’anima prima»54 54 Aristot. de anima 405b1 = DK 38A10. . E poco dopo (405b24): «alcuni pongono come principio uno dei contrari, come il caldo o il freddo… e dicono similmente che l’anima è uno di questi contrari. E spiegano i nomi conformemente al principio: quelli che pongono come principio ed anima il caldo dicono che la parola “vivere” (ζῆν) è nata da lì, e quelli che pongono come anima e principio il freddo (τὸ ψυχρόν) dicono che l’anima (ψυχή) è stata così chiamata a causa della respirazione e del raffreddamento (διὰ τὴν ἀναπνοὴν καὶ τὴν κατάψυξιν)». Quest’ultima osservazione è ripresa, e sviluppata, anche da Filopono, che pone la teoria di Ippone in contrasto con quella di Eraclito: « alcuni pongono come anima uno dei contrari, Eraclito il caldo, dicendo che il principio è il fuoco, Ippone il freddo, ponendo come principio l’acqua. Aristotele dice che cercano di spiegare l’origine del nome secondo la loro dottrina, l’uno affermando che gli esseri animati “vivono” (ζῆν) per il loro scaldarsi (ζεῖν), che è proprio del caldo; l’altro che l’anima (ψυχή) è stata così chiamata dal freddo (ψυχρόν) dal quale trae la sua esistenza, perché esso è causa a noi del raffreddamento (ψύξις) mediante la respirazione (διὰ τῆς ἀναπνοῆϛ). Dato che vita viene dall’anima e l’anima, che trae la sua origine dall’acqua, viene dal freddo, per questo c’è bisogno della respirazione, che, raffreddandolo, frena il caldo che circonda il cuore e non gli permette di farsi più forte (ἐπικρατέστερον) della sostanza psichica, cioè della sostanza fredda»55 55 Philop. ad l. 92,2 = DK38A10. .

Abbiamo anche testimonianze sulle teorie biologiche ed embriologiche di Ippone, ancora una volta basate sull’esperienza, κατὰ τὴν αἴσθησιν (o sulla presunta esperienza), che era il metodo di base per le sue affermazioni; secondo lui lo sperma proviene dal midollo, e questo è provato dal fatto che se uno uccide il maschio in un gregge dopo l’accoppiamento non trova il midollo56 56 Censorin. de d. nat. 5, 2 = DK38A12. . A proposito poi della fecondazione e della formazione dell’embrione, Ippone sosteneva che le donne non meno degli uomini emettono sperma57 57 Aët. V 5,3 = DK38A13; Aezio continua sostenendo che secondo Ippone questo fatto però non contribuisce alla generazione perché cade fuori dall’utero, ed è per questo che alcune donne, e soprattutto le vedove, versano sperma anche senza l’intervento degli uomini. , e il maschio e la femmina nascono secondo la densità e la robustezza, o la fluidità e la debolezza del seme58 58 Aët. V 7, 3 = DK38A14; cfr. Aët. V 7, 7: se prevale il seme nasce un maschio, se il nutrimento una femmina. Cfr anche Censorin. de d. nat. 6, 4: le femmine nascono da semi più sottili, i maschi da semi più densi. . E infine, a proposito della formazione del feto nel grembo materno, Ippone scrive che il feto si forma in sessanta giorni, nel quarto mese la carne si condensa, nel quinto nascono le unghie e i capelli, e nel settimo l’uomo è perfettamente compiuto59 59 Censorin. de d. nat. 9, 2 = DK38A16. ; sosteneva pure che in esso si forma per prima la testa, in cui è la parte principale dell’anima60 60 Censorin. de d. nat. 6, 1 = DK38A15. .

Forse di origine pitagorica era l’osservazione di Ippone della distinzione delle fasi della crescita dell’uomo secondo un numero fisso, il sette: stimò che si possa nascere dal settimo al decimo mese, essendo il parto già maturo nel settimo mese. Perché «ha un grande potere in ogni cosa il numero sette: noi ci formiamo in sette mesi, dopo altrettanti mesi incominciamo a stare diritti e i denti cominciano a spuntare dopo sette mesi e cadono dopo sette anni, e a quattordici anni entriamo nella pubertà»61 61 Censorin. de d. nat. 7, 2: I. Ma giustamente Maddalena 1970 nota che questa distinzione della vita secondo numeri fissi, specialmente il sette, sia di origine pitagorica, ma non è certo: Ippone era un medico e non poteva non tener conto dei dati dell’esperienza. Singolare è la coincidenza di queste teorie di Ippone con uno scritto medico anonimo che si trova nel Corpus Hippocraticum, “Sul numero sette (περὶ ἑβδομάδων)”, e che risale probabilmente al tempo di Anassimandro e Anassimene. In esso si sostiene che la costituzione e la divisione del cosmo sono parallele a quelle del corpo, che ha le stesse modificazioni dell’universo intero, e avviene secondo il numero sette, in base ad una concordanza tra macrocosmo e microcosmo (sette sono gli astri, i venti, le stagioni, le età dell’uomo, le parti del corpo, le parti della terra e gli elementi dell’anima, e sette sono anche le vocali). Cfr. Pasquinelli 1958 e 1958a. .

Analogamente a quanto è per Alcmeone62 62 Cfr. sopra n. 39. , anche per Ippone salute e malattia si determinano dalla giusta misura (οἰκείως) o dall’eccesso (ὑπερβολή) dell’umidità che è nel corpo, secondo una testimonianza di Menone nell’Anonimo Londinese: «Ippone di Crotone pensa che ci sia in noi una nostra propria umidità (οἰκείαν ὑγρότητα) e che per essa noi abbiamo percezione e vita. Quando l’umidità è nella giusta misura (οἰκείως) l’essere animato (ζῶιον) è sano, quando si dissecca, l’essere animato perde la percezione e muore. I vecchi sono secchi e hanno percezioni deboli perché hanno carenza di umidità; e la base dei piedi non ha percezione perché manca d’umidità. In un altro libro dice che quella che è detta umidità muta per l’eccesso (ὑπερβολή) del caldo e del freddo, causando così le malattie… e per queste modificazioni nascono le malattie, ma non dice quali malattie nascano»63 63 Menon ap. Anon. Londin. 11, 22 = DK38A11. .

E infine, pare che Ippone si sia interessato anche di botanica, secondo una testimonianza di Teofrasto: Ippone dice che ogni pianta diventa selvatica o domestica secondo che riceve o non riceve cure, quelle senza frutto e quelle fruttifere e quelle che producono fiori e quelle che sono senza fiori, in rapporto ai luoghi e all’aria che le circonda, e così anche le piante a foglie caduche e quelle sempreverdi64 64 Theophr. hist. plant. I 3, 5 = DK38A19; poco dopo (III 2, 2) Teofrasto critica questa teoria di Ippone: egli dice che ogni pianta è selvatica o domestica, domestica se riceve cure, selvatica se non ne riceve; e dice in parte bene e in parte male. Perché è vero che tutto peggiora e inselvatichisce se non è curato, ma non tutto migliora se è curato. .

Possiamo concludere, con la Timpanaro Cardini65 65 Timpanaro Cardini 1964, III, pp. 367-368. , che con Ippone il principio dell’acqua si libera di ogni residuo metafisico e diviene conquista scientifica: non più principio dell’essere ma un’umidità concreta che di continuo crea l’essere e gli permette di vivere. E poiché l’esperienza dimostra che il fenomeno vitale, pregno di umidità, è sempre accompagnato da calore, Ippone associa all’acqua il fuoco, inserendo i due elementi in una concezione dualistica che era già del mondo fisico di Alcmeone e dei pitagorici: i due principi, pur contrapposti, sono fra loro complementari. E la giusta mistura di entrambi costituisce il perfetto equilibrio della vita: è il principio della symmetria di Alcmeone. Questo non significa che Ippone sia un pensatore mediocre, come voleva Aristotele, né che sia un eclettico, come riteneva il Gomperz. Appartiene invece a un milieu culturale filosofico che era abbastanza diffuso in ambiente greco e magnogreco. Proveniente probabilmente dalla grecità orientale dell’ambiente mediterraneo, certamente fu influenzato dalla scuola medica di Crotone. Ad essa, e in particolare ad Alcmeone, lo accomunavano almeno due problematiche: il meccanismo della generazione e le cause delle malattie. Ma la sua ricezione non fu passiva. Alcmeone faceva derivare lo sperma dal cervello, Ippone dal midollo (che pure è derivazione del cervello); come Alcmeone, Ippone ammette seme maschile e seme femminile, ma a quest’ultimo nega in parte potere generativo e assegna in genere solo la funzione di trophé; tuttavia anche il seme femminile ha un suo potere, quello di determinare il sesso femminile quando prevale sulla goné; è invece solo quando questa prevale che si determina il sesso maschile. Ancora sulla linea di Alcmeone, ma con un maggior rigore consequenziale, negò l’immortalità dell’anima, respingendo l’ambigua posizione di ammettere un’anima mortale in sede scientifica, immortale in sede filosofico-religiosa, come pure sembra avessero fatto Alcmeone e Filolao. La negazione dell’immortalità dell’anima e la sua spiegazione tutta razionale del mondo e dei fenomeni rendeva superflua l’esistenza degli dèi. Ed è proprio la sua rigorosa cura di spiegare tutto col dato sensibile che probabilmente fu il motivo del giudizio negativo di Aristotele, al quale essa sembrò segno di intelligenza corta e superficiale.

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  • Martano, G. (1972). Contrarietà e dialettica nel pensiero antico. I. Dai Milesi ad Antifonte Napoli-Firenze, Il Tripode.
  • Montalenti, G. (1965). Storia della biologia e della medicina. In: Abbagnano, N. (ed.), Storia delle scienze vol. 3. Torino, UTET Università.
  • Pasquinelli, A. (ed.) (1958) I Presocratici . Torino, G. Einandi.
  • Pasquinelli, A. (1958a) Note al “Sul numero sette”. In: Pasquinelli, A. I Presocratici . Torino, G. Einandi. pp. 331-333.
  • Preti, G. (1978). Storia del pensiero greco Milano, Mondadori. (1951)
  • Reale, G. (ed.) (2006). I Presocratici Milano, Bompiano.
  • Timpanaro Cardini, M. (ed.) (1964). Pitagorici, Testimonianze e frammenti vol. 3. Firenze, La Nuova Italia.
  • Winiarczyk, M. (2017). Diagoras of Melos. A contribution to the history of ancient atheism Berlin, De Gruyter.
  • Zeller, E., Mondolfo, R. (1967). La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico parte 1, vol. 2,Ionici e Pitagorici. Firenze, La Nuova Italia.
  • 1
    v. Pith. 267.
  • 2
    in Censor. de. d. nat. 5,2.
  • 3
    de d. nat. 5, 2.
  • 4
    In Anonymi Londinensis ex Aristotelis iatricis Menoniis et aliis medicis eclogae, ed. H. Diels, Berlin 1893.
  • 5
    Pyrr. hypot. III 30.
  • 6
    Cfr. Maddalena 1970Maddalena, A. (ed.) (1970). Testimonianze e frammenti degli Ionici. Firenze, La Nuova Italia., pp. 226-227: anche se nella sostanza Ippone si distacca dal pitagorismo, tracce notevoli di influenza pitagorica si scorgono nell’opera sua.
  • 7
    Per la Timpanaro Cardini 1964Timpanaro Cardini, M. (ed.) (1964). Pitagorici, Testimonianze e frammenti vol. 3. Firenze, La Nuova Italia., p. 266, in Ippone c’è certamente un’eredità ionica, ma questa, venuta a contatto con l’ambiente razionalistico della scuola medica di Crotone, ne subisce l’influsso e si evolve in una dottrina biologica molto vicina, anche in parte in polemica, con la dottrina di Alcmeone.
  • 8
    Il passo si trova in un contesto, metaph. 983a-985a, nel quale, dopo aver chiarito che per questa scienza, la metafisica appunto, bisogna innanzi tutto acquisire la scienza delle cause (αἰτίων ἐπιστήμη), che, come è noto, per Aristotele sono quattro, l’essenza (οὐσία), la materia e il sostrato (ὕλη καὶ τὸ ὑποκείμενον), ciò da cui dipende l’inizio del movimento (ὅθεν ἡ ἀρχὴ τῆς κινήσεως), e infine “ciò in vista di cui” e il bene (τὸ οὗ ἕνεκα καὶ τἀγαθόν). Segue il famoso passo (983b6-13) in cui si dice che coloro che per primi filosofarono pensarono che i principi di tutte le cose fossero di tipo materiale (ἐν ὕλης εἴδει), ma non tutti dicono lo stesso sul numero e sul tipo di questo principio. E così anche Talete e coloro che teologizzarono sull’acqua (Oceano, Teti, il giuramento sullo Stige); ma certo, si dice come in un inciso, «nessuno collocherebbe tra questi Ippone per la poca importanza del suo pensiero (διὰ τὴν εὐτέλειαν αὐτοῦ διανοίας)» - (εὐτέλεια = a basso prezzo, di poco pregio, grettezza, e quindi povertà di concetti) (DK38A7). Ippone comunque non è il solo a godere di un simile giudizio da parte di Aristotele: Empedocle, per esempio, parlava come un bambino (983a5), e comunque tutti i filosofi che hanno preceduto Aristotele parlarono in modo vago e per nulla chiaro (metaph. 985a10), e tutti sembrano parlare non sapendo quello che dicono, né a sufficienza né con coerenza (985a15-20). Questo passo continua poi così (metaph. 986b25): «per la presente ricerca si possono lasciare da parte due filosofi, Senofane e Melisso, che sono alquanto grossolani (μικρὸν ἀγροικότεροι)». E tra Parmenide e Melisso, infine, questi è «molto più rozzo (μᾶλλον φορτικός)». (Noto che nel tradurre questa testimonianza, in DK30A7, erroneamente, ne I Presocratici, a cura di Reale 2006Reale, G. (ed.) (2006). I Presocratici. Milano, Bompiano., si dice «Zenone e Melisso» invece di «Senofane e Melisso», nonostante che nel testo greco, riportato a fronte, si nominino appunto «Senofane e Melisso»).
  • 9
    Già Zeller aveva scritto che il giudizio poco favorevole sulla sua capacità filosofica «ci fa lamentare meno la penuria dei dati trasmessici sulla sua dottrina. Egli era forse, piuttosto che un filosofo, un naturalista empirico; ma neppure in quanto tale sembra, da ciò che di lui ci è tramandato, che sia stato autore di grande importanza» (ZellerZeller, E., Mondolfo, R. (1967). La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico parte 1, vol. 2,Ionici e Pitagorici. Firenze, La Nuova Italia., p. 257). E perfino un grande studioso come il Mondolfo, poco propenso a seguire i (pre)giudizi di Aristotele, nella sua Nota sugli epigoni della scuola Ionica e Diogene d’Apollonia (in Zeller-Mondolfo 1967Zeller, E., Mondolfo, R. (1967). La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico parte 1, vol. 2,Ionici e Pitagorici. Firenze, La Nuova Italia., pp. 282-287), notando che la classificazione di Ippone e Diogene come epigoni della scuola ionica è seguita dagli storici successivi allo Zeller (mentre Gomperz, per esempio, colloca Ippone e Diogene, con Archelao, Metrodoro e Ippaso, tra gli eclettici; anche alcuni studiosi contemporanei pongono Ippone tra gli eclettici, come per esempio Preti 1978Preti, G. (1978). Storia del pensiero greco. Milano, Mondadori. (1951), p. 125), giudica quest’epoca che comprende Ippone, Archelao, Metrodoro di Lampsaco, Cratilo e Diogene di Apollonia, un’epoca di “deficiente vigore speculativo”, anche riconoscendo a Diogene una statura intellettuale superiore (p. 283). Anche per Maddalena 1970Maddalena, A. (ed.) (1970). Testimonianze e frammenti degli Ionici. Firenze, La Nuova Italia., p. 224, Ippone rappresenta un regresso rispetto agli Ionici.
  • 10
    L’empietà di Ippone fu messa in ridicolo nella commedia da Cratino: cfr. Schol. Aristoph. Nub. 94 sgg. (DK38A2): «“Questo è il pensatotio delle anime sapienti. Qui abitano uomini che, nominando il cielo, ti persuadono ch’è un forno, e che sta intorno a noi, e noi siamo le bragi”. Queste cose le disse già Cratino, nella commedia Gli onniveggenti, del filosofo Ippone, mettendolo in ridicolo». Nella sua commedia Gli onniveggenti (πανόπται), mette in ridicolo la filosofia del suo tempo e i giovani che la professano, capaci di sentir nascere l’erba. Gli onniveggenti erano il coro della commedia e avevano una maschera a due teste e innumerevoli occhi. In uno scolio a Clemente (Schol. Clem. Protr. IV 103 = DK38A2), si dice esplicitamente che Cratino fa menzione di Ippone come empio. Cfr. Gomperz 1967Gomperz, T. (1967). Pensatori greci 4 vol. Firenze, La Nuova Italia. (1896-1909), II, p. 152.
  • 11
    Su cui si veda il lavoro di Winiarczik 2016Winiarczyk, M. (2017). Diagoras of Melos. A contribution to the history of ancient atheism. Berlin, De Gruyter..
  • 12
    Phys. 23, 22 = DK38A4.
  • 13
    Alex. metaph. 27,1.
  • 14
    L’idea che solo gli uomini insigni diventino immortali (che poi sarà riaffermata dal sofista Prodico) è considerata abbastanza benevolmente dal vescovo Clemente (Clem. Alex. protr. 2, 55 = DK38B2): non c’è da irritarsi con Ippone che immortalava la sua morte (ἀπαθανατίζοντι τὸν θάνατον τὸν ἑαυτοῦ). Fece scrivere sul suo sepolcro questo distico: «È questa la tomba di Ippone che dopo la morte / pari agli dèi immortali rese la Moira». Mentre in genere gli scrittori cristiani consideravano atei tutti i pagani, Clemente vedeva in loro una nota positiva, non foss’altro che perché la loro critica alle divinità pagane poteva anche accettarsi: «mi meraviglio come abbiano detti atei… Ippone… [e altri] che hanno visto più acutamente degli altri quanto fosse errata la concezione che si aveva di questi dèi» (Clem. Alex.protr. 2, 24 = DK38A8).
  • 15
    [Alex.] in metaph. 462,29 (DK38A9).
  • 16
    Philop. de anima 88, 23. Per Maddalena 1970Maddalena, A. (ed.) (1970). Testimonianze e frammenti degli Ionici. Firenze, La Nuova Italia., p. 231, la notizia di Filopono è solo congettura: è possibile che Ippone nella commedia di Cratino fosse rappresentato come ateo, e di lì gli sia nato il soprannome, e questo spiegherebbe appunto perché la qualifica di ateo sia stata data a lui e non a Talete.
  • 17
    Ma probabilmente anche quest’esigenza di stabilire ad ogni costo per un filosofo quale sia l’arché delle cose derivava dall’impostazione metodologica di Aristotele.
  • 18
    Alex. metaph. 26, 21 (= DK38A6): Ippone pose come principio l’umido (τὸ ὑγρόν), senza distinguere e chiarire se sia l’acqua, come per Talete, o l’aria come per Anassimene e Diogene. Anche Simplicio associa Ippone a Talete, sottolineando che per ambedue è fondamentale l’esperienza sensibile: Simplic. phys. 23, 21 = DK11A13: Talete e Ippone, che sembra sia stato anche ateo, dicevano che il principio è l’acqua, spinti a tale conclusione dall’esame sensoriale (κατὰ τὴν αἴστησιν) dei fenomeni, infatti il caldo vive dell’umido e i cadaveri si disseccano e i semi di tutte le cose sono umidi e ogni alimento contiene liquido… l’acqua è il principio della natura umida (ἀρχὴ τῆς ὑγρᾶς φύσεως) e ciò che tiene unita ogni cosa (συνεκτικὸν πάντων).
  • 19
    Sext. P.h. III 30. IX361 (= DK38A5): Ippone di Reggio pone come principi il fuoco e l’acqua. Cfr. Mondolfo, in Zeller-Mondolfo 1967Zeller, E., Mondolfo, R. (1967). La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico parte 1, vol. 2,Ionici e Pitagorici. Firenze, La Nuova Italia., p. 255 n. 2: il dualismo di acqua e fuoco non è primordiale, ma derivato dall’unità originaria dell’umido. Quasi sicuramente errata la notizia di Giovanni Diacono (Ioann. Diac. alleg. in Hes. theog. 116 = DK38A6) secondo il quale Ippone l’ateo pose come principio la terra. Cfr. Maddalena 1970Maddalena, A. (ed.) (1970). Testimonianze e frammenti degli Ionici. Firenze, La Nuova Italia., p. 231, e Laurenti ad loc. in Giannantoni 1969Giannantoni, G. (ed.) (1969). I Presocratici vol. 2. Bari, Laterza..
  • 20
    Hippol. Ref. I 16 (= DK38A3): Ippone pose due principi, come freddo l’acqua e come caldo il fuoco. Il fuoco è generato dall’acqua, vinse la forza dell’elemento generante e compose il cosmo.
  • 21
    Menon ap. Anon. Londin. 11, 22 (= DK38A11) [scritto del I-II sec. d.C.]: Ippone di Crotone pensa che ci sia in noi una nostra umidità (οἰκείαν ὑγρότητα) e che per essa noi abbiamo percezione e vita. Quando l’umidità è nella giusta misura (οἰκείως) l’essere animato (ζῶιον) è sano, quando si dissecca, l’essere animato perde la percezione e muore. I vecchi sono secchi e hanno percezioni deboli perché hanno carenza di umidità; e la base dei piedi non ha percezione perché manca d’umidità. In un altro libro dice che quella che è detta umidità muta per l’eccesso (ὑπερβολή) del caldo e del freddo, causando così le malattie… e per queste modificazioni nascono le malattie, ma non dice quali malattie nascano. Cfr. Enriques-De Santillana 1973Enriques, F., De Santillana, G. (1973). Compendio di storia del pensiero scientifico. Bologna, Zanichelli.: il principio non è l’acqua, ma l’umido, cioè un miscuglio di acqua e aria (p. 17, p. 77).
  • 22
    Schol. Homer. Genev., p. 197, 19.
  • 23
    «Le acque potabili derivano tutte dal mare, perché i pozzi dai quali si attinge acqua per bere non sono affatto più profondi del mare: solo in tal caso l’acqua che beviamo non deriverebbe dal mare, ma da altro luogo. Ora invece, il mare è più profondo delle acque, quindi le acque che stanno sopra il mare derivano tutte quante dal mare». Per Zeller, che anche l’acqua dolce provenisse dal mare, Ippone provava «in modo stravagante» con l’osservazione che il mare è più profondo delle sorgenti (Zeller, in Zeller-Mondolfo 1967Zeller, E., Mondolfo, R. (1967). La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico parte 1, vol. 2,Ionici e Pitagorici. Firenze, La Nuova Italia., p. 256; n. 4: questa motivazione perderebbe qualcosa del suo carattere strano nel caso che la sua rappresentazione fosse stata questa: che la terra galleggiasse sul mare e che l’acqua del mare ascendesse nelle sue parti porose e, purificandosi dei suoi elementi amari e salati, diventasse acqua dolce nelle sorgenti).
  • 24
    Cfr. DL I 27 = DK11A1: sostenne che l’acqua (ὕδωρ) era il principio di tutte le cose.
  • 25
    Aristot. metaph. 983b17 = DK11A12.
  • 26
    Galen. in Hipp. de hom. I 1; XVI 37 = DK11B3: Talete scrisse in Dei principi libri due: i tanto decantati quattro elementi, dei quali diciamo che l’acqua è il primo e lo poniamo quasi unico elemento, si mescolano tra di loro al fine di un’aggregazione e coagulazione e unione (σύγκρισιν καὶ πήγνυσιν καὶ σύστασιν) delle cose terrestri. Il frammento viene considerato dubbio da DK.
  • 27
    Sull’importanza della contrarietà dai Milesi ad Antifonte cfr. Martano 1972Martano, G. (1972). Contrarietà e dialettica nel pensiero antico. I. Dai Milesi ad Antifonte. Napoli-Firenze, Il Tripode..
  • 28
    Simplic. phys. 24, 13 = DK12A9: principio ed elemento degli esseri è l’infinito; la nascita delle cose avviene non in seguito ad alterazione dell’elemento, ma per distacco dei contrari (ἀποκρινομένον τῶν ἐναντίων) a causa dell’eterno movimento (cfr. anche DK12A14; Simplic. phys. 150, 24: contrari sono caldo e freddo, asciutto e umido e così via). Così anche Aristotele: Aristot. phys. 187a20: per Anassimandro dall’uno si separano per divisione le contrarietà in esso immanenti; Aristot. phys. 204b22: alcuni pongono l’infinito e non l’aria o l’acqua, per evitare che gli altri elementi siano distrutti da quello tra loro che è infinito. Questi elementi hanno tra loro contrarietà, così ad esempio l’aria è fredda, il fuoco caldo (DK12A16). In questa visione puramente naturalistica, come giustamente nota Agostino (de civ D. VIII 2 = DK12A17), non c’è alcun posto per un’azione delle divinità: dall’infinito infiniti mondi si producono e in esso si distruggono, ma Anassimandro «non attribuisce alcuna parte alla mente divina nella produzione delle cose».
  • 29
    Aristot. meteor. 253b6 = DK12A27: dapprima tutta la zona intorno alla terra era umida, ma poi fu seccata dal sole e la parte evaporata produsse i venti, le rivoluzioni del sole e della luna, mentre quella che rimase fu il mare, perciò essi pensano che il mare diventi sempre più piccolo e alla fine sarà tutto secco; Alex. meteor. 67, 3: il mare è il residuo dell’umidità originaria; Aët. III 16, 1: il mare è il resto dell’umidità originaria, di cui il fuoco ha disseccato la maggior parte, mentre la parte rimasta s’è mutata per l’ebollizione in acqua salata. Per l’origine della vita dall’umidità originaria si vedano Aezio (Aët. V 19, 4 = DK12A30): Anassimandro sostiene che i primi viventi furono generati nell’umido… e col passare del tempo approdarono all’asciutto e poco dopo mutarono genere di vita, e Plutarco (Plutarch. quaest. conv. VIII 8, 4 p.730E): i discendenti dell’antico Elleno pensano, come i Siri, che l’uomo è nato da una sostanza umida.
  • 30
    Hippol. ref. I 7 = DK13A7: quando l’aria è tutta uniforme (ὁμαλώτατος) sfugge alla vista (ἂδελον), mentre si vede col freddo e col caldo, con l’umido e il movimento… Condensata e rarefatta appare in forme differenti: quando si dilata fino a essere molto leggera diventa fuoco, mentre condensandosi diviene vento; dall’aria si producono le nuvole per condensazione e se la condensazione cresce, l’acqua, se cresce ancora, la terra. Sicché i contrari fondamentali per la generazione sono il caldo e il freddo. (Cfr. 13A8); [Pluyarch.] strom. 3 = DK13A6: tutte le cose si producono per condensazione e rarefazione, e il movimento è eterno… Il sole è terra, che per la rapidità del movimento si è molto infuocata ed è diventata incandescente. La lotta dei contrari entra anche nella spiegazione allegorica degli antichi miti, ritenuti non convenienti: tutto ciò che si dice nei miti è detto allegoricamente sugli elementi, come se si trattasse di contrarietà tra gli dèi: così in Teagene Porphyr. quaest. Hom. I 240, 14 = DK8.2.
  • 31
    Hippol. ref. I 14, p. 17, 12 = DK21A33: Senofane riteneva di avere le prove (ἀποδείξεις) di questi avvenimenti nel fatto che nella terra ferma e nei monti si trovano delle conchiglie, e «dice che a Siracusa nelle latomie si sono trovate impronte di pesci e di foche, a Paro l’impronta di una sarda e a Malta delle impronte di ogni sorta di pesci. Diceva che questo era avvenuto quando anticamente tutto fu ridotto a fango e in seguito l’impronta nel fango si disseccò. Diceva anche che la specie umana scomparirà quando la terra, sprofondatasi nel mare, diventerà fango, e poi di nuovo la terra ricomincerà a formarsi».
  • 32
    DL IX 1-17 = DK22A1: L’unico cosmo nasce dal fuoco e di nuovo sarà arso dal fuoco secondo periodi determinati... Il fuoco condensandosi si inumidisce (ἐξυγραίνεσθαι) e, fattosi più consistente, diventa acqua, che, solidificandosi, diventa terra, e questa è la via in giù. Il processo inverso è la via in su. Riconduce quasi tutte le cose alle evaporazioni (ἀναθυμίασιν) dal mare. Le evaporazioni provengono dalla terra e dal mare, le une sono luminose, le altre oscure, e mentre il fuoco si accresce per quelle luminose, l’umido si accresce per le altre (9). L’evaporazione luminosa produce il giorno, quella contraria produce la notte. E il caldo, accrescendosi per l’evaporazione luminosa, porta l’estate; mentre l’umido, facendosi più intenso per l’evaporazione oscura, porta l’inverno (11).
  • 33
    Così Clemente (Clem. Alex. strom. V 105 = DK22B31). Cfr. anche DK22B 76 e 126.
  • 34
    DK22B12 = Aët. II 28, 6: Gli astri hanno una figura a forma di catino e, ricevendo i raggi che provengono dalle esalazioni dell’umidità (τὰς ἀπὸ τῆς ὑγρὰς ἀναθυμιάσεως αὐγάς), risplendono alla vista.
  • 35
    DK22B77 = Numen. fr.35 Thedinga = DK22B77: per le anime è piacere o morte diventare umide; cfr. Stob. flor. V 5, 7 = DK22B117: l’uomo, quando è ebbro, è condotto barcollante da un fanciullo imberbe, senza comprendere dove va, dal momento che la sua anima è umida. Cfr. anche Clem. Alex. strom. VI 16 (II 435, 25) = DK22B36: per le anime è morte diventare acqua.
  • 36
    E si potrebbe dire anche nella scultura: per Policleto, che scrisse un Canone, fissando le regole della sua arte, e scolpì una statua che aveva lo stesso nome Canone, la salute del corpo nasce dall’esatta proporzione (συμμετρία) di quelli che sono i suoi elementi, ossia caldo, freddo, secco, umido (Galen. de plac. Hipp. et Plat. V p.425, 14 = DK40A3).
  • 37
    Ma, a detta di Aristotele, differentemente dai Pitagorici, non definiva quali fossero le contrarietà, ma nominava quelle che capitavano, mentre essi dicevano quante e quali esse sono: Arist. metaph. 986a22 = DK24A3.
  • 38
    Aët. IV 18, 1 = DK24A9.
  • 39
    Theophr. de sens. 25 sgg. = DK24A5.
  • 40
    Aristot. de gen. anim. 744a8 = DK24A10. Ricordiamo che per Alcmeone è il cervello che coordina tutte le sensazioni: tutte le percezioni giungono al cervello e lì s’accordano: ed è appunto per questo che anche s’ottundono quando il cervello si muove e cambia di posto: perché in tal modo ostruisce i canali attraverso i quali passano le sensazioni (DK24A5).
  • 41
    Aët. V 30,1 = DK24B4: Alcmeone dice che la salute dura fintantoché i vari elementi, umido secco, freddo caldo, amaro dolce, hanno uguali diritti (ἰσονομία), e che le malattie vengono quando uno prevale sugli altri (μοναρχία). È da notare qui l’applicazione di termini desunti dal linguaggio politico a denotare stati fisici.
  • 42
    Plutarch. de prim. frig. 16 p. 952 B = DK31B19: in generale è il fuoco ciò che dissolve e disgrega, e l’acqua invece ciò che unisce e tiene insieme, mantenendo le cose aggregate e compatte per mezzo dell’umidità. Al che anche Empedocle allude, di volta in volta, chiamando il fuoco “Contesa funesta” e l’elemento umido “Amicizia che avvince”. Cfr. Hippol. ref. VII 29 p. 211: «l’acqua è l’unico veicolo per il cibo per tutti coloro che si nutrono, benché per se stessa non possa nutrirli… Perciò chiama Nesti l’acqua, poiché pur essendo causa di nutrimento, non è in grado di nutrire». In effetti Empedocle dava nomi di divinità ai quattro elementi fondamentali: Zeus è la sostanza ignea e l’etere, Era l’aria, Edoneo la terra, Nesti l’acqua e il liquido seminale (Aët. I 3,20 = DK31A33). La stessa operazione, ma questa volta in ambito geometrico e cosmico, faceva anche Filolao (Procl. in Eucl. p.166, 25 = DK44A14): attribuì gli angoli del triangolo a quattro dèi, Crono, Ade, Ares e Dioniso… Perché Crono è causa di tutta la sostanza umida e fredda, Ares della natura ignea, Ade abbraccia tutta la vita terrestre, Dioniso sovrintende alla generazione umida e calda, di cui il vino, umido e caldo, è appunto simbolo.
  • 43
    Suppone un medico, anche a più forte titolo che Ippone, per l’interesse che mostra per le questioni fisiologiche, Mondolfo, in Zeller-Mondolfo 1967Zeller, E., Mondolfo, R. (1967). La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico parte 1, vol. 2,Ionici e Pitagorici. Firenze, La Nuova Italia., p. 259 n. 2.
  • 44
    Censorin. de d. nat. 6. 1 = DK64A27.
  • 45
    Theophr. de sens. 39 sgg. = DK64A19: come il vivere e il pensare, riporta all’aria anche le sensazioni: ad avere le sensazioni è l’aria interna, infatti quando abbiamo la mente (νοῦν) ad altro non vediamo né ascoltiamo.
  • 46
    Aët. V 20, 5 = DK64A30: gli animali partecipano di intelligenza e di aria, ma non ragionano né percepiscono, alcuni per la densità, altri per l’abbondanza dell’umidità.
  • 47
    Simplic. phys. 151, 28 = DK64B5: «mi sembra che sia dotato d’intelligenza (νόησιν) quel che gli uomini chiamano aria, che tutti siano da essa governati e che tutto essa domini… e non c’è niente che non ne partecipi, tuttavia niente ne partecipa in modo uguale, ma molti sono i modi (τρόποι) dell’aria e dell’intelligenza; essa è poliforme (πολύτροπος), più calda e più fredda, più asciutta e più umida, più ferma o dotata di più veloce movimento; e ci sono in essa molte altre differenziazioni e un numero infinito di sapori e di colori…Gli esseri viventi non sono simili l’uno all’altro né per forma né per condotta di vita né per intelligenza; eppure tutti per la stessa cosa vivono e vedono e odono, e dalla stessa cosa tutti hanno intelligenza differente».
  • 48
    Theophr. de sens. 39 sgg. = DK64A19: il pensare (φρονεῖν) avviene mediante l’aria pura e secca, infatti l’umidità ostacola la mente: per questo durante il sonno o negli stati di ubriachezza o di sazietà si pensa di meno. E una prova che l’umidità toglie la mente si ha in ciò, che gli altri animali sono inferiori all’uomo nell’intelligenza: essi infatti respirano l’aria che viene dalla terra e hanno un cibo più umido… Per questo stesso motivo anche i fanciulli non sono assennati: infatti hanno molta umidità, sicché l’aria non può penetrare in tutto il corpo, ma è bloccata intorno al petto.
  • 49
    Specialmente nelle sensazioni visive: le immagini provenienti dagli oggetti circostanti si riflettono, come un’impronta, nella parte umida degli occhi, mentre la parte densa non le accoglie, e perciò gli occhi umidi, per la capacità visiva, sono migliori di quelli secchi (Theophr. de sens. 49-83 = DK68A135).
  • 50
    All’origine della storia della terra c’era una primitiva comunione di tutte le cose (τὴν ἐξ ἀρχῆς τῶν ὅλων σύστασιν), poi i corpi si separarono e avvenne la nascita degli esseri viventi da membrane che si sviluppavano nell’umido, che poi si seccarono, finché, quando la terra divenne sempre più dura per l’azione del calore solare e dei venti, le singole specie dei viventi cominciarono a propagarsi per generazione sessuata: Diodor. I 7, 1-4 = DK68B5, 1.
  • 51
    Aët. II 20, 15 = DK87B26.
  • 52
    Cfr. Gomperz 1967Gomperz, T. (1967). Pensatori greci 4 vol. Firenze, La Nuova Italia. (1896-1909), II. pp.19-21: Ippone è una di quelle «figure nelle quali dietro il filosofo traspare il medico». La persuasione comune a queste figure era che l’uomo, che è una parte del complesso della natura, non si può comprendere indipendentemente da questo. Cfr. anche Mondolfo: le scuole mediche sentono l’esigenza di inquadrare la vita umana coi suoi processi fisiopatologici nell’universo e domandano ai principi e alle leggi del macrocosmo la spiegazione e la norma dei fenomeni del microcosmo organico (Mondolfo in Zeller-Mondolfo 1967Zeller, E., Mondolfo, R. (1967). La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico parte 1, vol. 2,Ionici e Pitagorici. Firenze, La Nuova Italia., pp. 253-254 n. 3).
  • 53
    Hippol. Ref. I 16 = DK38A3; cfr. Aët. IV 3, 9 (= DK38A10): disse che l’anima nasce dall’acqua.
  • 54
    Aristot. de anima 405b1 = DK 38A10.
  • 55
    Philop. ad l. 92,2 = DK38A10.
  • 56
    Censorin. de d. nat. 5, 2 = DK38A12.
  • 57
    Aët. V 5,3 = DK38A13; Aezio continua sostenendo che secondo Ippone questo fatto però non contribuisce alla generazione perché cade fuori dall’utero, ed è per questo che alcune donne, e soprattutto le vedove, versano sperma anche senza l’intervento degli uomini.
  • 58
    Aët. V 7, 3 = DK38A14; cfr. Aët. V 7, 7: se prevale il seme nasce un maschio, se il nutrimento una femmina. Cfr anche Censorin. de d. nat. 6, 4: le femmine nascono da semi più sottili, i maschi da semi più densi.
  • 59
    Censorin. de d. nat. 9, 2 = DK38A16.
  • 60
    Censorin. de d. nat. 6, 1 = DK38A15.
  • 61
    Censorin. de d. nat. 7, 2: I. Ma giustamente Maddalena 1970Maddalena, A. (ed.) (1970). Testimonianze e frammenti degli Ionici. Firenze, La Nuova Italia. nota che questa distinzione della vita secondo numeri fissi, specialmente il sette, sia di origine pitagorica, ma non è certo: Ippone era un medico e non poteva non tener conto dei dati dell’esperienza. Singolare è la coincidenza di queste teorie di Ippone con uno scritto medico anonimo che si trova nel Corpus Hippocraticum, “Sul numero sette (περὶ ἑβδομάδων)”, e che risale probabilmente al tempo di Anassimandro e Anassimene. In esso si sostiene che la costituzione e la divisione del cosmo sono parallele a quelle del corpo, che ha le stesse modificazioni dell’universo intero, e avviene secondo il numero sette, in base ad una concordanza tra macrocosmo e microcosmo (sette sono gli astri, i venti, le stagioni, le età dell’uomo, le parti del corpo, le parti della terra e gli elementi dell’anima, e sette sono anche le vocali). Cfr. Pasquinelli 1958Pasquinelli, A. (1958a) Note al “Sul numero sette”. In: Pasquinelli, A. I Presocratici . Torino, G. Einandi. pp. 331-333. e 1958a.
  • 62
    Cfr. sopra n. 39.
  • 63
    Menon ap. Anon. Londin. 11, 22 = DK38A11.
  • 64
    Theophr. hist. plant. I 3, 5 = DK38A19; poco dopo (III 2, 2) Teofrasto critica questa teoria di Ippone: egli dice che ogni pianta è selvatica o domestica, domestica se riceve cure, selvatica se non ne riceve; e dice in parte bene e in parte male. Perché è vero che tutto peggiora e inselvatichisce se non è curato, ma non tutto migliora se è curato.
  • 65
    Timpanaro Cardini 1964Timpanaro Cardini, M. (ed.) (1964). Pitagorici, Testimonianze e frammenti vol. 3. Firenze, La Nuova Italia., III, pp. 367-368.

Publication Dates

  • Publication in this collection
    28 Apr 2021
  • Date of issue
    2021

History

  • Received
    02 Mar 2021
  • Accepted
    03 Mar 2021
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