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Fare etnografia delle migrazioni ai tempi della pandemia. Note di ricerca dal confine franco-italiano nel primo lockdown

Making Ethnography of Migrations in Pandemic Times. Research notes from the French-Italian border during the first lockdown

Riassunto

L’emergenza Covid-19 e le legislazioni d'urgenza emanate dai governi europei incidono in modo profondo sulla dimensione migratoria contemporanea, così come sulle forme e sui modi di studiarla. Il presente contributo, frutto di una “ricerca in quarantena”, si contestualizza nella prima fase dell’irrompere della pandemia in Italia e in Francia (fine febbraio - inizio giugno 2020), segnata dal lockdown nazionale in entrambi i Paesi. L’articolo propone, in primo luogo, una riflessione metodologica relativa al fare etnografia delle migrazioni in tempi pandemici e, di seguito, un’analisi delle conseguenze del Covid-19 sul confine franco-italiano e sull’azione delle reti solidali ai migranti in transito. Il materiale empirico è basato su venti interviste telefoniche semi-strutturate con interlocutori chiave della solidarietà ai migranti sul confine; è costruito inoltre attraverso tecniche di etnografia digitale, quali l’analisi di pagine Facebook e blog dei gruppi intervistati, e su una ricerca emerografica e documentale di carattere locale, nazionale ed internazionale.

Parole chiave
Pandemia; lockdown; migranti; solidali; confine franco-italiano

Abstract

The Covid-19 emergency and the legislation issued by European governments have a deep impact on the contemporary migratory dimension, as well on the forms and ways of studying it. This contribution, the result of a “quarantine research”, is contextualized in the first phase of the outbreak of the pandemic in Italy and France (late February - early June 2020), marked by the national lockdown in both countries. The article proposes, first of all, a methodological reflection about the making of ethnography of migrations in pandemic times and, below, an analysis of the consequences of Covid-19 on the French-Italian border and on the action of solidarity networks with migrants in transit. The empirical material is based on twenty semi-structures telephone interviews with key interlocutors of solidarity with migrants on the border; it is also built through digital ethnographic techniques, such as the analysis of Facebook pages and blogs of the interviewed groups, and on a local, national and international hemerographic and documentary research.

Keywords
Pandemic; lockdown; migrants; solidaires; French-Italian border

1. Introduzione1 1 Il presente articolo è un prodotto del progetto PRIN 2017 “De-bordering activities and citizenship from below of asylum seekers in Italy. Policies, practices, people (ASIT)” (Unità di ricerca dell’Università degli Studi di Genova). Il testo è frutto di una ricerca e di un’elaborazione comune dei due autori; ciononostante, a fini puramente accademici, i paragrafi 1 e 2 possono essere attribuiti a Davide Filippi, mentre i paragrafi 3 e 4 possono essere attribuiti a Luca Giliberti.

L'avvento del Covid-19 e le relative misure di contenimento messe in atto dai governi nazionali durante il 2020 modificano lo scenario migratorio contemporaneo e impongono una riflessione in relazione alle forme e ai modi di studiarlo. Come etnografi - nelle nostre ricerche su processi migratori e frontiere, in particolare sulle tattiche di passaggio e sull’azione delle reti solidali ai migranti in transito sui nodi di confine - siamo, in questo senso, obbligati a interrogarci sugli effetti della pandemia sui nostri oggetti di studio, oltreché sulle conseguenze sul piano della metodologia della ricerca. Quali sono gli effetti del Coronavirus sul controllo della frontiera, sui processi di transito e, più in generale, sulla “crisi dell’accoglienza”? Quali metodologie e tecniche di ricerca adottare e reinventare nella circostanza contingente? Che ripercussioni hanno le misure di confinamento sui gruppi solidali e sull’azione locale in sostegno dei migranti? Il presente contributo si contestualizza nella prima fase dell’irrompere della pandemia (fine febbraio - inizio giugno 2020), segnata dal pieno lockdown nazionale in Italia e in Francia2 2 Nel presente testo la parola lockdown viene riferita alle misure di confinamento generalizzato e di divieto della mobilità - con pochissime eccezioni - in atto a livello nazionale, tanto in Italia come in Francia, durante la prima ondata pandemica. . Dopo una riflessione metodologica in relazione all’irrompere della pandemia nella ricerca sulle migrazioni, l’articolo analizza le conseguenze del Covid-19 sulla frontiera franco-italiana e sull’azione delle realtà solidali ai migranti in transito. La finalità del contributo è duplice: da un lato, proporre l’analisi di un fenomeno migratorio e delle sue trasformazioni durante la pandemia, dall’altro riflettere su come cambia la ricerca su questi temi e come la metodologia e le tecniche di rilevazione si trasformano, di conseguenza, e si riadattano.

Nel febbraio 2020 ci accingiamo ad aprire un campo di ricerca sul versante nord della frontiera tra Italia e Francia, tra la Val di Susa e il Brianzonese; il campo riguarda il territorio che si estende da un lato e dall’altro del confine, per studiare il transito dei migranti diretti verso la Francia e il nord Europa - provenienti sia dal Mediterraneo centrale che dalla Rotta balcanica - le reti di solidarietà e le politiche/pratiche di controllo del confine da parte delle istituzioni locali. L’obiettivo è quello di studiare la “fabbrica locale” della frontiera, le sue frizioni e le sue conseguenze (Darley, 2018DARLEY, Mathilde. Frontières, asile et détention: la fabrique locale de la frontière. In: DUBET, François. Politiques des frontières. Paris: La Découverte, 2008, p. 161-184.). Conosciamo i contesti e gli attori del confine franco-italiano nel versante sud, dopo aver lavorato in quei luoghi negli ultimi anni (Giliberti, 2017GILIBERTI, Luca. La criminalizzazione della solidarietà ai migranti in Val Roja: note dal campo. Mondi Migranti , n. 3, p. 161-181, 2017., 2020aGILIBERTI, Luca. Abitare la frontiera. Lotte neorurali e solidarietà ai migranti sul confine franco-italiano. Verona: Ombre Corte, 2020a., 2020bGILIBERTI, Luca. Il ritorno delle frontiere interne in Europa e la solidarietà ai migranti in transito: il caso della Val Roja. REMHU, Revista Interdisciplinar da Mobilidade Humana, v. 28, n. 58, p. 67-87, 2020b.; Giliberti, Queirolo Palmas, 2020GILIBERTI, Luca; QUEIROLO PALMAS, Luca. Solidarities in transit on the French-Italian border. Ethnographic accounts from Ventimiglia and the Roya Valley. In: AMBROSINI, Maurizio; CINALLI, Manlio; JACOBSON, David (eds.). Migration, Borders and Citizenship. Between Policy and Public Spheres. Basingstoke: Palgrave Macmillan, 2020, p. 109-140.); non siamo ancora mai stati, invece, nel versante nord, in cui abbiamo però diversi contatti, costruiti in questi anni in incontri e dibattiti su diversi luoghi di confine. L’apertura del campo prevede un soggiorno sul territorio, prima dal lato francese e poi dal lato italiano, per incontrare una serie di attori e di realtà, oltreché per partecipare - materialmente e, insieme, con uno sguardo etnografico - alle azioni solidali che prendono forma in quei giorni. Nel mese precedente abbiamo iniziato a sentire i nostri contatti e preparare il terreno, programmando gli incontri e le azioni che avremmo realizzato. Tutto è pronto per la partenza, ma, proprio pochi giorni prima, l’attivazione delle primissime misure anti-Covid ne impediscono lo svolgimento.

L’apertura del campo rimandata si configura come elemento cruciale, in quanto indice di nuove modalità di ricerca con cui necessariamente doversi confrontare: con la limitazione/divieto della mobilità ci troviamo a portare avanti una “ricerca in quarantena” che si propone come un’analisi delle conseguenze del Covid-19 sul confine franco-italiano e sull’azione delle reti solidali ai migranti in transito. Il materiale empirico è basato su venti interviste telefoniche semi-strutturate con interlocutori chiave della solidarietà ai migranti sulla frontiera franco-italiana; è costruito inoltre attraverso tecniche di etnografia digitale, quali l’analisi di pagine Facebook e blog degli stessi gruppi intervistati, e su una ricerca emerografica e documentale di carattere locale, nazionale ed internazionale.

2. Riflessioni metodologiche da una “ricerca in quarantena”

Secondo Diraj Murthy, autore di riferimento della ricerca on-line, un’etnografia digitale è un’etnografia “i cui metodi di raccolta dati sono mediati dalla comunicazione via computer (CMC) o da tecnologie digitali” (Murthy, 2011MURTHY, Dhiraj. Emergent Digital Ethnography Methods for Social Research. In: HESSE-BIBER, Sharlene Nagj (ed.). Handbook of Emergent Technologies in Social Research. New York: Oxford University Press, 2011, p. 158-179. , p. 159). Lo stesso autore, circa una dozzina di anni fa, affermava come nelle scienze sociali i metodi digitali fossero poco utilizzati, specie se in comparazione con la loro presenza nella vita quotidiana delle persone (Murthy, 2008MURTHY, Dhiraj. Digital Ethnography: An Examination of the Use of New Technologies for Social Research. Sociology, v. 42, n. 5, p. 837-855, 2008.); come esempio, prendeva l’allora recente definizione di “field research” di Carol A. Bailey (2007BAILEY, Carol. A Guide to Qualitative Field Research. Thousand Oaks, CA: Pine Forge Press, 2007., p. 2), in cui la dimensione digitale risultava completamente assente, non riconoscendo dunque che la “vita quotidiana” - oggi certamente ancor più che tredici anni fa - sia diventata sempre più mediata tecnologicamente. E, come ricorda la stessa Bailey, “la ricerca sul campo è lo studio sistematico e a lungo termine della vita quotidiana” (Bailey, 2007MENGHI, Marta. Intorno alla frontiera: politiche di contenimento e pratiche di mobilità sul confine di Ventimiglia. Mondi Migranti , n. 2, p. 39-60, 2018., p. 2).

L’analisi di Murthy evidenziava, detto altrimenti, l’anacronismo della scienza sociale in relazione al digitale. Dal suo punto di vista tale elemento sarebbe dovuto entrare a pieno titolo all’interno della definizione di “ricerca sul campo”. La riflessione è chiara: quando la dimensione digitale passa al centro della vita di tutti i giorni di sempre più persone, anche la scienza sociale deve saperci fare i conti. Garcia et al. (2009GARCIA, Angela Cora; STANDLEE, Alecea I.; BECHKOFF, Jennifer; CUI, Yan. Ethnographic approaches to the Internet and computer-mediated communication. Journal of Contemporary Ethnography,n. 38, p. 52-84, 2009.) affermano che gli etnografi, prendendo atto dei cambiamenti radicali legati al digitale, dovrebbero incorporare l’analisi di Internet all’interno delle loro ricerche per comprendere in modo adeguato la vita sociale contemporanea. Se negli ultimi anni il digitale è divenuto sempre più protagonista, appare evidente che in tempi di pandemia e di lockdown tale dimensione divenga sempre più cruciale. Questo è probabilmente il momento ideale per esplorare l’intuizione di Murthy (2008MENGHI, Marta. Intorno alla frontiera: politiche di contenimento e pratiche di mobilità sul confine di Ventimiglia. Mondi Migranti , n. 2, p. 39-60, 2018., p. 837) quando afferma che “l’irrompere delle tecnologie digitali possiede potenzialità per aprire nuovi direzioni in etnografia”. Sulla stessa linea, altra dimensione che sembra poter divenire particolarmente rilevante nel prossimo futuro è quella che alcuni autori definiscono “multimodal ethnography” (Dicks, Soyinka, Coffey, 2006DICKS, Bella; SOYINKA, Bambo; COFFEY, Amanda. Multimodal Ethnography. Qualitative Research, v. 6, n. 1, p. 1-20, 2006. ), ossia una metodologia mista costruita tra etnografia digitale e presenziale, che in tempi (post)pandemici sappia muoversi in modo conseguente al virus.

Un punto chiave della riflessione metodologica sulla ricerca qualitativa in tempi di Coronavirus è senza dubbio legato alla dimensione dell’interazione, aspetto cruciale in etnografia. Come ci ricorda Elizabeth Lorenzi (2010LORENZI, Elizabeth. La posición del antropólogo en la revalorización del patrimonio. El dilema de la participación observante en la Batalla Naval de Vallecas. In: DEL OLMO, Margarita (ed.). Dilemas éticos en antropología. Las entretelas del trabajo de campo etnográfico. Madrid: Editorial Trotta, 2010, p. 145-170. ), in effetti, uno degli elementi decisivi di differenziazione del metodo etnografico nell’universo metodologico delle scienze sociali si riferisce all’implicazione del ricercatore con la realtà studiata, la relazione con i soggetti della ricerca e la consapevolezza che il sapere scientifico si costruisca anche all’interno di questa interazione. Il “fare comune” che il ricercatore costruisce con gli attori sociali della ricerca partecipa ai risultati dello studio (Queirolo Palmas, Stagi, 2017QUEIROLO PALMAS, Luca; STAGI Luisa. Dopo la rivoluzione. Paesaggi giovanili e sguardi di genere nella Tunisia contemporanea. Verona: Ombre Corte , 2017. ). Secondo Christine Hine (2020HINE, Christine. Lockdown fieldwork. 2020. Disponibile in: Disponibile in: https://blogs.surrey.ac.uk/sociology/2020/04/02/lockdown-fieldwork/ . Consultato il: 04.04.2020.
https://blogs.surrey.ac.uk/sociology/202...
), che riflette sul lavoro di campo durante il lockdown, la ricerca qualitativa - per la sua dimensione relazionale con i soggetti della ricerca - si trova davanti a una grande sfida, in un momento in cui “isolamento sociale” e “distanziamento fisico” irrompono in Europa in una modalità senza precedenti.

La ricerca sociale è, in fin dei conti, sociale, non solo perché studia il campo sociale, ma perchè essa stessa una pratica sociale. Fare ricerca implica interazione: costruire un rapporto di fiducia, ascoltare le persone, porre loro domande, stare con loro mentre svolgono le proprie attività quotidiane e scoprire ciò che per loro ha importanza. Risulta ironico dunque che, proprio in quanto ricercatori sociali, ci si trovi ad affrontare tali momenti di urgente bisogno in relazione alla comprensione di ciò che accade, non potendo utilizzare le proprie pratiche, essendo esse stesse in pericolo. I tempi del distanziamento sociale permettono ai ricercatori di scoprire che è la stessa società a muoversi verso una dimensione che va oltre i metodi tradizionali. I ricercatori, abituati a costruire una relazione attraverso il lavoro di campo faccia a faccia, non sono nella condizione di incontrare le persone i cui punti di vista cercano di comprendere e provano così a capire, incerti, come poter, nella nuova situazione, ascoltare, osservare e raccogliere dati. (Hine, 2020GILIBERTI, Luca; QUEIROLO PALMAS, Luca. Solidarities in transit on the French-Italian border. Ethnographic accounts from Ventimiglia and the Roya Valley. In: AMBROSINI, Maurizio; CINALLI, Manlio; JACOBSON, David (eds.). Migration, Borders and Citizenship. Between Policy and Public Spheres. Basingstoke: Palgrave Macmillan, 2020, p. 109-140., p. 1)

Nell’interazione faccia a faccia il ricercatore osserva ma è, allo stesso tempo, osservato e la maniera in cui il ricercatore è percepito sul campo partecipa inevitabilmente ai risultati della ricerca. L’osservazione on-line, diversamente, può essere unilaterale, permettendo al ricercatore di osservare senza essere osservato, eludendo l’interazione nella pratica dell’osservazione. Il medium digitale, inoltre, non permette di intercettare la relazione del corpo dell’interlocutore, anche rispetto allo spazio in cui si trova. In una dimensione virtuale con soggetti che non si conoscono o si conoscono poco, la dimensione dell’interazione rimane a livelli bassi.

La metodologia digitale di cui ci siamo avvalsi si è basata innanzitutto sull’analisi delle piattaforme social che gli attori con cui ci confrontiamo utilizzano nella loro attività. All’interno dell’on-line research esploriamo la dimensione del social networking websites - nell’analisi, in particolare, delle pagine Facebook - e, in minor misura, di blog prodotti da quegli stessi attori che sul campo avremmo voluto incontrare. L’analisi delle piattaforme on-line non ci parla di ciò che la gente pensa tout court, ma ce ne parla in diretto riferimento alla specificità della piattaforma, alle sue modalità, ai profili di usuari che la compongono, alle proprie convenzioni e possibilità tecnologiche, che influiscono grandemente su ciò che su quella piattaforma "si può dire" e in quali modalità (Hine, 2020HINE, Christine. Lockdown fieldwork. 2020. Disponibile in: Disponibile in: https://blogs.surrey.ac.uk/sociology/2020/04/02/lockdown-fieldwork/ . Consultato il: 04.04.2020.
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). Emerge dunque la variabilità degli spazi on-line, che va analizzata in connessione con la scelta di basare la propria metodologia sull’uno o l’altro spazio. Nel nostro caso, lo spazio on-line privilegiato è stato Facebook in quanto piattaforma maggiormente usata dagli attori solidali sia in termini personali che per la propria attività comunicativa in quanto attivisti.

Le venti interviste telefoniche semi-strutturate, centrate sulle conseguenze contingenti della pandemia sui due versanti della frontiera franco-italiana, sono state realizzate con attori chiave delle realtà solidali attive sul confine, le stesse di cui abbiamo seguito la produzione on-line: Progetto20K, Kesha Niya Kitchen e Roya Citoyenne sul confine sud; Valsusa Oltre Confine, Tous Migrants, Médecins du Monde e Refuge Solidaire sul confine nord3 3 Tali realtà solidali, con l’eccezione di Médecins du Monde, organizzazione non governativa, e Roya Citoyenne e Tous Migrants che sono associazioni formalizzate, rispondono a gruppi informali di attivisti e volontari, più o meno politicizzati. Salvo Médicins du Monde, che ha una distinta organizzazione, si tratta di realtà piuttosto omogenee tra di loro. . Congiuntamente alle interviste realizzate, l’articolo utilizza anche estratti di “note dal campo”; le note di cui qui ci avvaliamo sono per noi inedite perché non basate sulla fisicità del campo, sulle osservazioni oculari né sull’incontro con gli attori - che prevedono una dimensione materiale che qui è strutturalmente esclusa (osservazioni di terreno, gestualità e fisicità dell’interlocutore, ecc.) - producendosi in un contesto di reclusione casalinga, per riordinare in modo sistematico ciò che veniva man mano fuori in termini di analisi del web e interviste telefoniche. L’interesse che troviamo nell’utilizzare queste note, che consideriamo parte costitutiva dei materiali etnografici prodotti, si situa nel loro accompagnare la ricerca in modo progressivo - si riferiscono dunque a un “tempo diverso” rispetto alla scrittura dell’articolo - oltre a presentare un diverso registro narrativo.

3. Il confine franco-italiano e l’azione dei solidali nel primo lockdown

Il 16 marzo 2020, solo qualche giorno dopo l’Italia, anche la Francia dichiara il lockdown nazionale. Emmanuel Macron, in un discorso accorato alla Nazione, con l’uso della metafora di una Francia in guerra, annunciava la misura del confinamento e dichiarava contestualmente la chiusura delle frontiere, sia esterne che interne allo spazio Schengen. La temporalità indicata era inizialmente di trenta giorni, che sarà poi prorogata prima per un mese, poi per un secondo mese; unica eccezione ufficiale rispetto alla possibilità di attraversare comunque le frontiere veniva accordata ai francesi che erano all’estero in quel momento, che sarebbero potuti rientrare nel proprio Paese. Il governo italiano, almeno formalmente, non agisce nella stessa maniera e non annuncia ufficialmente la chiusura delle frontiere dell’Italia. In modo paradossale, però, i dati empirici raccolti alla frontiera di Ventimiglia ci dicono il contrario; in effetti, gli attori sul campo ci spiegano che, sulla frontiera sud, se gli italiani riescono a varcare il confine per motivi di lavoro o altri motivi “urgenti”, maggiore complicazione è riservata ai francesi che vengono verso l’Italia.

Un caso paradigmatico, in questo senso, è quello degli abitanti francesi della Val Roja, valle situata tra Ventimiglia e il Col di Tenda; da questo territorio - una sorta di enclave francese confinante a nord, a est e a sud con l’Italia (Giliberti, 2017GILIBERTI, Luca. La criminalizzazione della solidarietà ai migranti in Val Roja: note dal campo. Mondi Migranti , n. 3, p. 161-181, 2017., 2020aGILIBERTI, Luca. Abitare la frontiera. Lotte neorurali e solidarietà ai migranti sul confine franco-italiano. Verona: Ombre Corte, 2020a.), da cui i residenti passano da Ventimiglia per entrare in autostrada e recarsi in qualsiasi altro posto di Francia - durante il lockdown nei due Paesi, non è permesso percorrere in auto i pochi chilometri necessari in territorio italiano. Diversi abitanti della valle ci raccontano che, se devono recarsi a Mentone per lavoro provando a passare da Ventimiglia - percorso molto più breve e agevole dell’altro possibile - vengono bloccati dalle forze dell’ordine italiane; queste ultime dicono loro che la frontiera dell’Italia è chiusa, anche per percorrere pochi chilometri in auto, e che sono dunque obbligati a ritornare in Val Roja e passare dalla contigua Valle Bevera, per una strada di montagna molto più lunga e sinuosa4 4 A confermare le dichiarazioni da noi raccolte, il giornale locale Nice Matin dedica un articolo alla presente questione: https://www.nicematin.com/vie-locale/litalie-interdit-lacces-aux-francais-du-cote-de-la-roya-une-decision-arbitraire-pour-les-maires-497760. L’articolo racconta l’esperienza di una esercente di generi alimentari di Tenda che è costretta, in un momento già complicato come quello del lockdown, a percorrere molti più chilometri del previsto - senza la possibilità di poter utilizzare l’autostrada - per poter rifornire il commercio locale, che in questo frangente diviene di cruciale importanza per la vita degli abitanti, obbligati a realizzare le proprie spese nel paese. . I dati empirici raccolti alla frontiera sud ci dicono dunque che, in contraddizione con le dichiarazioni governative ufficiali, la Francia mantiene una minima flessibilità nella chiusura della frontiera, mentre l’Italia applica un blocco più rigido dei confini senza averlo ufficializzato o annunciato in termini di dominio pubblico. Sul versante nord della stessa frontiera, invece, rispetto a quanto ci dicono i testimoni privilegiati, una certa flessibilità del passaggio - dall’uno e dall’altro lato - rimane vigente.

In ogni caso, il dato cruciale è che, con l’avvento della pandemia e durante il periodo del lockdown, assistiamo a una sorta di chiusura tout court della frontiera, in cui, oltre ai razzializzati “soggetti indesiderabili” (Agier, 2008AGIER, Michel. Gérer les indésirables. Des camps de réfugiés au gouvernement humanitaire. Paris: Flammarion, 2008. ), non passano neanche i cittadini europei. L’avvento del Covid crea in effetti, per la prima volta, nei diversi Paesi, il precedente della chiusura dei confini ai non cittadini (Triandafyllidou, 2020TRIANDAFYLLIDOU, Anna. Commentary: Spaces of Solidarity and Spaces of Exception at the times of Covid-19. International Migration, v. 58, n. 3, p. 261-263, 2020.). Se dal giugno 2015 la frontiera interna tra l’Italia e la Francia era stata ristabilita (Giliberti, 2020GILIBERTI, Luca. Il ritorno delle frontiere interne in Europa e la solidarietà ai migranti in transito: il caso della Val Roja. REMHU, Revista Interdisciplinar da Mobilidade Humana, v. 28, n. 58, p. 67-87, 2020b.b) - ritornando sostanzialmente a una dimensione pre Schengen, con l’aggiunta di una capillare militarizzazione - presentandosi come un “filtro selettivo” attraverso cui solo certi fenotipi sono sottoposti al controllo sistematico, le misure anti-Coronavirus, anche se solo temporalmente, ne definiscono la chiusura tout court. Per i migranti la situazione della frontiera, dunque, non si modifica particolarmente: questa era chiusa, e così resta; la situazione cambia invece drasticamente per i cittadini europei, che prima non venivano controllati e ora, in questo preciso frangente, vengono bloccati. Stesso discorso vale, in senso metaforico, per la dimensione del cosiddetto “distanziamento sociale”: sconosciuto ai “bianchi”, è ben conosciuto dai migranti razzializzati. Sharam Koshravi (2020KOSHRAVI, Shahram. When home does not exist, what does self-quarantine mean: street children in Theran. Compas-Centre on Migration Policy and Society, 2020. Disponibile in: Disponibile in: https://www.compas.ox.ac.uk/2020/when-home-does-not-exist-what-does-self-quarantine-mean-street-children-in-tehran/ . Consultato il: 18.04.2020.
https://www.compas.ox.ac.uk/2020/when-ho...
), in un recente articolo su Coronavirus e ragazzi di strada a Teheran, evidenzia come i sottoproletari metropolitani abbiano già familiarità con il “distanziamento sociale”, nei termini di stigmatizzazione, razzismo ed esclusione, tutte dimensioni che definiscono l'esperienza biografica di questi soggetti in termini strutturali da molto prima dell’arrivo del Covid-19.

In relazione ai flussi migratori verso l’Europa, un dato particolarmente rilevante è che in pieno periodo pandemico - proprio nel momento in cui produciamo la presente ricerca - gli sbarchi e gli arrivi via terra nello spazio europeo non cessano affatto. Dati di Frontex5 5 Si veda: https://frontex.europa.eu/we-know/migratory-map/. mostrano infatti che, da gennaio a maggio 2020 i passaggi irregolari di frontiera verso l’EU sono 30.450, numero solo di poco minore al flusso rispondente, per lo stesso periodo, all’anno precedente in cui erano stati 33.702. In piena pandemia i flussi verso l’Europa hanno dunque continuato a prendere forma, seppur in una nuova dimensione, attraversati da nuove dinamiche. Come vedremo, la discontinuità imposta dall'emergere della pandemia se da un lato definisce un nuovo paradigma entro cui studiare ed analizzare i processi migratori globali e i tentativi di governarli, dall'altro non è un elemento che argina, blocca o ridimensiona il movimento autonomo di milioni di persone che scelgono di mettersi in cammino verso l'Europa.

Ciò che cambia concretamente per i migranti nel periodo del lockdown è la possibilità di movimento per giungere sino alla frontiera franco-italiana. In effetti, se gli sbarchi continuano con la medesima intensità di quanto avveniva nello stesso periodo durante gli anni precedenti, una volta giunti in Italia diviene decisamente proibitivo risalire la penisola con pochissimi mezzi pubblici attivi, con una circolazione sociale estremamente ridotta e un controllo militare intenso e capillare su tutto il territorio nazionale; ciò che con il periodo di lockdown muta notevolmente, in questo senso, è l’articolazione tra i cosiddetti “movimenti primari” e i “movimenti secondari”6 6 L’ambiguo concetto istituzionale “movimenti secondari” indica gli spostamenti di coloro i quali, entrati in Europa da un primo paese come per esempio l’Italia, la Grecia o la Spagna - attraverso un movimento che può dunque essere definito “primario” - si spostano verso altri Stati europei. Il concetto è strettamente legato all’idea del “primo paese di arrivo”, a cui il Regolamento di Dublino impone al migrante di restare dopo essere stato identificato. . I migranti, con la nuova chiusura di frontiera tout court, continuano ad essere respinti, ma questa non è una novità; l'elemento nuovo è che pochissimi riescono ad arrivare in frontiera, per poi tentare di varcarla. La difficoltà di giungere fino al confine, evidentemente, è alla base della drastica diminuzione dei respingimenti che prende forma dall’inizio della pandemia, in cui i movimenti secondari sembrano diminuire in modo molto più corposo che quelli primari. La “turbolenza migratoria” (Papastergiadis, 2000PAPASTERGIADIS, Nikos. The turbulence of migration: globalization, deterritorialization and hybridity. New Jersey: Wiley, 2000.), caratterizzata dalla multicausalità e multidirezionalità delle traiettorie (Schapendonk, 2012SCHAPENDONK, Joris. Turbulent trajectories: African migrants on their way to the European Union. Societies, n. 2, p. 27-41, 2012. ; Fontanari, 2016FONTANARI, Elena. Soggettività en transit. (Im)mobilità dei rifugiati in Europa tra sistemi di controllo e pratiche quotidiane di attraversamento dei confini. Mondi Migranti, n. 1, p. 39-60, 2016.), già elemento cruciale della dimensione migratoria pre-Covid, con la pandemia si acuisce ulteriormente.

Se, secondo i dati dei meticolosi monitoraggi del collettivo Kesha Niya Kitchen7 7 Kesha Niya Kitchen - che significa No problem in curdo - è un gruppo di attivisti denominati in valle i Vichinghi, perché molti di loro sono tedeschi, e in maggioranza alti e biondi. I vichinghi - che, insieme ad altre attività di supporto ai migranti, sono specializzati nella preparazione e distribuzione del cibo in luoghi di frontiera - hanno lavorato nel campo di Grande-Synthe, nei pressi di Calais, prima di collaborare con Roya Citoyenne alla frontiera franco-italiana. Il collettivo internazionale - sostenuto da altri gruppi di attivisti italiani su Ventimiglia come il Progetto 20K - è anche iniziatore di un’attività definita “petit-déjeuner” (la “colazione”) in un luogo che si trova all’uscita dei locali della PAF (“Police aux Frontières”) dove i migranti che sono stati fermati in Francia in prossimità del confine vengono detenuti e rilasciati. Tale attività - che gli attivisti, in modalità di rotazione, portano avanti per l’intero arco della giornata - oltre a rappresentare un fondamentale sostegno materiale e psicologico ai migranti respinti, implica contestualmente un’attività di monitoraggio certosino dei respingimenti e delle pratiche delle Forze dell’Ordine. , subito prima del lockdown i respingimenti giornalieri in frontiera sud si aggiravano attorno a 40 - dunque intorno a 250 a settimana e circa 1.000 al mese, in linea con il mese precedente di gennaio in cui erano stati contati 9798 8 Si veda: https://parolesulconfine.com/lordinaria-violenza-della-frontiera-di-ventimiglia/ - dal 15 marzo al 15 aprile i respingimenti sono stati 107, come diffuso dai mezzi di comunicazione riportando dati della PAF (Direction Central de la Police aux Frontières)9 9 Si veda: https://france3-regions.francetvinfo.fr/provence-alpes-cote-d-azur/alpes-maritimes/coronavirus-debut-du-confinement-nombre-migrants-refoules-frontiere-franco-italienne-chute-1816774.html?fbclid=IwAR1uv_bkIDWe_AGhPofOnKMcjZNU3jKrDzOdLinWiLr14CnGUl3h_JYoM78 . Per implementare le misure di lockdown si osserva, inoltre, un aumento consistente delle forze dell’ordine in frontiera, in particolare nella città di Ventimiglia (Trucco 2020TRUCCO, Daniela. The southern French-Italian Border Before, During, and After COVID-19 Lockdowns. Borders in Globalization Review, v. 2, n. 1, p. 109-113, 2020). Mentre i solidali sono chiusi obbligatoriamente in casa e dunque non possono monitorare alcuna situazione, i quotidiani ci informano che, intorno alla fine di marzo, per diversi giorni non era avvenuto alcun respingimento10 10 Si veda: https://rep.repubblica.it/pwa/locali/2020/03/25/news/ventimiglia_il_coronavirus_ferma_anche_i_migranti-252292304/?ref=drac-1 . Quello che ci sembra realistico ipotizzare è che, nel periodo immediatamente successivo al 15 marzo - quando il lockdown era stato solo da pochi giorni dichiarato dall’Italia e ancora non era stato annunciato dalla Francia - sulla scia delle 40 persone al giorno, sia arrivata la maggior parte di quel centinaio di persone.

In quella settimana, quando stavano ancora arrivando migranti in frontiera e le forze dell’ordine francesi operavano i respingimenti, il sindaco di Ventimiglia si fa autore di una denuncia pubblica contro i respingimenti francesi, mobilitando la Prefettura11 11 Si veda: https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/03/21/coronavirus-la-francia-continua-a-respingere-i-migranti-a-ventimiglia-ma-con-lemergenza-vengono-abbandonati-senza-precauzioni/5744702/ .

I francesi respingono i migranti che trovano sul loro territorio e gli stranieri, a piedi, entrano e si disperdono in città, senza essere controllati, senza sapere se anche loro, come noi tutti, siano portatori del virus! Noi dobbiamo restare a casa e lo facciamo e loro circolano? Bisogna subito evitare che i migranti siano spinti in Italia e poi lasciati a spasso. Devono essere accompagnati dalla frontiera al Campo Roja e da lì non devono uscire, come non escono di casa gli italiani. (Gaetano Scullino, Sindaco di Ventimiglia. Dichiarazioni in un articolo del giornale locale Rivera 24, 21/03/202012 12 Si veda: https://www.riviera24.it/2020/03/coronavirus-sindaco-scullino-a-ventimiglia-i-migranti-devono-stare-al-campo-roja-e-non-in-giro-per-la-citta-619982/ )

Dal canto loro, nonostante una certa eterogeneità di vedute sul tema, anche i solidali del territorio e le associazioni per i diritti dei migranti denunciano i respingimenti dei francesi, non solo per le ripercussioni sugli abitanti locali, ma anche per la precarietà e il rischio a cui i migranti vengono esposti subendo i respingimenti e la detenzione amministrativa in piena emergenza sanitaria13 13 Come esempio, in relazione alle rivendicazioni associative contro il respingimento dei migranti alla frontiera, si veda: https://www.amnesty.fr/presse/une-femme-et-son-enfant-renvoyes-hier-en-italie--les; in relazione alla detenzione amministrativa, si veda: http://www.anafe.org/spip.php?article559&fbclid=IwAR3dYssR80XKUintql4IWyISX0HwonrOQdvji5JbNJ0htfWvLk354GNUDHI . Da dopo il 20 marzo, per almeno un mese, i tentativi di varcare la frontiera - e dunque i respingimenti - sono stati praticamente nulli, per riprendere verso la fine del mese di aprile, quando le misure del lockdown cominciavano ad allentarsi. Un dato rilevante è che dal giugno 2015 - sebbene l’andamento dei tentativi di varcare la frontiera e dei respingimenti sia stato caratterizzato da un’importante variabilità nel corso del tempo, con picchi e cadute secondo la contingenza - l’arrivo della pandemia segna per la prima volta un arresto totale dei tentativi di passaggio e dei refus d’entrée conferiti in Francia verso i migranti che provengono dall’Italia.

Nella lunga discussione con Marta emerge che a Ventimiglia ci sono stati solidali attivi fino al 12 marzo, giorno dopo che Giuseppe Conte ha proclamato le misure di restrizione. Kesha Niya continuava con la messa in atto dei presidi in frontiera, con l’incontro dei migranti respinti, fino a che il giorno dopo l’ordinanza le quattro persone presenti in frontiera sono state portate in Commissariato e avvisate del fatto che stava partendo contro di loro un’inchiesta preliminare. Decidono dunque di bloccare temporaneamente la propria attività e vanno in un luogo in valle per installarsi e vivere la quarantena. Dopo tanto tempo, comincia per questi solidali un periodo di stop, che permette loro per la prima volta, dopo essere stati per anni intensamente attivi in frontiera, un periodo di dolce far nulla e di pausa dall’impegnativa attività solidale. Chi ha il diritto di rimanere attivo in frontiera sono solo alcune ONG che possono munirsi della necessaria autocertificazione, come WeWorld, e Caritas/Croce Rossa. Il Campo Roja rimane aperto con circa 240 persone, che c’erano già prima del lockdown, la maggior parte dei quali richiedenti asilo e non migranti in transito. (Note di campo, 03/04/2020)

Nella seconda metà di aprile, dopo un caso di Covid, il Campo Roja viene chiuso non permettendo più l’arrivo di nuovi “ospiti”14 14 Il Campo Roja è una struttura d’accoglienza istituzionale gestita dalla Croce Rossa, definita informalmente come “campo di transito” (Menghi, 2018). Aperto nell’estate 2016 e pensato inizialmente come temporaneo, il Campo Roja è stato operativo fino all’irrompere della pandemia; chiuso temporaneamente durante il Covid, viene smantellato e chiuso definitivamente a fine luglio 2020. ; chi riesce ad arrivare è costretto dunque a vagare per la città e a dormire per strada, alimentando il conflitto sociale, in un momento storico il cui motto generalizzato è “io resto in casa”. L’azione degli attori solidali in frontiera, intanto, sia di distribuzione di beni di prima necessità che di monitoraggio di respingimenti e pratiche delle forze dell’ordine, è impossibilitata dal lockdown. Le reti solidali informali, con gli operatori delle ONG e chi si interessa alla situazione dei migranti in frontiera, seppur senza poter essere operativi sul campo, continuano a riunirsi e a impegnarsi per comprendere “a distanza” cosa stia succedendo.

Con l’“Assemblea operativi”15 15 La cosiddetta “Assemblea Operativi” è l’insieme delle reti solidali e di membri salariati di ONG attive sulla frontiera franco-italiana. ci siamo sentiti stamattina, facciamo riunione on line tutte le settimane. Abbiamo pochissime informazioni riguardo la situazione in frontiera. Sappiamo che non c'è stata nessuna decisione ufficiale, né da parte italiana, né da parte francese che impedisca i respingimenti. Anzi, come ti dicevo la settimana scorsa, la Francia ha chiesto esplicitamente di continuare i respingimenti, non solo di migranti ma anche di tutti coloro che non hanno ragioni particolari e urgenti per recarsi in Francia, comunicando che i containers presso gli uffici di polizia assicurano le misure di sicurezza. (Marta, 25 anni, solidale al confine di Ventimiglia, 02/04/2020)

Tra la Val di Susa e il Brianzonese, già nei giorni di fine febbraio in cui ci ritroviamo ad annullare la nostra missione e l’apertura del campo di ricerca, si era notevolmente ridotto il numero di migranti che riusciva ad arrivare su quel segmento di frontiera; tale numero quasi si annulla durante il lockdown. Saranno solo tre - secondo i dati in possesso dei solidali - i migranti che sono riusciti a varcare la frontiera nord durante i mesi di marzo ed aprile, a partire dalla forte difficoltà di muoversi con i mezzi pubblici e dei controlli capillari giustificati dall’emergenza sanitaria. Durante il periodo in cui il confinamento riguardava entrambi i Paesi, un solo migrante in transito sarebbe riuscito nell’intento.

Son tre settimane che non arriva nessuno da queste parti… figurati passare la frontiera… è impossibile adesso, non ci sono mezzi, c’è un controllo fortissimo sul territorio, tutti siamo chiusi in casa. Due giorni fa è arrivato un tipo della Guinea che è riuscito a passare… mi hanno chiamato per dirmelo, eravamo tutti sorpresi… ma come avrà fatto? Ci siamo detti… questo qua è superman, a superare la frontiera in questa situazione… (Marie, 60 anni, solidale al confine nel Brianzionese, 26/03/2020)

Secondo le realtà solidali, le persone arrivate in frontiera prima del lockdown - sia chi è riuscito a varcare il confine, sia chi è rimasto bloccato prima, dal lato italiano - devono essere comunque ospitate in qualche luogo. Sia le realtà ospitali meno conflittuali con il mondo istituzionale (“Rifugio Fraternità Massi” a Oulx e il “Refuge Solidaire” a Briançon), sia quelle più conflittuali e insediate in occupazioni abitative (la “Casa Cantoniera” a Oulx e “Chez Marcel” in un paesino del Brianzonese) ospitano dei migranti durante la quarantena. Osserviamo il quadro della situazione offerto a fine marzo dalla rete solidale Tous Migrants del Brianzonese:

In questo momento, quindici persone sono in quarantena al “Refuge Solidaire” ed altri quindici allo squat “Chez Marcel”. Dal momento dell’entrata in vigore delle misure di lockdown, e la sospensione delle maraudes, cinque migranti sono arrivati al Refuge dall’Italia, ma nessuno da qualche giorno a questa parte. Nella stanza dove sono ospiti, i disegni e le parole di ringraziamento che ornano normalmente i muri, sono stati sostituiti con le norme di igiene e di prevenzione del virus. Si è deciso per una quarantena stretta per evitare i contagi. In caso di arrivo di rifugiati a Briançon, il Refuge mobiliterà i servizi dello Stato per analizzare soluzioni di accoglienza alternativa. Gli équipes di Médecins du Monde realizzano un monitoraggio quotidiano e vengono in aiuto alle persone vulnerabili su tutto il territorio attraverso l’istituzione di un’unità sanitaria mobile. (Tous Migrants, Lettre d’Information Mars-Avril 2020, 31/03/2020)

Anche dal lato italiano, in particolare a Oulx, ci sono state esperienze di quarantena nei luoghi solidali.

Dalle conversazioni con i solidali valsusini emerge che nel loro territorio la situazione è simile a quella nel Brianzonese. Antonella mi dice che sono pochissime le persone che, dai primi di marzo, sono arrivate per varcare la frontiera; arrivare col trasporto pubblico è proibitivo. Quelli che sono arrivati a ridosso del lockdown e che non sono riusciti più a transitare, bloccati dalle misure di confinamento italiane e francesi, sono rimasti nei luoghi di arrivo. Al rifugio di Oulx ci sono così sette persone, una decina nella Casa Cantoniera. I pochi che arrivano riescono a fermarsi nei luoghi solidali collettivi. A Ventimiglia non ci sono luoghi del genere, come sulla rotta alpina. Anche Antonella sottolinea l’aspetto interessante dell’autogestione migrante durante il lockdown. Antonella mi dice inoltre che con la quarantena - nella situazione di non potersi recare sul campo - i rapporti telefonici tra solidali si intensificano; mi racconta che con i solidali francesi si sentono ogni due giorni per sapere come va la situazione per la gestione reciproca e mutua dei migranti in quarantena nei rispettivi centri. Alla stessa maniera di ciò che mi raccontano i solidali del Brianzonese, evidenzia come anche in Val Susa le realtà solidali di diversa natura - spazi più istituzionali e spazi occupati, azione umanitaria e approccio politico radicale - nell’emergenza della pandemia sembrano avvicinarsi e superare con più facilità la distanza reciproca. (Note di campo, 28/03/2020)

Un aspetto particolarmente interessante che emerge dalle conversazioni con i solidali del territorio è l’autogestione migrante che prende forma nei luoghi dell'accoglienza informale durante il Covid. In strutture in cui i volontari “bianchi” hanno avuto sempre un ruolo chiave, quando con l’emergenza sanitaria viene ridotta al minimo la loro presenza, la necessità fa sì che la dimensione dell’autogestione prenda forma.

Non si era mai vista questa cosa… ci siamo sempre noi che organizziamo tutto e diamo per scontato che debba essere così. A un certo punto se noi non possiamo più far nulla… le cose andranno avanti da sole… a quanto pare al Refuge si è generata una interessante esperienza di convivenza tra la quindicina di persone che erano arrivate lì e che, non potendo più ripartire, data l’immobilità dovuta alle misure contro la pandemia, hanno passato in questi luoghi la loro quarantena. Credo che sia un’esperienza importante per il futuro, per fare in modo che i luoghi dell’ospitalità siano sempre più basati sull’autogestione tra migranti… certamente dipende anche da noi rispetto a come ci poniamo… se stiamo sempre lì a gestire tutto noi, loro sono meno autonomi e si infantilizzano… quando per qualche motivo, come in questo caso, noi non ci siamo, ecco che si arrangiano tra di loro. Abbiamo già cominciato a parlarne tra di noi e la vedo un’ottima esperienza che ci insegna, per il futuro, che se siamo meno presenti poi le cose vanno da sole… e forse è questo l’obiettivo che dovremmo porci, sia per loro che per noi… (Marie, 60 anni, solidale al confine nel Brianzionese, 26/03/2020)

I gruppi locali della solidarietà in frontiera denunciano, inoltre, le mancanze e le contraddizioni delle politiche migratorie sui territori durante la pandemia. Associazioni che, in quei territori alpini, intervengono per il sostegno ai transitanti in difficoltà, si ritrovano, con il Coronavirus, a modificare il proprio tipo di intervento; la coordinatrice di Médecins du Monde, per esempio, a partire dalla quasi assoluta mancanza di migranti che tentano di varcare la frontiera, oltreché per l’impossibilità di poterle realizzare da parte dei solidali in quarantena - ci racconta che, durante il periodo pandemico hanno la possibilità di lavorare utilmente con senza fissa dimora e migranti non transitanti, ma stanziali, in estrema difficoltà.

Con la fine progressiva del lockdown, prima in Italia e poi in Francia, la situazione sul confine comincia a modificarsi e si assiste di nuovo a tentativi di passaggio, così come ai respingimenti in frontiera.

Notizie giunte da solidali di Nizza evidenziano come, già dalla fine di aprile, alcune persone avrebbero varcato la frontiera e sarebbero arrivate in Francia dall’Italia. A Ventimiglia, intanto, a metà maggio il campo Roja resta blindato dopo il caso di Covid del mese scorso e le persone arrivate che vagano in città sarebbero da 10 a 30, secondo quanto affermano i solidali. Ricominciano, contestualmente, i respingimenti alla frontiera, una decina in questa seconda settimana di maggio. I solidali, intanto, cominciano a poter tornare progressivamente all’azione. Anche nel Brianzonese, come a Nizza, dagli ultimi giorni di aprile-inizio maggio, comincia a ripartire il passaggio di frontiera; sono ventidue le persone che nelle ultime due settimane sono arrivate al Refuge di Briançon, alcune delle quali provenivano dalla frontiera est dell’Italia. Contestualmente, una parte dei migranti bloccati dalla quarantena - quelli che hanno sperimentato la modalità di autogestione nei luoghi solidali - sono riusciti a rimettersi in viaggio per continuare il proprio percorso migratorio. I solidali stanno pian piano anche riprendendo le “maraudes” nei sentieri di montagna - insieme all’unità mobile di Médecins du Monde - visto il flusso del transito che ricomincia e data la possibilità di nuovo movimento sia in Francia che in Italia. (Note di campo, 16/5/2020)

I nostri interlocutori, dalla frontiera sud, ci raccontano che a inizio giugno 2020 le forze dell’ordine francesi, mentre effettuano un respingimento, scrivono sul “refus d’entrée” la parola “Covid-19”, dando una mascherina al migrante respinto. Tale pratica evoca un aumento della dimensione strutturale di “filtro selettivo” che quel confine opera già da molto prima dell’irrompere del Coronavirus, ma che l’emergenza sanitaria facilita ulteriormente. Nei primi giorni di giugno 2020 i respingimenti si aggirano attorno ai 40 al giorno; si tratta, dunque, di numeri simili a quelli del pre-lockdown, facendo dunque presagire per i prossimi tempi un rapido ritorno alla situazione che c’era alla frontiera prima dell’emergenza sanitaria, con le perturbazioni del caso dovute all’incedere imprevedibile della situazione pandemica nel prossimo futuro.

4. Conclusioni

Il presente contributo, nato da una “ricerca in quarantena”, ha restituito un’istantanea dei processi e delle pratiche che hanno preso forma alla frontiera franco-italiana ai tempi del primo lockdown, in un contesto in continua evoluzione, facendo emergere alcuni elementi chiave delle conseguenze del Covid sui territori di confine e sull’azione delle reti di sostegno ai migranti in transito. Parimenti, la ricerca si è confrontata con una necessaria analisi relativa a come fare etnografia delle migrazioni nella dimensione pandemica, quando è difficile, e in certi frangenti impossibile, la presenza sul campo. La riflessione metodologica si è aperta, in questo senso, ad approcci di ricerca digitali (Murthy, 2008MURTHY, Dhiraj. Digital Ethnography: An Examination of the Use of New Technologies for Social Research. Sociology, v. 42, n. 5, p. 837-855, 2008., 2011MURTHY, Dhiraj. Emergent Digital Ethnography Methods for Social Research. In: HESSE-BIBER, Sharlene Nagj (ed.). Handbook of Emergent Technologies in Social Research. New York: Oxford University Press, 2011, p. 158-179. ; Garcia et al., 2009GARCIA, Angela Cora; STANDLEE, Alecea I.; BECHKOFF, Jennifer; CUI, Yan. Ethnographic approaches to the Internet and computer-mediated communication. Journal of Contemporary Ethnography,n. 38, p. 52-84, 2009.), evocando la dimensione multimodale (Dicks, Soyinka, Coffey, 2006DELMAS, Adrien; GOEURY, David. Bordering the world as a response to emerging infectious disease. The case of SARS CoV-2. Borders in Globalization Review, v. 2, n. 1, p. 12-20, 2020.), come scenario possibile di futuro per una feconda articolazione tra etnografia in presenza e pratiche di ricerca a distanza.

L’emergenza sanitaria Covid-19, come abbiamo osservato, ha delle conseguenze cruciali sui processi migratori e su ciò che succede sui territori di confine in relazione al transito, facendo emergere le contraddizioni tra le dichiarazioni ufficiali e la realtà delle pratiche che sulla frontiera prendono forma. D’altro canto, l’analisi delle nuove forme di chiusura dei confini nazionali nel lockdown, seppure in una dimensione temporale circoscritta, evidenziano nuove complessità e controversie nella gestione del nuovo regime di frontiera (Queirolo Palmas, Rahola, 2020QUEIROLO PALMAS, Luca; RAHOLA, Federico. Underground Europe. Lungo le rotte migranti. Milano: Meltemi, 2020.), che a tratti sperimenta controlli generalizzati anche per la popolazione “bianca” europea, la quale si confronta, in maniera inedita, con “distanziamento sociale” e riduzioni/divieti della mobilità.

Un aspetto chiave è legato alle nuove relazioni che si instaurano nei territori di confine tra i migranti e le reti solidali, che nel frangente temporale analizzato sono limitate/bloccate rispetto alla propria azione di accoglienza e cura dal basso, oltreché di sostegno al transito. Se da un lato le relazioni tra autoctoni solidali e migranti si fanno più complesse e vengono ridotte, dall’altro i luoghi solidali di frontiera riescono a rimanere parzialmente attivi, mettendosi a disposizione dei migranti - in cui alcuni di quest’ultimi trascorrono la quarantena prima di potersi muovere con la progressiva fine del lockdown - e si costruiscono nuove relazioni in cui i solidali sono meno presenti e i transitanti scoprono nuovi spazi di autonomia, sperimentando esperienze di autogestione. Con i solidali “bianchi” limitati nella propria azione, i migranti si trovano ad autogestire la vita delle realtà di accoglienza dal basso, in cui abitualmente i solidali autoctoni svolgono un ruolo cruciale di gestione e di cui in occasioni soffrono il peso. L’imposta limitazione all’azione solidale, in certi casi, può generare virtuosi processi di presa di autonomia dei transitanti, che permette una riflessione critica nelle reti solidali e diventa un’opportunità per nuovi modelli nel prossimo futuro.

Se già Balibar (2009BALIBAR, Étienne. Europe as Borderland. Environment and Planning D Society and Space, v. 27, n. 2, p. 190-215, 2009.), con la sua intuizione di una decina di anni fa, aveva parlato dell’Europa come di un “borderland”, la pandemia sembra oggi accelerare ulteriormente i processi di “frontierizzazione del mondo” (Delmas, Goeury, 2020DELMAS, Adrien; GOEURY, David. Bordering the world as a response to emerging infectious disease. The case of SARS CoV-2. Borders in Globalization Review, v. 2, n. 1, p. 12-20, 2020.). I disastri, in effetti, come ci ricorda Pietro Saitta (2020SAITTA, Pietro. Gli effetti secondari di una pandemia. “Distanziamento sociale” e attivismo digitale. Etnografia e ricerca qualitativa, n. 2, p. 289-298, 2020. ), emergono come amplificatori di strutture e tendenze politiche, culturali e sociali precedenti. L’emergenza sanitaria sembra partecipare, in questo senso, al consolidamento del regime migratorio in termini di approccio securitario e di eccezione (Pastore, 2021PASTORE, Ferruccio. Migrazioni e pandemia: interazioni empiriche e spunti teorici. Mondi Migranti, n. 1, 2021, in print.), in modo ulteriormente più selettivo che nel modello preesistente.

La popolazione migrante razzializzata - i cosiddetti “soggetti indesiderabili” (Agier, 2008AGIER, Michel. Gérer les indésirables. Des camps de réfugiés au gouvernement humanitaire. Paris: Flammarion, 2008. ) - sperimenta nel lockdown situazioni inedite, come il blocco temporaneo dei “movimenti secondari”, dovuto a rinforzati controlli sistemici che dalla frontiera prendono forma su tutto il territorio nazionale. Abbiamo potuto osservare che, se i “movimenti primari” verso l’Europa hanno tendenzialmente mantenuto la dimensione abituale - dimostrando che la pandemia non impedisce i flussi migratori - dall’altro lato i controlli sistematici all’interno dei Paesi europei hanno avuto importanti conseguenze sui “movimenti secondari” e su un temporale drastico abbassamento dei passaggi/respingimenti su un confine interno centrale come quello tra l’Italia e la Francia; detto in altri termini, prende forma una riarticolazione tra movimenti primari e secondari in Europa. Il Covid-19, dunque, rende ulteriormente complessa una “turbolenza migratoria” (Papastergiadis, 2000PAPASTERGIADIS, Nikos. The turbulence of migration: globalization, deterritorialization and hybridity. New Jersey: Wiley, 2000.; Schapendonk, 2012SCHAPENDONK, Joris. Turbulent trajectories: African migrants on their way to the European Union. Societies, n. 2, p. 27-41, 2012. ) che, già esistente, assume ai tempi della pandemia nuove forme e una potenziata centralità.

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    Il presente articolo è un prodotto del progetto PRIN 2017 “De-bordering activities and citizenship from below of asylum seekers in Italy. Policies, practices, people (ASIT)” (Unità di ricerca dell’Università degli Studi di Genova). Il testo è frutto di una ricerca e di un’elaborazione comune dei due autori; ciononostante, a fini puramente accademici, i paragrafi 1 e 2 possono essere attribuiti a Davide Filippi, mentre i paragrafi 3 e 4 possono essere attribuiti a Luca Giliberti.
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    Nel presente testo la parola lockdown viene riferita alle misure di confinamento generalizzato e di divieto della mobilità - con pochissime eccezioni - in atto a livello nazionale, tanto in Italia come in Francia, durante la prima ondata pandemica.
  • 3
    Tali realtà solidali, con l’eccezione di Médecins du Monde, organizzazione non governativa, e Roya Citoyenne e Tous Migrants che sono associazioni formalizzate, rispondono a gruppi informali di attivisti e volontari, più o meno politicizzati. Salvo Médicins du Monde, che ha una distinta organizzazione, si tratta di realtà piuttosto omogenee tra di loro.
  • 4
    A confermare le dichiarazioni da noi raccolte, il giornale locale Nice Matin dedica un articolo alla presente questione: https://www.nicematin.com/vie-locale/litalie-interdit-lacces-aux-francais-du-cote-de-la-roya-une-decision-arbitraire-pour-les-maires-497760. L’articolo racconta l’esperienza di una esercente di generi alimentari di Tenda che è costretta, in un momento già complicato come quello del lockdown, a percorrere molti più chilometri del previsto - senza la possibilità di poter utilizzare l’autostrada - per poter rifornire il commercio locale, che in questo frangente diviene di cruciale importanza per la vita degli abitanti, obbligati a realizzare le proprie spese nel paese.
  • 5
    Si veda: https://frontex.europa.eu/we-know/migratory-map/.
  • 6
    L’ambiguo concetto istituzionale “movimenti secondari” indica gli spostamenti di coloro i quali, entrati in Europa da un primo paese come per esempio l’Italia, la Grecia o la Spagna - attraverso un movimento che può dunque essere definito “primario” - si spostano verso altri Stati europei. Il concetto è strettamente legato all’idea del “primo paese di arrivo”, a cui il Regolamento di Dublino impone al migrante di restare dopo essere stato identificato.
  • 7
    Kesha Niya Kitchen - che significa No problem in curdo - è un gruppo di attivisti denominati in valle i Vichinghi, perché molti di loro sono tedeschi, e in maggioranza alti e biondi. I vichinghi - che, insieme ad altre attività di supporto ai migranti, sono specializzati nella preparazione e distribuzione del cibo in luoghi di frontiera - hanno lavorato nel campo di Grande-Synthe, nei pressi di Calais, prima di collaborare con Roya Citoyenne alla frontiera franco-italiana. Il collettivo internazionale - sostenuto da altri gruppi di attivisti italiani su Ventimiglia come il Progetto 20K - è anche iniziatore di un’attività definita “petit-déjeuner” (la “colazione”) in un luogo che si trova all’uscita dei locali della PAF (“Police aux Frontières”) dove i migranti che sono stati fermati in Francia in prossimità del confine vengono detenuti e rilasciati. Tale attività - che gli attivisti, in modalità di rotazione, portano avanti per l’intero arco della giornata - oltre a rappresentare un fondamentale sostegno materiale e psicologico ai migranti respinti, implica contestualmente un’attività di monitoraggio certosino dei respingimenti e delle pratiche delle Forze dell’Ordine.
  • 8
    Si veda: https://parolesulconfine.com/lordinaria-violenza-della-frontiera-di-ventimiglia/
  • 9
    Si veda: https://france3-regions.francetvinfo.fr/provence-alpes-cote-d-azur/alpes-maritimes/coronavirus-debut-du-confinement-nombre-migrants-refoules-frontiere-franco-italienne-chute-1816774.html?fbclid=IwAR1uv_bkIDWe_AGhPofOnKMcjZNU3jKrDzOdLinWiLr14CnGUl3h_JYoM78
  • 10
    Si veda: https://rep.repubblica.it/pwa/locali/2020/03/25/news/ventimiglia_il_coronavirus_ferma_anche_i_migranti-252292304/?ref=drac-1
  • 11
    Si veda: https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/03/21/coronavirus-la-francia-continua-a-respingere-i-migranti-a-ventimiglia-ma-con-lemergenza-vengono-abbandonati-senza-precauzioni/5744702/
  • 12
    Si veda: https://www.riviera24.it/2020/03/coronavirus-sindaco-scullino-a-ventimiglia-i-migranti-devono-stare-al-campo-roja-e-non-in-giro-per-la-citta-619982/
  • 13
    Come esempio, in relazione alle rivendicazioni associative contro il respingimento dei migranti alla frontiera, si veda: https://www.amnesty.fr/presse/une-femme-et-son-enfant-renvoyes-hier-en-italie--les; in relazione alla detenzione amministrativa, si veda: http://www.anafe.org/spip.php?article559&fbclid=IwAR3dYssR80XKUintql4IWyISX0HwonrOQdvji5JbNJ0htfWvLk354GNUDHI
  • 14
    Il Campo Roja è una struttura d’accoglienza istituzionale gestita dalla Croce Rossa, definita informalmente come “campo di transito” (Menghi, 2018MENGHI, Marta. Intorno alla frontiera: politiche di contenimento e pratiche di mobilità sul confine di Ventimiglia. Mondi Migranti , n. 2, p. 39-60, 2018.). Aperto nell’estate 2016 e pensato inizialmente come temporaneo, il Campo Roja è stato operativo fino all’irrompere della pandemia; chiuso temporaneamente durante il Covid, viene smantellato e chiuso definitivamente a fine luglio 2020.
  • 15
    La cosiddetta “Assemblea Operativi” è l’insieme delle reti solidali e di membri salariati di ONG attive sulla frontiera franco-italiana.

Publication Dates

  • Publication in this collection
    10 May 2021
  • Date of issue
    Jan-Apr 2021

History

  • Received
    31 Dec 2020
  • Accepted
    08 Feb 2021
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