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L’EDILIZIA SCOLASTICA IN ITALIA AI TEMPI DEL FASCISMO

LA ARQUITECTURA ESCOLAR EN ITALIA AL TIEMPO DEL FASCISMO

SCHOOL BUILDINGS IN ITALY AT THE TIME OF FASCISM

LA CONSTRUCTION SCOLAIRE EN ITALIE PENDANT LE FASCISME

RIASSUNTO

Il contributo vuole illustrare i risultati della ricerca, tutt’ora in corso, sull’edilizia scolastica in Italia durante il fascismo emersi dall’analisi delle fonti archivistiche e a stampa recuperate presso diversi archivi e biblioteche nazionali e regionali. Dopo una rapida analisi dello stato dei lavori della storiografia storico-educativa italiana sul tema, il contributo mirerà a delineare la fisionomia degli spazi scolastici voluti dal regime che era funzionale all’attuazione di una politica educativa finalizzata alla creazione di un’Italia fascista. Il tema, sviluppato lungo una direttrice nazionale, cercherà di evidenziare i momenti di maggiore tensione della campagna edilizia promossa dal regime fascista che raggiunse i risultati più alti durante il dicastero di Giuseppe Bottai.

Parole chiave:
edilizia scolastica; XX secolo; storia della scuola; Italia; Fascismo

RESUMEN

La contribución quiere presentar los resultados de la investigación, todavía en curso, sobre la arquitectura escolar en Italia durante el fascismo a través de la documentación conservada en varios archivos y bibliotecas nacionales y regionales. Después de análisis de la historiografía educativa italiana sobre el tema, el trabajo tendrá como objetivo lo delinear la fisionomía de los espacios escolares, utilizados por el régimen para implementar una política educativa dirigida a creación de una Italia fascista. El tema, desarrollado a lo largo de una directriz nacional, intentará subrayar los momentos de mayor intensidad de la campaña constructora promovida por el régimen fascista, que logró sus resultados más durante el ministerio de Giuseppe Bottai.

Palabras clave:
arquitectura escolar; siglo XX; historia de la escuela; Italia; Fascismo

ABSTRACT

The present contribution aims to depict the results of the research, still in progress, on the school buildings in Italy during Fascism, revealed from the analysis of the archival and printed sources recovered from several national and local archives and libraries. After the analysis of the state of research of the Italian historical and educational historiography about this issue, the present work intends to outline the features of the school spaces laid down by the regime, that was functional to the fulfilment of the educational policy aimed at the creation of a Fascist Italy. The topic has been developed through a national guideline and attempts to highlight the most critical moments in the buildings campaign fostered by the Fascist regime, which reached its highest results during Giuseppe Bottai’s ministry.

Keywords:
school buildings; 20th century; history of the school; Italy; Fascism

RÉSUMÉ

La contribution veut illustrer les résultats de la recherche, qui est toujours en cours, sur la construction scolaire en Italie pendant le Fascisme. Ces résultats sont ressortis de l'analyse des sources archivistiques et de presse récupérées dans les différentes archives et les bibliothèques nationales et régionales. Après l'analyse rapide de l'état des travaux de l'historiographie historico-éducative italienne en la matière, le but du travail sera d'exposer la physionomie des espaces scolaires du régime dont l'objet était la politique éducative qui devait créer une Italie fasciste. Le thème se développe selon le volet national. Il essaiera de faire ressortir les moments les plus tendus de la promotion du bâtiment du régime fasciste qui atteignit les meilleurs résultats pendant le ministère de Giuseppe Bottai.

Mots-clés:
construction scolaire; XXe siècle; histoire de l'école; Italie; Fascisme

RESUMO

O artigo pretende ilustrar os resultados de uma pesquisa, ainda em curso, sobre a arquitetura escolar na Itália durante o fascismo, pela análise de fontes arquivísticas e impressas, resgatadas em vários arquivos e bibliotecas nacionais e regionais. Após uma rápida análise do estado do trabalho da historiografia histórico educativa italiana sobre o assunto, o trabalho terá como objetivo delinear a fisionomia dos espaços escolares desejados pelo regime, que foi funcional para a implementação de uma política educacional voltada para a criação de uma Itália fascista. O tema, desenvolvido ao longo de uma diretriz nacional, tentará destacar os momentos de maior tensão da campanha de construção promovida pelo regime fascista que alcançou os maiores resultados durante a experiência ministerial de Giuseppe Bottai.

Palavras-chave:
prédio escolar; século XX; história da escola; Itália; Fascismo

“PROBLEMI DI SPAZIO”: ALCUNE CONSIDERAZIONI DI CARATTERE STORIOGRAFICO E METODOLOGICO SUL TEMA DELL’EDILIZIA SCOLASTICA

Agli inizi degli anni Novanta Viñao Frago (1993-1994, p. 11) utilizzava gli aggettivi “desatendida o descuidada” per definire la questione dello spazio scolastico all’interno del panorama storiografico di settore storico-educativo del tempo sia spagnolo che internazionale. L’attenzione crescente rivolta negli ultimi anni dalla storiografia di settore verso le fonti materiali ha contribuito a incrementare gli studi intorno alle categorie del tempo e dello spazio della scuola, ma senza far registrare ancora miglioramenti significativi sul tema specifico dell’edilizia (VIOLA, 2018aVIOLA, Valeria. Gli spazi della memoria scolastica. Prime riflessioni sugli edifici scolastici come luoghi di apprendimento e monumenti attraverso un excursus storico dall’Unità d’Italia alla caduta del fascismo. In: GONZÁLEZ, Sara; MEDA, Juri; MOTILLA, Xavier; POMANTE, Luigiaurelio (org.). La práctica educativa. Historia, memoria y patrimonio. Salamanca: FahrenHouse, 2018a. p. 251-264.). La scuola, intesa come spazio architettonicamente strutturato lamenta, infatti, ancora un numero limitato di visitatori di ambito storico-educativo. Chi si approccia alla questione ha l’impressione che l’edificio “scuola” sia stato spesso inteso come contenitore del patrimonio storico-educativo (ESCOLANO BENITO, 2007ESCOLANO BENITO, Agustín. La cultura material de la escuela. Berlanga de Duero: Ceince, 2007.; MEDA, 2013MEDA, Juri. La conservazione del patrimonio storico educativo: il caso italiano. In: MEDA, Juri; BADANELLI, Ana (org). La historia de la cultura escolar en Italia y en España: balance y perspectivas. Actas del Workshop Italo-Español de historia de la cultura escolar (Berlanga de Duero, 14-16 de noviembre de 2011). Macerata: EUM, 2013. p. 167-198., 2016; YANES CABRERA; MEDA; VIÑAO FRAGO, 2017YANES CABRERA, Cristina; MEDA, Juri; VIÑAO FRAGO, Antonio (ed.). School memories. New trends in the history of education. Gewerbestrasse: Springer, 2017.), il contesto fisico in cui sono inserite le aule, gli spazi della didattica per eccellenza. A lungo la considerazione dell’aula come il punto di osservazione privilegiato della “cultura scolastica” indicata da Domenique Julia (JULIA, 1996JULIA, Dominique. Riflessioni sulla recente storiografia dell'educazione in Europa. Annali di storia dell'educazione e delle istituzioni scolastiche, n. 3, p. 119-147, 1996.) ha inciso nel mettere in ombra quelli che Meda ha classificato come “beni architettonici” che costituiscono una parte significativa del patrimonio dei “beni culturali della scuola” (FERRARI; PANIZZA; MORANDI, 2008FERRARI, Monica; PANIZZA, Giorgio; MORANDI, Matteo (org.). I beni culturali della scuola: conservazione e valorizzazione. Annali di storiadell’educazione e delle istituzioni scolastiche, n. 15, p. 15-192, 2008.). Il potenziale euristico delle fonti materiali tra cui quelle architettoniche, ha rappresentato uno dei nodi della riflessione tenuta nell’incontro di studio internazionale dal titolo “Prospettive incrociate sul patrimonio storico educativo” organizzato dal gruppo di ricerca del Centro di documentazione e ricerca sulla Storia delle Istituzioni Scolastiche, del libro scolastico e della letteratura per l’infanzia (Ce.S.I.S.) dell’Università degli Studi del Molise che si è svolto a Campobasso nel maggio scorso, i cui atti sono in corso di stampa. L’evento ha rappresentato l’occasione per inquadrare meglio il tema dell’architettura scolastica in rapporto al patrimonio storico-educativo, individuando meglio le criticità e gli orientamenti della ricerca e misurando i progressi compiuti in termini di produzione scientifica all’interno di un contesto storiografico più ampio non limitato ai confini europei. Tra gli studiosi intervenuti, esponenti di diversi atenei italiani, spagnoli e brasiliani, sono state in particolare l’italiana Valeria Viola e la brasiliana Tatiane de Freitas Ermel a richiamare l’attenzione sul tema dell’edilizia scolastica. Mentre quest’ultima ha fornito un focus sull’architettura delle scuole primarie nel Rio Grande del Sul/Brasil tra il 1907 e il 1928, la prima ha fatto il punto della situazione sullo stato della storiografia di settore in Italia, caratterizzata dalla carenza di studi dedicati, prospettando la potenzialità di nuove fonti per avviare uno studio organico sul tema.

Gli studiosi di settore italiani per lungo tempo si sono interessati principalmente delle pratiche didattiche svolte all’interno dell’aula, tralasciando il resto dell’edificio che invece rappresenta un aspetto cruciale della cultura materiale scolastica come ha sottolineato Mirella D’Ascenzo in occasione della VII Jornadas Científicas dela Sociedad Española para el Estudio del Patrimonio Histórico-Educativo (Sephe) e del V Simposium da Rede Iberoamericana para a Investigação e a Difusão do Patrimônio Histórico-Educativo (Ridphe), dedicata allo spazio scolastico:

For some time, international school historiography has been investigating the material culture of schools, the teaching tools and furnishings constituting the setting of the actions of teachers and students in the class. The purpose is to reconstruct the genealogy of objects, their description and use in school spaces, to understand the methods of the ‘black box’ of schools over time and reconstruct the scholastic and empirical culture of schools. In this regard, the question of space is crucial, understood as both school architecture and classrooms, investigated in France, the UK and Spain (D’ASCENZO, 2016D’ASCENZO, Mirella. Tales and experiences of school spaces: a choir of voices, between unification and fascism in Bologna (Italy). In: BALSERA, Paulí Dávila; NAYA GARMENDIA, Luis María (ed.). Espacios y patrimonio histórico-educativo. Donostia: Erein, 2016. p. 245-258., p. 245).

Dalla VII Jornadas Científicas della Sephe si registra in generale una maggiore attenzione verso il tema, grazie anche all’aumento delle società di studio del patrimonio storico educativo. Anche in Italia di recente si sta rilevando un maggiore interesse verso la storia dell’edilizia delle scuole, soprattutto da parte degli studiosi afferenti ai centri di ricerca universitari1 1 Sul tema del patrimonio storico educativo in Italia si rimanda ai lavori di Yanes Cabrera; Meda; Viñao Frago (2017); Meda (2016, 2013); Barausse (2010); D’Alessio (2014). che gravitano attorno alla Società Italiana per lo studio del Patrimonio Storico educativo (Sipse), costituita nel settembre 2017, che mira ad essere il corrispettivo italiano di Società similari, quali la Sociedad Española para el Estudio del Patrimonio Histórico-Educativo (Sephe), l’Association suisse des musées et collections historiques sur l’école, l’enfance et la jeunesse, la Red Iberoamericana para la Investigación y Difusión del Patrimonio Histórico-Educativo (Ridphe), la Rede de Investigadores em História e Museologia da Infância e Educação (Rihmie) portoghese e la più recente Réseau des Musées de l’Ecole et du Patrimoine Educatif francese.

Da un punto di vista storiografico il dato è significativo specialmente se si pensa che in passato gli studiosi italiani hanno incrociato la questione dell’architettura scolastica svolgendo indagini rivolte ad altri aspetti della storia della scuola come, per esempio, alle inchieste scolastiche promosse dal Ministero della Pubblica Istruzione (MPI), come nel caso dei lavori di Giacomo Cives e Tina Tomasi (CIVES, 1960CIVES, Giuseppe. Cento anni di vita scolastica in Italia. Ispezioni e inchieste da Gino Capponi a Giuseppe Lombardo Radice. Roma: Armando, 1960.; TOMASI, 1982TOMASI, Tina. Da Matteucci a Corradini: le inchieste sulla scuola popolare nell’Italia liberale. In: CIRSE - Centro italiano per la ricerca storicoeducativa. Problemi e momenti della storia della scuola e dell’educazione. Atti del Primo Convegno nazionale del Centro italiano per la ricerca storicoeducativa (Parma, 23-24 ottobre 1981). Pisa: ETS, 1982. p. 117-143.). L’intenzione e l’auspicio, dunque, sono quelli di colmare nei prossimi anni la mancanza a livello nazionale di studi dedicati al tema che completino il quadro tracciato dai pochi prodotti di recente (FOSSATI, 2014FOSSATI, Piero. L’edilizia per le scuole del popolo nell’Ottocento genovese. History of Education & Children’s Literature, n. IX / 2, p. 445-466, 2014.; MORANDI, 2014MORANDI, Matteo. Gli spazi della scuola secondaria in Italia: tracce per una storia. Rivista di Storia dell’educazione, n. 1, p. 55-62, 2014.; D’ASCENZO, 2016D’ASCENZO, Mirella. Tales and experiences of school spaces: a choir of voices, between unification and fascism in Bologna (Italy). In: BALSERA, Paulí Dávila; NAYA GARMENDIA, Luis María (ed.). Espacios y patrimonio histórico-educativo. Donostia: Erein, 2016. p. 245-258.; CANTATORE, 2016CANTATORE, Lorenzo. School buildings in Rome: the capital of Italy (1878-1912). In: BALSERA, Paulí Dávila; NAYA GARMENDIA, Luis María (org.). Espacios y patrimonio histórico-educativo. Donostia: Erein, 2016. p. 305-318.; MICELI; VIOLA, 2016VIOLA, Valeria. “The school house”. History and evolution of the urban and rural school building in Italy during the fascism. In: BALSERA, Paulí Dávila; NAYA GARMENDIA, Luis María (org.). Espacios y patrimonio histórico-educativo. Donostia: Erein, 2016. p. 377-389.; VIOLA, 2016, 2017, 2018), sviluppati per ora all’interno di articoli di rivista o di atti di convegno, e che hanno contribuito a definire meglio le coordinate culturali e legislative fondamentali per delineare una prima planimetria di questa categoria della storiografia attenta ad indagare il patrimonio storico-educativo.

I dati emersi dagli studi condotti finora lasciano intravedere una planimetria articolata, caratterizzata da numerose modifiche apportate nel tempo, rispondenti all’esigenza di specializzare sempre di più gli spazi educativi che via via furono chiamati ad essere funzionali alla caratteristiche geografiche e demografiche del luogo di appartenenza, e a quelle finanziarie dettate dalla guerra e dalle calamità naturali, e ad essere rispondenti alla missione pedagogica e politica che, in particolare, durante il regime fascista assunse i toni della propaganda.

Il contributo che si presenta in questa sede mira ad illustrare i risultati di una ricerca, tutt’ora in corso, condotta con un approccio di studio di tipo multidisciplinare, sensibile alle sollecitazioni provenienti da altri ambiti di ricerca, soprattutto da quelli affini alle scienze delle costruzioni e alla storia dell’architettura (FINOCCHI, 1978FINOCCHI, Luisa. L’edilizia scolastica a Milano dal 1860 al 1885. Storia urbana, VI, n. 6, p. 85-30, 1978.; FILIPPI, 2002FILIPPI, Ermanno. Fonti per la storia dell’edilizia scolastica nell’archivio storico della cittá di Bolzano. Turris Babel: notiziario dell’Ordine degli Architetti di Bolzano, n. 56, p. 36-43, 2002.; MAGLIO, 2011MAGLIO, Andrea. La legge Coppino, l’obbligo scolastico e la costruzione delle scuole. In: MANGONE, Fabio; TAMPIERI Maria Grazia (org.). Architettare l’Unità: architettura e istituzioni nelle città della nuova Italia (1861-1911). Catalogo della mostra tenutasi presso la Casa dell’architettura di Roma (27 aprile-30 maggio). Napoli: Paparo, 2011. p. 267-280.; PENNISI, 2011PENNISI, Silvia. Le scuole a Palermo: tipologie e tecnologie delle realizzazioni dal 1860 al 1940. Roma: Aracne, 2011.). I riferimenti iniziali dello studio, in particolare, sono rappresentati dai lavori prodotti tra gli anni Sessanta e Ottanta del Novecento da studiosi del settore delle costruzioni e architettonico come Fernando Isabella, Marcello Daprà, Mauro Mugnai, Alfonso Acocella che hanno fornito i dati principali per inquadrare il contesto culturale e politico da cui scaturirono i principali provvedimenti legislativi emanati in materia (ISABELLA, 1965ISABELLA, Fernando. L’edilizia scolastica in Italia. Precedenti e prospettive. Firenze: La Nuova Italia, 1965.; MUGNAI, 1974; DAPRÀ, 1986DAPRÀ, Marcello. La fondazione dell’edilizia scolastica in Italia. Contributo per un’analisi storica (parte prima). Edilizia scolastica e culturale, n. 2-3, p. 108-133, 1986.; ACOCELLA, 1986ACOCELLA, Alfonso. La tipologia “unilineare”: modello dell’edilizia scolastica italiana a cavallo del 1900. Edilizia scolastica e culturale, v. 1, p. 97-107, 1986.). La considerazione, poi, che tra Otto e Novecento le indicazioni sanitarie per la costruzione e l’adattamento dei locali ad uso scolastico venivano fornite dai medici, ha rinviato alla lettura dei trattati di igiene destinati alle scuole. Furono gli igienisti, infatti, insieme agli ingegneri, agli architetti e agli educatori a definire gli standard costruttivi, sanitari e pedagogici delle scuole e dei locali utilizzati ad uso scolastico, la cui verifica tra Otto e Novecento era demandata agli ispettori scolastici nel corso delle visite ispettive2 2 Per un approfondimento della figura degli ispettori scolastici in Italia si vedano i lavori di Barausse; D’Alessio (2015) e D’Alessio (2017). . Le relazioni di queste ultime, recuperate per la maggior parte presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma, rappresentano fonti assai utili per determinare le effettive condizioni della grande e piccola edilizia scolastica, ovvero gli edifici delle scuole di città e di campagna, e per misurare la distanza tra le condizioni reali da quelle richieste dal Ministero di riferimento. In tal senso è risultata determinante anche la lettura dei progetti edilizi, delle pratiche di apertura delle scuole nei contesti urbani e rurali contenuti all’interno del carteggio rintracciato presso l’archivio di Stato di Campobasso e da quello di alcuni archivi storici comunali della regione Molise e dell’Archivio dell’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia (Animi) di Roma, uno degli enti delegati contro l’analfabetismo che tra gli anni Venti e Trenta del Novecento ebbero dal regime fascista l’incarico della gestione delle scuole rurali3 3 Per un approfondimento sul tema delle scuole rurali in Italia tra Otto e Novecento si faccia riferimento ai lavori di Montecchi (2012, 2015) e a quello di Barausse e D’Alessio (2018). . L’indagine non ha tralasciato di prendere in considerazione la documentazione a stampa come le monografie, le riviste specializzate curate dal MPI, i regolamenti edilizi recuperati presso molte biblioteche nazionali, tra cui si segnalano la Biblioteca del MPI, quella dell’Animi4 4 Per la comprensione del ruolo dell’Animi per le scuole rurali durante il fascismo si veda D’Alessio (2013, 2018). Per delineare lo stato delle scuole che erano gestite dall’ente si rinvia a Lombardo-Radice (1929). di Roma, la Biblioteca provinciale “P. Albino” di Campobasso. All’interno di questa gamma di fonti costituiscono un punto di osservazione fecondo, soprattutto per svolgere analisi di tipo comparativo, le relazioni delle Esposizioni Universali che si svolsero a partire dalla seconda metà dell’Ottocento e che rappresentarono una irrinunciabile occasione di confronto tra le nazioni per migliorare la produzione dei vari settori dell’industria, ma anche, nello specifico, il processo di modernizzazione delle istituzioni scolastiche, della pratiche didattiche e non in ultimo le tecniche costruttive e le tipologie formali degli edifici scolastici. Furono proprio le esposizioni a incentivare l’interesse in territorio nazionale verso lo studio dei locali scolastici, come conferma la frequenza del tema all’interno degli indici delle relazioni dei Congressi pedagogici dello stesso periodo, delle riviste magistrali dell’epoca e negli inventari dei musei pedagogici, ognuno dei quali funzionavano come sollecitatori di progresso per la scuola.

Tale apparato documentario ha consentito di ricomporre per vie generali innanzitutto un’impalcatura normativa e culturale dalla quale è stato possibile cominciare a delineare una prima fisionomia della Casa della Scuola fascista. La lettura del carteggio analizzato riferisce una grande attenzione soprattutto da parte della politica educativa fascista verso questo ramo dell’architettura pubblica, sia di tipo urbano che rurale, che raggiunse i risultati più alti sotto il dicastero di Giuseppe Bottai. La ragione di tale impegno politico nei confronti dell’edilizia delle scuole è riconducibile al fatto che il regime percepiva come strategica la diffusione capillare, sia in città che in campagna, di scuole che nella forma rappresentassero i valori fondanti dell’ideologia di partito e che fossero degne di veicolare l’educazione funzionale alla formazione dell’uomo fascista (VIOLA, 2016VIOLA, Valeria. “The school house”. History and evolution of the urban and rural school building in Italy during the fascism. In: BALSERA, Paulí Dávila; NAYA GARMENDIA, Luis María (org.). Espacios y patrimonio histórico-educativo. Donostia: Erein, 2016. p. 377-389., 2017).

La missione di propaganda affidata dal regime alle scuole accelerò il processo di affermazione culturale di questo settore dell’edilizia pubblica, riscattandola in parte dalla condizione di inferiorità di cui soffriva rispetto agli altri, riconoscendole con maggiore convinzione rispetto al passato una sua specificità, attraverso soprattutto la diffusione di schemi progettuali uniformi sia dal punto di vista costruttivo che stilistico, e funzionali alla destinazione d’uso assegnatagli.

Vedremo nel corso della trattazione, come l’impresa, in particolare nei primi anni del Ventennio, si mostrò ambiziosa soprattutto in ragione della penuria finanziaria delle casse statali dettata dalle emergenze generate dalle calamità naturali e dai conflitti bellici che portarono gli italiani a disporre di meno scuole che in passato (BARAUSSE, 2008BARAUSSE, Alberto. Le istituzioni scolastiche dall’Unità al fascismo (1861-1933). In: LALLI, Renato; LOMBARDI, Norberto; PALMIERI, Giorgio (org.). Campobasso, capoluogo del Molise. Campobasso: Palladino, 2008, v. II, p. 67-106.). Attraverso il contributo si cercherà di individuare i momenti di maggiore tensione di questa stagione edilizia, nel corso della quale il regime diede a molti, anche se non a tutti gli italiani, una scuola, attraverso cui portare a compimento la sua missione pedagogica.

L’analisi per ora sarà sviluppata lungo una direttrice nazionale, rinviando ad un’altra occasione l’approfondimento mediante un caso di studio rappresentativo di una specifica realtà locale che consentirà meglio la comprensione da una parte, di come gli orientamenti nazionali in materia di costruzione delle sedi scolastiche siano stati recepiti e attuati per esempio in un’area depressa, rappresentativa del Mezzogiorno d’Italia, come il Molise5 5 Per avere un quadro della scuola in Molise durante il fascismo si faccia riferimento a Barausse (2008a, 2008b, 2010). : questo costituisce tra l’altro, in ragione della connotazione spiccatamente agricola del suo territorio, un ottimo focus per osservare e monitorare lo sviluppo dell’edilizia scolastica rurale.

“UN CANTIERE LENTO”: LE PREMESSE E GLI SVILUPPI DELLA CASA DELLA SCUOLA FASCISTA (1909-1939)

All’indomani della salita al potere, davanti agli occhi del governo fascista si dispiegò uno scenario poco rassicurante. Il paesaggio educativo nazionale con la guerra era ripiombato in uno stato di grave emergenza. Gli italiani disponevano di meno scuole che in passato; i cantieri che si erano fermati faticavano a ripartire a causa anche del mutato valore della moneta. I progressi compiuti in favore dell’edilizia delle scuole con l’emanazione prima della Legge 15 luglio 1906 n. 383 (Provvedimenti speciali a favore dell’Italia meridionale e insulare)6 6 La legge 15 luglio 1906 fu seguita dal Regolamento approvato con R. D. 2 dicembre 1906 n. 703. Il provvedimento contribuì a far crescere il livello di attenzione intorno al tema. All’interno dell’inchiesta sui diversi servizi dell’istruzione elementare e popolare condotta di lì a poco dal Ministero della Pubblica Istruzione, infatti, trovò largo spazio il tema dell’edilizia. I risultati dell’inchiesta contribuirono a innescare un fermento costruttivo a favore dell’edilizia pubblica destinata alle scuole che si accompagnò alla produzione di una serie di studi puntuali sul tema che si tradussero in una normativa illuminata per quei tempi. Dagli studi di tipo tecnico, igienico e didattico condotti, il Ministero fissò i criteri per la costruzione degli edifici, cominciando dalla scelta delle aree, del tipo di fondazione, della qualità dell’illuminazione, della distribuzione delle superfici, dell’esposizione, del colore delle pareti, della dotazione dei locali, etc. La legge del 1911 fu disciplinata dal Regolamento del 12 gennaio 1912 che dettò tutte quelle norme igienico-costruttive che gli studi avevano consigliato (VIOLA, 2016). , - che aveva incentivato la costruzione di sedi scolastiche soprattutto nelle aree depresse del Mezzogiorno (VIOLA, 2016VIOLA, Valeria. “The school house”. History and evolution of the urban and rural school building in Italy during the fascism. In: BALSERA, Paulí Dávila; NAYA GARMENDIA, Luis María (org.). Espacios y patrimonio histórico-educativo. Donostia: Erein, 2016. p. 377-389., p. 378) - e poi con quella 4 giugno 1911, - che previde nuovi benefici in favore dei comuni, province ed enti morali per la costruzione di edifici e per giardini d’infanzia, scuole elementari e medie -, sembravano essere stati quasi vanificati. Per affrontare al meglio tale emergenza nel 1922 il regime svolse una nuova inchiesta, dalla quale emerse che su 82.855 scuole esistenti, le aule adatte ammontavano a 45.655; 32.314 risultavano disadatte; mancanti, 4.886 (FULVIO, 1931FULVIO, Raffaello. Evoluzione e sviluppo dell’edilizia scolastica. Annali della Istruzione elementare, n. 1-2, p. 80-92, 1931., p. 84). Nel 1926, Alberto Latronico, autore di un articolo sull’edilizia scolastica sulla rivista Touring Club, traduceva così tali dati statistici:

[…] gran parte dell’Italia, nel Sud, nel Nord, nel centro è affratellata dall’identico bisogno di scuole che possano con dignità portare questo nome […] Così ci spiegheremo perché solo il 30% dei calabresi, il 35% dei basilicatesi, il 39% dei pugliesi e dei molisani conoscano il valore dell’alfabeto (LATRONICO, 1926LATRONICO, Alberto. L’edilizia scolastica rurale. Rivista mensile del Touring Club Italiano - Le vie d’Italia, p. 1088-1099, 1926., p. 1094).

Le cause di un simile stato di cose non erano riconducibili però soltanto alla guerra e alle calamità naturali, ma anche all’atavico deficit culturale tutto italiano che rallentava l’affermazione di una specificità all’architettura scolastica, incoraggiando la logica e la pratica dell’adattamento ad uso scolastico di locali già esistenti. Alberto Latronico, affermava: “Ora una delle ragioni delle penose condizioni dell’edilizia scolastica è per certo da ricercarsi nel poco interesse che il nostro popolo ha dedicato alla scuola” (LATRONICO, 1926LATRONICO, Alberto. L’edilizia scolastica rurale. Rivista mensile del Touring Club Italiano - Le vie d’Italia, p. 1088-1099, 1926., p. 1095).

Luigi Secchi, era dello stesso parere. Nella sua monografia del 1927SECCHI, Luigi. Edifici scolastici italiani primari e secondari. Norme tecnico-igieniche per lo studio dei progetti. Milano: Hoepli, 1927. dedicata all’edilizia scolastica, sottolineava come tale carenza culturale aveva penalizzato maggiormente i piccoli centri:

Ma la vera concezione dell’essenza e del valore dell’edificio scolastico fu per lungo tempo ignorata per un complesso di cause fra le quali, non ultima, la incomprensione e la grettezza di certe amministrazioni, che consideravano il problema dell’edilizia scolastica alla stregua di una voce qualsiasi “dell’ordinaria amministrazione” […] In aiuto agli sforzi continui, ai disinganni talvolta sofferti vennero i progressi dell’igiene e della pedagogia. Le nuove concezioni, dando vita agli svariati gruppi di fautori e di negatori, servirono ad accrescere l’interesse intorno alla scuola. Ma benché tale impulso fosse forte e possente si limitò fino a pochi anni fa alle grandi città e le nuove applicazioni igieniche e le caratteristiche architettoniche date all’edificio scolastico, venivano conosciute da una ristretta cerchia di tecnici specialisti ed ignorate per la maggior parte delle nazione, cosicchè mentre la grande città aveva una sua caratteristica edilizia scolastica, il medio ed il piccolo centro continuava non solo a possedere, ma anche a costruire senza nessun senso di estetica e senza applicare le nuove concezioni igieniche e pedagogiche già in funzione nelle grandi città (SECCHI, 1927SECCHI, Luigi. Edifici scolastici italiani primari e secondari. Norme tecnico-igieniche per lo studio dei progetti. Milano: Hoepli, 1927., p. 1-2).

Il fascismo mirò a colmare tale lacuna, destinando al settore dell’architettura scolastica studi ed investimenti, ed avviando una stagione di lavori che raggiunse i risultati più alti a partire dagli anni Trenta. Tale impegno profuso dal governo verso la scuola e le sue sedi è ribadito costantemente nelle pubblicazioni di settore educativo o architettonico di quegli anni. Per esempio, Raffaele Fulvio in un articolo del 1930 apparso sulla rivista del MPI “Gli Annali dell’Istruzione elementare”, affermava:

È oramai fuori di ogni discussione l’alta importanza che ha un buon edificio scolastico nei riguardi didattici, igienici ed educativi, non chè in quelli della dignità, del buon funzionamento e dell’alto rendimento della scuola. La perfetta corrispondenza dei locali alle buone norme dell’ingegneria sanitaria ed ai bisogni scolastici è la mira principale a cui si tende ed il promuovere e facilitare le costruzioni al fine dei dotare anche i più piccoli Comuni di locali lindi, adatti e decorosi, è lo scopo di ogni provvedimento emanato in materia. Con l’avvento del Fascismo, il Governo, che ha fatto convergere tutti gli sforzi alla ricostruzione della vita nazionale, non poteva disinteressarsi di un problema così vasto e di così eccezionale importanza e tanto intimamente collegato alla civiltà ed al progresso. Pertanto anche l’edilizia scolastica fu oggetto di speciale studio e cura per dare ad essa il maggior possibile sviluppo (FULVIO, 1930, p. 40-41).

All’interno della campagna edilizia di tipo pubblico intrapresa dal governo fascista, le sedi scolastiche rivestivano un ruolo decisivo soprattutto in ragione del fatto che la scuola veniva identificata come il principale veicolo di formazione del cittadino fascista. Marcello Piacentini, uno dei maggiori interpreti dell’architettura del regime, nella prefazione al libro di Gaetano Minnucci del 1936MINNUCCI Gaetano. Scuole: asili d’infanzia, scuole all’aperto, elementari e medie, case del Balilla, palestre ed impianti sportivi. Criteri, dati, esempi per la progettazione per la costruzione e l’arredamento. Milano: Hoepli, 1936. affermava che il tema delle costruzioni scolastiche col fascismo era divenuto uno dei problemi “più importanti”, in quanto l’educazione non era più considerata soltanto come lo studio della cultura, ma il mezzo attraverso cui formare il “carattere e la preparazione del cittadino” (MINNUCCI, 1936MINNUCCI Gaetano. Scuole: asili d’infanzia, scuole all’aperto, elementari e medie, case del Balilla, palestre ed impianti sportivi. Criteri, dati, esempi per la progettazione per la costruzione e l’arredamento. Milano: Hoepli, 1936., p. V). All’immagine dell’uomo nuovo fascista, che doveva essere forgiato anche all’interno della scuola, non poteva fare più da sfondo un’edilizia fatiscente. Questo è il messaggio che emerge dalla lettura delle circolari e della stampa periodica ministeriale. Il rinnovamento morale, spirituale e fisico della nazione doveva passare per la scuola che doveva essere edificata secondo criteri costruttivi e formali in linea con lo stile razionalista che il regime aveva scelto per rappresentarsi.

È soprattutto dall’analisi delle pagine della rivista “Gli Annali dell’istruzione elementare”, pubblicata a partire dal 1925, firmate dai grandi nomi del settore dell’edilizia razionalista come Guido Arcamone, Alessandro Marcucci e Raffaele Fulvio, che è possibile comprendere i concetti dell’ideologia fascista su cui poggiavano le fondamenta dell’edificio scolastico nazionale, e di seguirne più da vicino le fasi dei lavori. Gli articoli, dal tono sempre celebrativo, offrono, infatti, un resoconto puntuale dei progressi via via compiuti nella costruzione degli edifici scolastici nazionali. Il governo fascista aveva profuso grande impegno nella risoluzione del problema della carenza e dell’inadeguatezza delle scuole, assegnando somme più cospicue, concedendo agevolazioni ai piccoli edifici dei contesti rurali che risultavano maggiormente penalizzati. Il Regio Decreto (R. D.) 31 dicembre del 1923, per esempio, incentivò ulteriormente la costruzione degli edifici scolastici aumentando gli investimenti e prevedendo maggiori facilitazioni nel pagamento dei mutui. Per completare le costruzioni già iniziate o interrotte, e per dare attuazione ai progetti già approvati ma non eseguiti per deficienza di finanziamento, venne emanato il Regio Decreto Legislativo (R. D. L.) 2 dicembre 1926 col quale si consentivano ai Comuni o altri Enti costruttori, mutui suppletivi a condizioni di favore. Intanto era stato anche emanato il regolamento del 4 maggio 1925 dal titolo Norme per la compilazione dei progetti per la costruzione degli edifici scolastici che dava prescrizioni meno rigide per l’edificazione e l’adattamento dei locali scolastici (VIOLA, 2016VIOLA, Valeria. “The school house”. History and evolution of the urban and rural school building in Italy during the fascism. In: BALSERA, Paulí Dávila; NAYA GARMENDIA, Luis María (org.). Espacios y patrimonio histórico-educativo. Donostia: Erein, 2016. p. 377-389., p. 380). Gli adeguamenti dei vecchi fabbricati ad uso di scuole col regolamento del 1925 risultarono più agevoli che in passato: prima, infatti, per tali edifici erano prescritte le stesse norme per quelli di nuova costruzione. La necessità di aule, maggiormente sentita nel Mezzogiorno, venne soddisfatta con l’emanazione del R. D. 7 luglio 1925 che istituiva i Provveditorati delle Opere Pubbliche e affidava l’edilizia scolastica dell’Italia meridionale ed insulare al Ministero dei Lavori Pubblici (VIOLA, 2016, p. 380).

Lo sviluppo del settore edilizio di tipo scolastico incentivò una produzione editoriale specialistica. È sintomatico, ad esempio, che nel 1927 il volume citato di Luigi Secchi dal titolo Edifici scolastici italianiguadagnò un posto tra i Manuali Hoepli, la collana editoriale ad uso dei lavoratori7 7 La casa editrice Hoepli dal 1871 sulla falsa riga della letteratura self-help, inaugurata in Inghilterra dall’omonimo testo del 1859 di Samuel Smiles, pubblicò una fortunata collana di manuali ad uso dei lavoratori e professionisti tra i quali molti dedicati agli studenti e agli addetti già impiegati nel settore dell’industria. Per un approfondimento sul tema si veda Viola (2015). (SECCHI, 1927SECCHI, Luigi. Edifici scolastici italiani primari e secondari. Norme tecnico-igieniche per lo studio dei progetti. Milano: Hoepli, 1927.).

L’emanazione del R. D. 17 marzo 1930 n. 727 rappresentò un ulteriore incoraggiamento per la realizzazione di buone aule scolastiche (VIOLA, 2016VIOLA, Valeria. “The school house”. History and evolution of the urban and rural school building in Italy during the fascism. In: BALSERA, Paulí Dávila; NAYA GARMENDIA, Luis María (org.). Espacios y patrimonio histórico-educativo. Donostia: Erein, 2016. p. 377-389., p. 380). Tenendo conto dei bilanci poco rosei degli enti locali, il regime attraverso il decreto estese il sussidio non più soltanto agli edifici con non più di due aule e due alloggi, ma anche agli edifici con un numero qualsiasi di aule (FULVIO, 1931FULVIO, Raffaello. Evoluzione e sviluppo dell’edilizia scolastica. Annali della Istruzione elementare, n. 1-2, p. 80-92, 1931., p. 88).

Nel 1930 il bilancio della questione degli edifici scolastici si chiudeva in positivo. Dal 1924 al 1930, affermava Raffaele Fulvio:

[…] si sono costruite o sono in via di ultimazione nell’Italia centrale e settentrionale, 9.915 aule nuove e quindi in rapporto al fabbisogno riscontrato nel 1923, che accertava per quelle regioni 18.719 aule inadatte, si sarebbe dovuto verificare una diminuzione del 53% circa sul fabbisogno totale riscontrato in quell’epoca (FULVIO, 1931FULVIO, Raffaello. Evoluzione e sviluppo dell’edilizia scolastica. Annali della Istruzione elementare, n. 1-2, p. 80-92, 1931., p. 88).

Anche se non tutte le nuove scuole istituite si trovavano all’epoca “posti in locali perfettamente rispondenti a tutti i requisiti richiesti” (FULVIO, 1931FULVIO, Raffaello. Evoluzione e sviluppo dell’edilizia scolastica. Annali della Istruzione elementare, n. 1-2, p. 80-92, 1931., p. 88), il fabbisogno totale dal 53% era sceso al 24% circa. Il cantiere scuola in quegli anni era in febbrile attività.

Il fascismo cercò di dare agli italiani non soltanto scuole funzionali ma anche decorose nell’aspetto che richiamassero la pulitezza delle forme dell’architettura dell’impero romano. In linea con i dettami stilistici del movimento razionalista abbracciato dal fascismo, alla scuola veniva richiesta una veste essenziale, scevra di ornamentazioni esteriori, senza particolari architettonici, austera come un tempio, dove celebrare la gloria del regime e compierne la missione pedagogica. Guido Arcamone nel 1935ARCAMONE, Guido. Edilizia scolastica. Annali della Istruzione elementare, n. 3, p. 217-240, 1935. scriveva che “alle scarse o malsane scuolette del passato, sovente formate soltanto da qualche stanza buia e male arredata, presa a prestito da locali adibiti ad altro uso”, con orgoglio il fascismo era in grado di contrapporre

tutta una serie di edifici nuovi, bene areati e costruiti con una tecnica ed un senso di opportunità veramente notevoli, sia che rispondano alle esigenze del più puro novecentismo, sia che si adornino, nelle loro linee architettoniche, di reminescenze classiche (ARCAMONE, 1935ARCAMONE, Guido. Edilizia scolastica. Annali della Istruzione elementare, n. 3, p. 217-240, 1935., p. 218).

In ogni caso risultava prioritario assicurare agli italiani sedi scolastiche salubri, in grado di garantire il ricambio dell’aria, la luce e la pulizia delle aule, caratteristiche “che con sapiente accorgimento” si potevano ottenere “anche adattando vecchie abitazioni ai nuovi bisogni della scuola (ARCAMONE, 1935ARCAMONE, Guido. Edilizia scolastica. Annali della Istruzione elementare, n. 3, p. 217-240, 1935., p. 226)”. Di tutt’altro avviso sarà la compagine di educatori e di costruttori del Dicastero di Giuseppe Bottai che partorirono il nuovo regolamento dell’edilizia scolastica del 1939 che mirava a dare finalmente alla scuola fascista una scuola, concepita secondo i criteri politici e pedagogici del regime, estranea ad ogni logica di adattamento (VIOLA, 2018bVIOLA, Valeria. Processi di scolarizzazione e spazi rurali: l’edilizia scolastica per le scuole rurali. In: BARAUSSE, Alberto; D’ALESSIO, Michela. Processi di scolarizzazione e paesaggio rurale in Italia tra Otto e Novecento. Itinerari ed esperienze tra oblio, rappresentazione, propaganda e realtà. Lecce: PensaMultimedia, 2018b. p. 65-92.).

“E BISOGNA POTER COSTRUIRE, COME E APPENA SI PUÒ E PIÙ CHE SI PUÒ”: IL REGOLAMENTO DEL 1939

La velocità e l’intensità con la quale procedevano le riflessioni sull’edilizia scolastica fecero avvertire ben presto al governo fascista come “vecchio, e, in massima parte, insufficiente e superato” (MARCUCCI, 1940MARCUCCI, Alessandro. Edilizia scolastica. Il nuovo regolamento. Annali della istruzione elementare, n. 6, p. 359-371, 1940., p. 360) il regolamento per l’edilizia scolastica del 1925. Non impiegò molto, infatti, il ministro Giuseppe Bottai della Pubblica Istruzione ad aggiornare la normativa in materia attraverso un nuovo regolamento che fu emanato con il Regio Decreto 27 maggio 1939-XVIII, n. 875 dal titolo Nuove norme per la compilazione dei progetti di edifici scolastici per le scuole elementari e preelementari. Sulle pagine degli Annali dell’Istruzione elementare Alessandro Marcucci con un articolo dal titolo Edilizia scolastica salutava con orgoglio ed entusiasmo il nuovo documento che giudicava come espressione della piena maturità della politica fascista e congedava il vecchio al quale rimproverava di “aver riprodotto le antiche prescrizioni in fatto di locali scolastici”, di aver mortificato le esigenze spirituali della pedagogia gentiliana all’interno di spazi partoriti da “una pratica architettonica e tecnica di progettisti e costruttori di casermoni scolastici e di attrezzature scolastiche” (MARCUCCI, 1940, p. 359). Per Marcucci oltre 40.000 aule, ovvero più di 1/3 del totale, dovevano essere costruite o adeguate (MARCUCCI, 1940, p. 360). Marcucci misurava la sconvenienza dell’architettura della prima stagione del regime in rapporto alle nuove dimensioni raggiunte dall’impero fascista. Le conquiste e i passi in avanti compiuti dal governo di Benito Mussolini, come “la cessata emigrazione all’estero, l’incremento demografico, la bonifica integrale, la Carta del lavoro, l’educazione ginnico-sportiva e guerriera della gioventù a traverso l’Opera Balilla prima, la Gioventù Italiana del Littorio poi, e, infine, la Guerra d’Africa e il risorto Impero sulla quarta sponda” (MARCUCCI, 1940, p. 359), esigevano un aggiornamento della pratica educativa nazionale e dei suoi spazi.

Il regolamento del 3 novembre 1939, secondo Marcucci avrebbe interpretato meglio le nuove esigenze politico-educative, rendendo le sedi scolastiche meglio funzionali a

favorire l’attività del fanciullo in tutti i suoi modi; formare il fanciullo a quella vita di azione disciplinataed utile in pacee in guerra che, nella Patria, fa una sola famiglia di tutti i suoi figli: assicurare al fanciullo salute al suo corpo, lietezza al suo spirito col sorriso delle cose, addestrarlo a nuove esercitazioni scolastiche che la sua vita di adulto deve completare e perfezionare (MARCUCCI, 1940MARCUCCI, Alessandro. Edilizia scolastica. Il nuovo regolamento. Annali della istruzione elementare, n. 6, p. 359-371, 1940., p. 361).

Per tali ragioni per Marcucci il problema dell’edilizia scolastica da quel momento doveva cominciare ad essere percepito come una priorità nella scala delle emergenze della nazione:

La scuola, quale è contemplata nel Nuovo Regolamento non deve essere l’adattamento imposto, la prescrizione subita nell’applicazione di una Legge, per cui si contraggono faticosamente e di malavoglia mutui e si stanziano con difficoltà somme in Bilancio; la Scuola, come la Casa del Fascio, è un sacrosanto dovere da assolvere senza riserve e con tutte le preferenze possibili; che in essa si ripone e cresce ogni più vivae sicura speranza per le fortune della Patria. Costi quel che debba costare, essa deve essere in cima ai pensieri degli amministratori della pubblica cosa con tutti i suoi attributi e le sue prerogative (MARCUCCI, 1940MARCUCCI, Alessandro. Edilizia scolastica. Il nuovo regolamento. Annali della istruzione elementare, n. 6, p. 359-371, 1940., p. 362).

Le parole di Marcucci attestavano che il processo di affermazione di dignità culturale dell’edilizia scolastica col Regolamento del 1939 era giunto a compimento. Il segno più evidente di tale risultato risiedeva nel fatto che la nuova normativa non scendeva a compromessi, rinunciando alla pratica del facile adattamento che aveva caratterizzato per molto tempo l’edilizia scolastica nazionale: infatti, prevedeva eccezionalmente variazioni da concedere sempre previa autorizzazione (MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI, 1940, p. 30).

Il regolamento del 1939 dichiarava la volontà di non piegare più l’edilizia scolastica alle esigenze diverse da quelle del programma di educazione politica fascista. La previsione degli spazi all’aperto per svolgere le parate, le lezioni, le esercitazioni ginniche, o quelle agrarie presso gli orti scolastici, ne erano una testimonianza. Affinché la scuola assolvesse a tali funzioni resultava necessario che l’area libera intorno all’edificio non solo fosse libera, ma anche dotata di spazi specializzati allo svolgimento di dette attività. Il regolamento concepiva, dunque, l’edificio scolastico come un organismo articolato e polifunzionale, composto da una serie di locali oltre alle aule, diversificati per destinazione d’uso, adatti allo svolgimento delle attività didattica e di propaganda del regime. Era negli edifici più grandi che la concezione architettonica scolastica fascista trovava la sua massima espressione. Le costruzioni progettate per ospitare un numero di aule compreso tra 11 e 20 e tra 21 e 30 risultavano corredati di tutti gli spazi pensati ad uso didattico, differenziati per una specifica destinazione d’uso. A parte le aule, il regolamento, infatti prevedeva che l’edificio disponesse della sala per gli insegnanti, della biblioteca e del museo didattico, del gabinetto sanitario e dell’alloggio per il custode con ingresso indipendente, della palestra ginnastica coperta e comunicante con il corpo principale, con annesso spogliatoio, servizi igienici, un locale per il deposito degli attrezzi ed un locale adeguato ai bisogni della Gioventù Italiana del Littorio (G. I. L.), un salone per le riunioni, uno per le proiezioni cinematografiche, un altro per le celebrazioni e così via. I dispositivi altoparlanti montati nelle aule e la sala per le proiezioni esprimono bene la missione di propaganda dei valori fascisti e quelli nazionalistici che il governo del regime affidava alla scuola. L’edificio, infatti, oltre agli impianti di illuminazione, ventilazione, di riscaldamento, di scolo della acque, doveva prevederne anche uno sonoro, collocato sia all’esterno che all’interno delle aule per segnalare l’inizio delle lezioni agli studenti e per diramare le comunicazioni alla popolazione scolastica e non. Il regolamento sottolineava, infatti, come la scuola non dovesse essere un luogo esclusivo degli alunni, ma porsi a servizio ed essere uno dei punti di riferimento dell’intera comunità del territorio di appartenenza nella quale era collocata.

Ogni aula, la cui superficie doveva essere compresa tra i mq. 45 e i 60mq al fine di garantire uno spazio di 1 mq ad alunno, doveva essere dotata, oltre che di lavagne alte circa 70cm (MARCUCCI, 1940MARCUCCI, Alessandro. Edilizia scolastica. Il nuovo regolamento. Annali della istruzione elementare, n. 6, p. 359-371, 1940., p. 364), della radio con altoparlante, di finestre schermate e di apposite prese di energia elettrica per beneficiare delle proiezioni fisse o cinematografiche. I toni nazionalistici e della propaganda, che percorrevano ogni spazio della scuola, si facevano più squillanti nel piazzale dove doveva essere collocato il plinto con l’antenna per il rito dell’alza bandiera. A parte gli intenti propagandistici e celebrativi, il regolamento esprimeva chiaramente la volontà di consegnare agli italiani scuole moderne, concepite attraverso l’applicazione di criteri della salubrità e della funzionalità delle sue dimensioni. A tale scopo il testo richiedeva che l’edificio scolastico dovesse essere a corpo doppio, “cioè costituito di due file di ambienti, in modo che si abbiano illuminazione ed areazione direttamente dall’esterno”, evitando la formazione di cortili chiusi (MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI, 1940, p. 10). Le aule, infatti, dovevano essere esposte secondo un orientamento preciso al fine di garantire agli alunni seduti nei banchi l’illuminazione proveniente da uno dei lati maggiori. Al titolo 1. Norme di indole generale si legge che “circa la distanza dell’edificio scolastico rispetto a fabbricati fronteggianti si deve poter soddisfare al criterio igienico didattico generale che ogni posto di studio e di lavoro sia bene illuminato” (MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI, 1940, p. 5). L’illuminazione rappresentò una questione centrale per i progettisti delle scuole del regime che si mostrarono molto attenti a fornire molteplici e precise disposizioni al riguardo. La progettazione dell’edificio, ad esempio, doveva favorire sempre, ove possibile, il maggior ingresso di luce naturale che doveva essere compensata, laddove fosse risultata non sufficiente, da quella artificiale, preferibilmente elettrica di tipo ad incandescenza, escludendo l’acetilene. In ogni caso, l’illuminazione artificiale doveva garantire un’intensità luminosa al piano dei banchi di circa 80 lux, ottenuta da una distribuzione di luce diffusa e uniforme proveniente dallo stesso lato della luce naturale, ricorrendo, laddove l’esigenza lo avesse richiesto, all’utilizzo di lampade poste più in alto possibile, opportunamente schermate. Le norme del regolamento in generale miravano a garantire la pulizia, la luce e l’aria salubre in tutti gli ambienti dell’edificio scolastico. Significativo per esempio che si richiedesse la realizzazione dei pavimenti “con materiali aventi elevato grado di resistenza all’usura” in “un materiale compatto, con pochi giunti”, in modo che la superficie risultasse igienica e facile da lavare. La dotazione di acqua potabile prevista per il consumo giornaliero di ogni alunno ammontava a 20-30 litri, oltre quella necessaria ai servizi di lavaggio di ambienti e di annaffiamento. Per quanto riguarda l’aspetto esterno, il testo prevedeva che l’edifico fosse “di solida costruzione, libero da ogni lato (ossia non collegato con latri fabbricati), di bello aspetto, ma semplice; bandita ogni superflua decorazione, così nell’esterno come nell’interno del fabbricato” (MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI, 1940, p. 5). Il documento forniva molte indicazioni relativamente alle scuole di campagna che soprattutto sotto il dicastero di Giuseppe Bottai rappresentarono un veicolo irrinunciabile per la creazione di un’Italia ruralissima attraverso l’esaltazione della ruralità, intesa come valore fondante della civiltà fascista e che fu promossa progressivamente attraverso la bonifica integrale, gli incentivi a favore della natalità e l’educazione. Vale la pensa di sottolineare come il documento del 1939, tra l’altro, andò oltre la semplice definizione dei criteri costruttivi, in quanto declinò a livello urbanistico la scuola rurale (VIOLA, 2016VIOLA, Valeria. “The school house”. History and evolution of the urban and rural school building in Italy during the fascism. In: BALSERA, Paulí Dávila; NAYA GARMENDIA, Luis María (org.). Espacios y patrimonio histórico-educativo. Donostia: Erein, 2016. p. 377-389., p. 381-383). Quest’ultima non veniva più concepita come un corpo a sé, sganciato nelle sue funzioni dal resto del contesto urbano e sociale di appartenenza, ma connessa e interdipendente alla borgata rurale, un organismo urbanistico e sociale articolato che comprendeva gli altri pubblici servizi (MARCUCCI, 1940, p. 336). All’interno della borgata rurale, la scuola si configurava come un complesso edilizio organizzato, dotato di tutti quegli spazi funzionali alla didattica e all’apprendimento delle scienze agrarie, come il giardino, il campo dimostrativo, l’orto, piccoli impianti per allevamenti di animali, il ricovero per gli attrezzi, la serra, il semenzaio, alberi da frutto etc. L’edilizia delle scuole rurali beneficiò soprattutto in questa fase del ruolo strategico che il regime aveva assegnato alle scuole di campagna all’interno del progetto politico di ruralizzazione dell’Italia. Tali effetti positivi si registrano nella programmazione a lungo termine che investì tali scuole e conseguentemente i suoi spazi. Il regolamento, per esempio, in previsione dell’aumento demografico di alcune zone che si sarebbe registrato in seguito all’operazione di bonifica integrale, prevedeva la costruzione dell’edificio in un punto della contrada in cui potesse “raccogliersi il maggior numero di alunni”, ma tale che la distanza stradale che gli alunni avrebbero dovuto percorrere “per recarsi dall’abitazione alla scuola” non superasse i 2 km. L’incremento demografico previsto portò inoltre a premunirsi di una superficie maggiore intorno all’edificio scolastico per permettere eventuali ampliamenti e l’utilizzazione degli edifici scolastici per le colonie estive. Le scuole di campagna immaginate dal nuovo regolamento apparivano lontanissime da quelle di fortuna denunciate dagli ispettori scolastici e dagli igienisti tra Otto e Novecento. Ora apparivano come costruzioni con una specifica destinazione d’uso, concepite per assecondare le esigenze delle attività didattiche tarate su quelle dell’economia e del clima del luogo di appartenenza. Oltre alle aule “in numero adeguato alla popolazione scolastica”, il regolamento prevedeva

i locali per i servizi igienici, per lo spogliatoio, per un impianto di docce e di lavaggio delle estremità con acqua riscaldata e per la cucina; inoltre una pensilina, veranda, o tettoia, per il ricovero degli alunni nell’eventuale attesa dell’entrata nella scuola ed un piazzale convenientemente sistemato, dalla superficie da 100 a 50 mq in proporzione al numero delle aulescolastiche, per le esercitazioni fisiche (MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI, 1940, p. 7).

Si avvia verso la conclusione questa rapida rassegna che lascia emergere come l’ultimo regolamento emanato dal governo di Mussolini abbia accelerato il processo di attribuzione di una specificità culturale all’edilizia scolastica, le cui forme erano dichiaratamente funzionali al completamento del programma politico e pedagogico del regime di creare una nazione fascista. Bottai l’anno successivo all’emanazione del Regolamento, incitava a proseguire sulla strada già percorsa perché ancora tanto c’era da fare:

Ma il cammino è arduo: abbiamo bisogno di più di 50.000 aule. Occorre continuare su questa strada: migliorare le scuole che ci sono, senza nessuno sperpero, senza nessuna spesa che non sia strettamente necessaria, con concetti precisi, diritti, severo dell’importanza, della funzione della Scuola. E bisogna poter costruire, come e appena si può e più che si può, nuovi edifici, tenendo conto che, ineluttabilmente, a parte le condizioni economiche finanziarie degli enti locali, cui secondo le leggi in vigore compete il carico dell’edilizia scolastica, la statalità del servizio scolastico comporta moralmente la statalità dell’edilizia scolastica. È questo un duro problema d’ordine materiale; ma è, non dimentichiamolo ancora di più: un problema d’ordine morale. L’edilizia scolastica deve avere nel diagramma delle spese un suo posto preciso; e un posto di prima fila. Se, come ho detto, la Scuola è una forza armata della Nazione, la Scuola-casa, la Scuola edifizio, ne è presidio e fortezza (MINISTERO DELL’EDUCAZIONE NAZIONALE, 1940, p. 6-7).

Bottai invocava il dispiegamento delle forze politiche ed economiche per consegnare agli italiani finalmente delle scuole in grado di presidiare la nazione fascista.

CONCLUSIONI

Il rapido excursus consegnato attraverso il presente contributo non ha la pretesa di esaurire un tema complesso come quello dell’edilizia scolastica in Italia durante il fascismo, che richiede ulteriori saggi d’indagine e approfondimenti da condurre sulla base diun apparato documentario più ampio che sia il risultato di una ricerca condotta con uno sguardo non limitato alla storiografia storico-educativa. I fattori sociali, politici e artistici del periodo analizzato che interagirono nella formulazione e nella definizione degli spazi educativi, consigliano, infatti, l’adozione di una metodologia di ricerca più sensibile alle sollecitazioni provenienti dalle diverse scienze sociali che con più frequenza hanno incrociato e indagato il tema. In particolare, la storia dell’architettura che con il suo significativo numero di pubblicazioni dedicato all’edilizia fascista offre un irrinunciabile punto di osservazione per decodificare con maggiore precisionei messaggi contenuti e veicolati dal linguaggio stilistico adottato dal regime per rappresentarsi. L’analisi dei contributi afferenti a tale ambito scientifico agevola la lettura degli spazi educativi che furono concepiti per essere sempre più funzionali a una didattica fondata sull’esaltazione e diffusione dell’ideologia fascista. Tali considerazioni spingono a intensificare, inoltre, il confronto con gli studi condotti anche a livello internazionale per individuare meglio le costanti e le variabili che caratterizzano l’edilizia scolastica rappresentativa di altri regimi dittatoriali, o più semplicemente dell’architettura educativa in generale, contribuendo in tal modo ad accelerare il processo di affermazione di dignità culturale e scientificadegli edifici scolastici all’interno del concetto di patrimonio storico-educativo.

Per ottenereuna lettura quanto più esaustiva del tema ed una piena affermazione di tali edifici nel novero dei beni culturali scolastici si reputa opportuno far muovere la ricerca oltre che su una direttrice internazionale su una locale. Il ricorso a unfocus di studio su una dimensione locale, come fu per esempio quella del Molise, rappresentativa di un’area depressa del Mezzogiorno italiano di quel periodo, appare fondamentale per comprendere meglio come e quali ostacoli di attuazione incontrarono le amministrazioni locali nella conduzione della campagna edilizia promossa dal regime, e come gli indirizzi nazionali in materia furono recepiti e interpretati in chiave locale. Tale contributo dunque, rappresenta il punto di partenza e non di arrivo di una ricerca che mira da una parte a sottolineare l’importanza degli edifici scolastici all’interno del concetto di patrimonio storico-educativo e, dall’altra, a leggere in tutta la loro completezza i progetti e la fisionomia di questi edifici all’interno dei quali il regime fascista aveva scelto di fare scuola.

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  • YANES CABRERA, Cristina; MEDA, Juri; VIÑAO FRAGO, Antonio (ed.). School memories. New trends in the history of education. Gewerbestrasse: Springer, 2017.
  • 1
    Sul tema del patrimonio storico educativo in Italia si rimanda ai lavori di Yanes Cabrera; Meda; Viñao Frago (2017); Meda (2016, 2013); Barausse (2010); D’Alessio (2014).
  • 2
    Per un approfondimento della figura degli ispettori scolastici in Italia si vedano i lavori di Barausse; D’Alessio (2015) e D’Alessio (2017).
  • 3
    Per un approfondimento sul tema delle scuole rurali in Italia tra Otto e Novecento si faccia riferimento ai lavori di Montecchi (2012, 2015) e a quello di Barausse e D’Alessio (2018).
  • 4
    Per la comprensione del ruolo dell’Animi per le scuole rurali durante il fascismo si veda D’Alessio (2013, 2018). Per delineare lo stato delle scuole che erano gestite dall’ente si rinvia a Lombardo-Radice (1929).
  • 5
    Per avere un quadro della scuola in Molise durante il fascismo si faccia riferimento a Barausse (2008a, 2008b, 2010).
  • 6
    La legge 15 luglio 1906 fu seguita dal Regolamento approvato con R. D. 2 dicembre 1906 n. 703. Il provvedimento contribuì a far crescere il livello di attenzione intorno al tema. All’interno dell’inchiesta sui diversi servizi dell’istruzione elementare e popolare condotta di lì a poco dal Ministero della Pubblica Istruzione, infatti, trovò largo spazio il tema dell’edilizia. I risultati dell’inchiesta contribuirono a innescare un fermento costruttivo a favore dell’edilizia pubblica destinata alle scuole che si accompagnò alla produzione di una serie di studi puntuali sul tema che si tradussero in una normativa illuminata per quei tempi. Dagli studi di tipo tecnico, igienico e didattico condotti, il Ministero fissò i criteri per la costruzione degli edifici, cominciando dalla scelta delle aree, del tipo di fondazione, della qualità dell’illuminazione, della distribuzione delle superfici, dell’esposizione, del colore delle pareti, della dotazione dei locali, etc. La legge del 1911 fu disciplinata dal Regolamento del 12 gennaio 1912 che dettò tutte quelle norme igienico-costruttive che gli studi avevano consigliato (VIOLA, 2016).
  • 7
    La casa editrice Hoepli dal 1871 sulla falsa riga della letteratura self-help, inaugurata in Inghilterra dall’omonimo testo del 1859 di Samuel Smiles, pubblicò una fortunata collana di manuali ad uso dei lavoratori e professionisti tra i quali molti dedicati agli studenti e agli addetti già impiegati nel settore dell’industria. Per un approfondimento sul tema si veda Viola (2015).

Publication Dates

  • Publication in this collection
    2019

History

  • Received
    12 May 2016
  • Accepted
    28 Dec 2018
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